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Archivio del 15 Agosto 2007

  • Paolo è vivo

    Io voglio ricordare Paolo Leto. Lo dico subito a beneficio di stupidi sarcasmi: è morto. Ma, per me, Paolo è vivo.
    È vivo nel mio cuore. È vivo negli occhi di suo padre. È vivo nelle braccia di sua madre. È vivo nelle lacrime dei suoi fratelli, nello zaino della scuola, negli asciugamani del ferragosto, nel sole sulla spiaggia, nei ragazzi che singhiozzavano in chiesa. Paolo è vivo in questo e in molto altro. Riesco perfino a immaginarlo. Lo vedo, mentre prepara la sua razione di felicità ed esce con gli amici incontro a un’immensa notte stellata. Vedo i suoi anni azzurri. E il mare che respira tutto intorno.
    Quel Ferragosto di qualche tempo fa ero di turno di nera. La chiamata arrivò di mattina presto. “C’è un ragazzino folgorato a Trabia…”. La dinamica era chiara. Paolo Leto aveva appoggiato una mano su un palo della luce. Una scossa improvvisa aveva annientato i suoi sogni, a quindici anni. C’è un processo in corso.
    Nel mio piccolo – per professione – ho raccontato diversi volti del dolore. Non so dire perchè alcuni frammenti ti restino dentro più di altri. Non so perchè quando mi trovai a casa della famiglia Leto, gli occhi di papà Carmelo mi entrarono nel cuore. E non sono usciti più.
    Cosa possiamo sperare? Che sia fatta giustizia, certo, perchè nessuno può morire per avere posato la mano su un palo della luce. Però non mi basta affatto. No, non mi basta la cosiddetta giustizia degli uomini.
    Io spero che la sopravvivenza di Paolo non sia legata al filo esile della memoria. Che ci sia un posto dove raggiungerlo e abbracciarlo. Che ci sia un giorno tanto grande e luminoso per gli occhi di suo padre. Per ritrovarsi. Per dire a noi stessi con stupore: Paolo è vivo.

    Quello che resta nel taccuino
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