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mercoledì 24 apr
  • Presente Imperfetto

    Gentile Micciché,
    la storia si studia e si racconta riflettendo sul presente che attraversiamo.
    Queste le domande da porsi, sempre:

    1) Perché oggi sta accadendo questo?
    2) Quando ha avuto inizio?
    3) Come si è sviluppato nei giorni fino ad arrivare ad oggi?

    E queste domande, soprattutto la prima, vengono colpevolmente, e di continuo, ignorate.

    Il filo che oggi lega il nostro presente è intessuto di sangue e di merda.
    Perché la “maledetta stagione di morte, violenza e sopraffazione della mafia” persiste.
    E impera.

    Mafia, scippi, stupri, eroina, disoccupazione, microcriminalità, pizzo, mentalità del futti futti ca Dio perdona a tutti, munnìzza, inquinamento, ignoranza.
    Questo è il presente derelitto che la nostra Sicilia sta attraversando, scalza.
    Un cammino intarsiato di spine, schegge e proiettili.
    L’ennesima cattedrale del dolore.
    Dentro non si cantano salmi. Si grugnisce.

    Eppure.
    Perché anche l’ombra più tormentata possiede una luce che la annulla.
    Eppure proprio in questo presente avvilito e sottomesso, proprio perché i lutti segnano come le prime timpulàte che ti dà tuo padre, proprio in questi ultimi anni si è affermato un formidabile movimento di cultura siciliana, riconosciuto in modo unanime dappertutto, anche fuori dall’Europa, e del tutto ignorato qui, a casa nostra, dalle istituzioni.
    Il presente non è osservato. È ignorato.
    Perché è più comodo avere un passato da ostentare. È cool.
    Tanto, che importa se questo sta suicidando il presente, curvandolo all’indietro e confinandolo in un passato mai conosciuto, vissuto e compreso.
    Il presente qui in Sicilia vive di una perpetua, abbuttàta, illogica nostalgia del passato.
    È un presente passato.
    Un presente imperfetto.

    Infatti non c’è uno straccio di programma culturale, viene misconosciuto il talento e lo spreco di soldi pubblici ormai non ferisce nemmeno, perché la credibilità di chi quei soldi amministra non esiste più.

    Per raccontare una storia diversa, bisogna costruire un presente diverso.
    E per costruirlo, bisogna analizzarlo, interrogarlo, capirlo.
    Mai commiserarlo.
    Sarebbe come far continuare a piangere la propria madre ma in silenzio, perché non si vuol sentire l’origine del dolore.

    Invece, ahimé, la Sicilia si sta sempre più confermando essere l’isola delle possibilità mancate, della pigrizia delle istituzioni e della cecità che porta al baratro. Non c’è un piano di intervento culturale che sia veramente radicato sul territorio, si mortifica il turismo con servizi scadenti e con infrastrutture latitanti e si ha il terrore di decisioni necessarie ma impopolari (chiusura totale dei centri storici al traffico, riconversione energetica, normalizzazione fiscale dell’abusivismo) per paura di perdere il posto nella saletta giochi del Palazzo di turno.

    Poi, l’aeroporto possiamo anche chiamarlo Gorgia da Lentini, o Federico II°, o Totò Schillaci, continuando così con la sicula tradizione aristocratica dell’essere noi gli unici discendenti per nascita patria di qualcuno che fu ai suoi tempi -a quanto si dice- grandissimo e splendente, come se questo davvero fosse un merito acquisito, e non il puro frutto di un’insieme di accoppiamenti che, parto dopo parto, ci hanno fatto nascere in questo palmo di terra abbracciato sempre dal mare.

    Il punto cruciale è uno: se non si studia il presente, non si comprende il passato. E viceversa.

    In fondo però, a che serve riflettere sul quotidiano e sulla storia, se i Greci o gli Imperatori si sono talmente rotti il culo da dare alla Sicilia (secoli fa) “una civiltà mai raggiunta dagli altri”, tanto che il solo nominarLi riesce a giustificare l’oggi e a saziare la fame di quultura?

    Buone cose e buon lavoro
    Davide Enia

    Palermo
  • 26 commenti a “Presente Imperfetto”

    1. Perché la cultura genera consapevolezza e la consapevolezza genera ribellione.
      (minchia sperto sei!)
      Pensare agli antichi, a quello che eravamo, a come ce la possono sucaretuttiperchénoisiamoimegghio non è cultura.
      Il terreno fertile della cultura è l’Umiltà.
      L’ignoranza è peggio di una cancrena.
      Ite missa est.

