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venerdì 19 apr
  • Pinuccia la pazza

    Avemariapienadigraziasignorecotté… Avemariapienadigraziasignorecotté… Non se le ricordava più le parole giuste di quella preghiera, ma, per giorni interi, non usciva altro dalla sua bocca, distesa su un vecchio cappotto, estate e inverno, la testa poggiata su una valigia di pezza, arripizzata cento volte. E dire che aveva dovuto recitarla spesso quell’invocazione alla Madonna nella sua vita. Nessuno sapeva da dove fosse arrivata, né quanti anni prima…era ormai parte del paesaggio lei e la sua preghiera. In mezzo ai rumori della strada o nel silenzio di certe notti in cui il vento frustava la faccia, imperterrita stava su quel pezzo di marciapiede che era diventato la sua casa e pregava, pregava. Avemariapienadigraziasignorecotté. Ti taliava ma non ti vedeva, il suo sguardo sembrava oltrepassare i cento, mille volti che incrociava tutti i santi giorni. E continuava a pregare pure quando lasciavi cadere una monetina in quel cappotto sudicio, consumato, bruciacchiato come doveva ormai essere pure la sua anima. Nel quartiere la chiamavano Pinuccia la pazza, aveva un chiaro accento del sud…ogni tanto s’incazzava e pigliava a male parole chi le capitava a tiro. Per lo più frasi sconnesse O iettiti a mari, disonestu! Mi consumasti da testa e’ peri, disgraziatu! Mi dicisti ca turnavi! Oppure nascondeva la faccia dentro il cappotto poi, all’improvviso, alzava la testa e diceva al malcapitato di turno Bum! Ti scantasti? Inveiva e poi si quietava e tornava alla sua preghiera e al suo cappotto, con un ghigno sempre stampato in faccia.
    Una volta però la videro sorridere…un mezzo sorriso sgangulato che lasciava intravedere troppi buchi. Lo dedicò a un picciriddu che, correndo verso di lei, saltava e rideva come solo i picciriddi nichi sanno fare… Pinuccia si accosciò e gli chiese, tendendo le sue mani spellate e nere, Comu ti chiami picciriddu? Ma quello, muto, indietreggiò. Forse ebbe paura di quella bocca piena di pirtusi e tornò indietro a tuffarsi tra le gambe della mamma che fece per mettere una moneta nel cappotto, ma Pinuccia la fermò con un gesto della mano, tirandosi addosso il lembo scucito mentre il sorriso le diventava di nuovo un ghigno.
    Comu si chiama?
    Matteo, si chiama Matteo. Su Matteo, saluta e andiamo.
    Ma quello manco la guardava più.
    Si scantò forse… Avemariapienadigraziasignorecotté, Avemariapienadigraziasignorecotté. Il MIO forse pure si scantò e allura m’u livaru picchì si scantò. È vero, signora? Avemariapienadigraziasignorecotté. Chiuveva, quella notte, io pure ero scantata ma mia madre mi diceva “’Un ti scantari Pinuccia, prega, prega”. Avemariapienadigraziasignorecotté. E io pregavo, glielo giuro signora, pregavo. Avemariapienadigraziasignorecottè. Poi sentivo piangere e forse un poco ero contenta. Ma già l’indomani non c’era cchiù. M’u livaru. E me matri diceva “’Un ti scantari, prega, prega” e io pregavo, ma iddu ‘un turnava, chiedevo a tutti, pure alle ziane “Unnè? Unni ‘u purtastivu?”.
    Una matina, però ammucciata darreri ‘i linzola le ‘ntisi…l’avivanu datu a certi signori di Roma. Mi pugniài tutta, me matri mi dissi “Veru è. L’abbiamo dato. Ringrazia la Madonna, ca sì babba e hai l’anima lorda. Un ci pinsari cchiù. ‘U picciriddu ti vitti e si scantò. Prega, prega”.
    Avemariapienadigraziasignorecotté… Avemariapienadigraziasignorecotté.
    Ma siccome io pregavo e iddu ‘un turnava, pigghiai il treno e vinni ccà e aspetto e prego. Avemariapienadigraziasignorecotté. Che dice signora? Torna? Se prego, torna? Forse no, perché, dice me’ matri, haiu l’anima lorda. Ma io l’aspetto. Magari passa di qua, mi riconosce e ‘un si scanta cchiù.

    La signora fece per andarsene, convinta di avere udito il delirio di una folle, ma Pinuzza la fermò ancora Aspetta signora e cavò fuori dalla valigia in mezzo a lazzi di scarpe, vetri di bottiglie, muzzuni e fazzoletti sporchi un pinocchio di legno, vecchio almeno di trent’anni, di quelli che se tiri la testa si muove tutto il corpo e porgendolo alla signora la salutò dicendo p’u picciriddu, accussì ‘un si scanta cchiù e tornò a coricarsi… Avemariapienadigraziasignorecotté… Avemariapienadigraziasignorecotté.

    Sicilia
  • 22 commenti a “Pinuccia la pazza”

    1. mi ha messo un’angoscia…è morta ?

    2. povera donna… che brutta la solitudine. peggio,la perdita di un figlio

    3. Mammia mia…tutto vero.Amarezza

    4. Bella storia e raccontata con garbo e misura. Mi sorprendono un po’ le reazioni sorprese. Siamo a Palermo, mica siamo su Marte. Di storie così ce n’è quante ne vuoi…

    5. Se è morta non lo so…l’ho vista una volta sola e ci ho costruito una storia…

    6. non mi sono sconcertato ma mi ha messo angoscia, è possibile o è così sorprendente ? inoltre più che altro volevo sapere se è ancora viva, perchè da come è stata (ottimamente, condivido) raccontata mi ha dato l’impressione che fosse scomparsa da poco….

    7. Sergino, l’angoscia è pur sempre una sensazione…padronissimo di provarla, anzi!Quanto alle tue domande non so proprio risponderti, ho inventato questa storia dopo avere incontrato a Roma Pinuccia molti molti anni fa…credo, però abbia ragione Roberto quando dice che storie così ce ne sono tante…baci a tutti

    8. Ciao Marì, sei sempre una spanna sopra.
      Letto tutto d’un fiato, il mio pensiero è subito andato ad altre “figure” simili consosciute.
      Una è ” SABELLA” (la conosce mezza palermo); forse la prostituta più famosa dei 60enni, (si racconta che la città bramasse per lei), caduta in bassissima fortuna (oggi sarebbe ricca), me la ricordo per la strada che alzava la gonna per farti vedere le calze bucate e diceva: ” u viri comu m’arridducivu? Mi rù 50 liri?”.
      L’altra è ” GIACUMINA A LAVA SCALI” meno famosa, mi rimasero impressi i suoi occhiali “riparati” con lo scotch e sempre lo stesso vestito in 15anni, anche qui, si narra che avesse una barca di soldi, ma che la prematura “dipartita” del marito avesse fatto sì che i figli accaparassero tutto e l’abbiano poi abbandonata.
      Insomma.. quando si dice…della mia vita si ci potrebbe scrivere un libro.

    9. Brava Maria. Adoro queste storie, ancor di più se raccontate bene come hai fatto tu. Ho conosciuto tanti personaggi come Pinuzza e la cosa che mi sorprende sempre è che nella maggioranza dei casi un sorriso non lo fanno mancare mai.

    10. E Tanina? Zona Foscolo…apostrofava con epiteti poco edificanti solo le donne…A tale scopo illuminante è il repertorio dei pazzi della città di Palermo di Roberto Alaimo.

    11. no Maria non avevo capito che era inventata e pensavo fosse di Palermo.
      Vuol dire che l’hai raccontata con un realismo e con una passione ancora superiori rispetto alla bravuta che sottolineavo io.

    12. bravura volevo dire

    13. Maria…mi hai commosso….Un abbraccio.

    14. Grazie Giuanni…;-)

    15. Un brivido…semplicemente un brivido…in questa caldissima giornata.
      I miei complimenti!

    16. Sono sicuro che questo scritto (soprattutto il modo in cui è scritto)piacerebbe tantissimo a un regista tipo Amenabar. Intanto è piaciuto a me, e anche parecchio 🙂

    17. Brava Maria, complimenti.
      Se era una signora pacchiuncella, bassa e con gli occhi verdi forse l’ho conosciuta anch’io alla stazione termini di Roma, ed è anche morta purtroppo.

    18. come sempre grande maria…commovente e delicata. i miei complimenti…

    19. Andrea…era proprio come la descrivi tu…ma altro non so, spero non sia quella che dici tu..

    20. Bellissimo. Compliemti. Hai descritto con garbo e delicatezza una storia dura. Un di quelle storie tanto reali da sembrare inventate. Complimenti. Un abbraccio, Max

    21. Cara Maria, le tue storie, vere o inventate che siano, sono incantevoli.Il talento può esprimersi in tanti modi.Tu ne hai due:la scrittura e la radio.Persone come te lasciano il segno con le loro storie.Perchè non decidi di regalarcele per sempre in un bel libro.Addirittura potresti farne due:il malinconico e l’esilarante.Sei grandiosa!

    22. Il noto magnate industriale pugliese CAMISA GIUSEPPE ma milanese di odozione, grazie alla nipote Laura Viganó(figlia di Lady Piniccia Camisa) si è finalmente imparentato con la nobile famiglia Casiraghi. Il sig Camisa Giuseppe prenderà il nome di PIPPINO GAMBERO e regnerà sul trono di Montecarlo . Lui c’ha il mercedes col risucchio ed è pacione di case. Risucchio finale.

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