    2. Hai ragione…! Ma è così difficile riuscire a cambiare tempo verbale, a parlare del presente e del futuro, piuttosto che di un passato che troppo spesso a torto ci inorgoglisce ?

    3. Grande davide,come ti ho scritto via sms,tu sei Palermo.

    4. Clap, clap, clap!

    5. Lucidissimo, ma non ci sono orecchie per sentire, ma valigie che si continuano a preparare e talenti che si continuano a disperdere. Grandissimo Federico II° ok, ma invece di evocarne il nome(insieme al gloriosoincredibilepassatodiciviltà),riprendetene le gesta, ridate aria e vita ad una terra curvata su se stessa che ormai è solo in grado di sputare fuori i suoi figli come una madre pazza e isterica.

    6. Actuaction, ejecucion extraordinaria.
      Hasta luego la vista

    7. “La vera miseria dei siciliani non è non potere mangiare i suoi frutti ma vederli morire sull’albero”
      L.Sciascia

    8. bravo!

    9. Sono d’accordo: nel dibattito tra l’amaro presente e il glorioso passato, tra il carretto siciliano e la lupara, si dimentica spesso il presente presente.

    10. Ma soprattutto, il futuro non è più quello di una volta…

    11. Fino a che uno non si compromette, c’è esitazione, possibilità di tornare indietro e sempre inefficacia. Rispetto ad ogni atto d’iniziativa e creazione, c’è solo una verità elementare, l’ignorarla uccide innumerevoli idee e splendidi piani. Nel momento in cui uno si compromette definitivamente anche la provvidenza(il caso o destino)si muove. Ogni sorta di cosa accade per aiutare cose che altrimenti non sarebbero mai accadute. Una corrente di eventi ha inizio dalla decisione, facendo sorgere a nostro favore ogni tipo di incidenti imprevedibili, incontri e assistenza materiale, che nessuno avrebbe sognato potessero avvenire in questo modo.
      Tutto quello che puoi fare, o sognare di poter fare, incomincialo. Il coraggio ha in se genio, potere e magia. Incomincialo adesso.

      W.J:Goethe…furriannu palermo palermo

    12. Fino a che uno non si compromette, c’è esitazione, possibilità di tornare indietro e sempre inefficacia. Rispetto ad ogni atto d’iniziativa e creazione, c’è solo una verità elementare, l’ignorarla uccide innumerevoli idee e splendidi piani. Nel momento in cui uno si compromette definitivamente anche la provvidenza(il caso o destino)si muove. Ogni sorta di cosa accade per aiutare cose che altrimenti non sarebbero mai accadute. Una corrente di eventi ha inizio dalla decisione, facendo sorgere a nostro favore ogni tipo di incidenti imprevedibili, incontri e assistenza materiale, che nessuno avrebbe sognato potessero avvenire in questo modo.
      Tutto quello che puoi fare, o sognare di poter fare, incomincialo. Il coraggio ha in se genio, potere e magia. Incomincialo adesso.

      W.J:Goethe chi furriava palero palermo

    13. Bravo Davide

    14. Perchè, in fondo e come sempre, il vestito buono che è appeso nell’armadio non è il nostro. Quello modellato su noi stessi. Quello che è stato cusuto su di noi IERI. Non l’altro ieri e quindi fù. Che poi me lo metto, tutto bello allicchittato, e me ne vado a passaggiare. E l’avutri: talè cumpà, miii u viristi? Chisto sì chi è cristiano. Avi u bello vestito che fù.
      Se, viero è.
      Però.
      Però, mi chiedo. Chiediti: ma io, in fondo, chi minchia sono?
      Perchè io sono!Non, ero…..
      Amunì, va…. chi mi miettu a cusiri.
      Bella a viritè

    15. E’ l’indifferenza il nostro male incurabile, quante volte abbiamo visto, vissuto, cose storte e abbiamo girato la faccia invece di farci girare le palle…
      quante volte la codardìa, la paura,ci ha portato a dire uncifunientiamunì e ci ha fatto girare la faccia…
      Al palermitano medio l’acqua lo bagna e il vento lo asciuga, il detto rende anche in italiano, dagli panem et circenses, giochi di fuoco, botti e lumachine apparecchiate con aglio e prezzemolo…
      quale cultura, che è la cultura, sfincione e pane con la milza, schietta o maritata, l’unghia incarnita di Amauri scatena agli angoli delle piazze discussioni interminabili, se operarla a Pavia o a Lion, se ci deve pensare la zia Mariuccina al Borgo Vecchio, vera esperta pedicure da oltre cinquant’anni oppure…
      E’ l’indifferenza che ci fotte,non ci accorgiamo che non saremo mai cittadini di una Città che a volte ci pare d’amare ma che è come la moglie o il marito che raccontano sempre gli stessi episodi di tanti anni fa e non li ascolta più nessuno, non si ascoltano più nemmeno tra loro.
      Il nostro glorioso passato è morto e sepolto e noi ci arroghiamo meriti e trionfi che ci mostrano ridicoli agli occhi dei non palermitani.
      Guardate l’indifferenza che avvolge i nostri monumenti, spesso abbondanati all’incuria e, quello che è peggio, all’indifferenza, la nostra.
      Piazza Pretoria, la fontana.
      E’ l’immagine, oggi, di Palermo.

    16. per migliorarsi bisogna affrontare grandi sacrifici

      non credo che ci siano molti palermitani che abbiano voglia di sacrificarsi…purtroppo !!!

      la nostra terra sta morendo agonizzante….affogata dalla melma che gli riversiamo addosso quotidianamente….

      perchè a mio modesto parere…non siamo altri che un popolo senza dignità senza coraggio e senza sangue nelle vene ..altro che antichi greci …ci vedessero si metterebbero a piangere con il viso tra le mani dalla vergogna …….scusate lo sfogo ma non riesco più a discutere serenamente su certi argomenti..ma sentivo ugualmente il bisogno di scrivere..

    17. Arabo normanno, non siamo neanche un popolo.Prova a parlare con il palermitano medio, che esiste, esiste, e dicci che siamo un popolo intendendo noi, i catanesi, i messinesi, quelli di Agrigento.
      Cosa ci unisce, nè lingua, ne usi e costumi, quasi nulla, persino sulle arancine, giusto per una nota distensiva, litighiamo sul sesso delle stesse con i catanesi.
      L’arancia, le arance, le arancine eppure è chiaro che abbiamo ragione noi…e loro pur di andarci contro dicono gli arancini.
      Neanche sappiamo cosa vuol dire popolo….e lo dico dopo ventisette anni di vita condivisa con il popolo sardo, fatemelo dire, definito da Carlo V un apiodi secoli fa “pocos, locos y mal unidos” , numericamente scarso, matto e per nulla unito, ma che da oggi punti a molti popoli e a molte nazioni in quanto ad unità, a modi di sentire comuni, a tradizioni, a dignità e fierezza.
      Ma soprattutto a schena dritta…..
      Giuanni

    18. Quanto amaro il tuo messaggio ma quanto è stato dolce leggerti

    19. “Neanche sappiamo cosa vuol dire popolo….e lo dico dopo ventisette anni di vita condivisa con il popolo sardo, fatemelo dire, definito da Carlo V un apiodi secoli fa “pocos, locos y mal unidos” , numericamente scarso, matto e per nulla unito, ma che da oggi punti a molti popoli e a molte nazioni in quanto ad unità, a modi di sentire comuni, a tradizioni, a dignità e fierezza.
      Ma soprattutto a schena dritta…..
      Giuanni”
      Quanto hai ragione caro Giuanni!
      Sia sui siciliani che sui sardi.
      E te lo scrivo da Leone (anche) siculo che ha sposato una sarda.
      Quindi con molta cognizione di causa, guadagnata sul campo. Anzi, sulle isole.
      Statti buono.

    20. Che – viste le ultime cronache – a sposare una sarda ci vogliono pusa (polsi)
      Che se la schiena dritta non ce l’hai di tuo ci pensa lei a raddrizzartela.

    21. Esatto, eh eh eh.
      Che vuoi, è sprezzo del pericolo, il mio.

    22. Lucido, spietato e coraggioso.
      Si può dire che sei un Intelletuale?
      Bravissimo comunque

    23. Il Leone abbiamo un destino che ci accomuna, ma tu sei sardoparlante o no ?
      Mulleri rua esti tattaresa o casteddaia ?
      Tua moglie è sassarese o cagliaritana ?

    24. eh eh, lo dicevo proprio ieri ad Anna che HAI LE PALLE QUADRATE, Davidù!
      Un bacio, e grazie

    25. sarebbe interessante leggere una replica di Micciché alla tua argutissima risposta… non credo avverrà mai… povera Palermo, povera Sicilia

    26. X Giuanni: tattaresa ma anche con legami a S’Alighera.
      Adiosu pizzinnu (o piciosu, visto che sei a Casteddu).

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