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giovedì 25 apr
  • Professore’

    Tante volte ho provato a parlare di scuola. E sono rimasta senza parole. Io che ci vivo da sempre, prima da studentessa, poi da professore’. È difficile. Credo di avere deciso di volere insegnare quando ero alla IV ginnasio. Volevo essere come la mia prof. di lettere. E poi come il mio prof. di filosofia. Non lo so se ci sono riuscita. Ci sto provando giorno dopo giorno. Nessuno ti insegna ad insegnare. Quasi niente di quello che ho imparato nei corsi abilitanti, concorsi, corsi di aggiornamento mi è tornato utile nella pratica.
    Si punta il dito contro la scuola. I ragazzi sono bulli perché i professori sono assenteisti, strafottenti e vanno a lavorare per lo stipendio (ah, ah, ah). Certo, alcuni sono così. Non lo so di chi è la colpa. Leggo di una professoressa aggredita da un genitore di un alunno a cui aveva sequestrato il telefonino che voleva usare in classe. Lo faccio anch’io. Allora prima o poi picchieranno anche me. Finora non è successo.
    Forse dipende da come ti poni tu insegnante, da come dici le cose. I miei alunni li prendo anche a male parole. Non si offendono. Lo sanno che fa parte di un gioco tra me e loro. Ma anni fa bastò che una supplente dicesse a un mio allievo “cretino” e si scatenò un caso diplomatico.
    L’altro pomeriggio ero in una videoteca per noleggiare un film. Entra una signora, mi passa tranquillamente davanti e dice “Sono la professoressa Tal De’Tali devo noleggiare un film per conto della scuola “…….”” ha insistito moltissimo perché nella ricevuta fosse scritto professoressa Tal De’ Tali, non voleva dare i suoi dati, perché stava noleggiando per conto della scuola. A matula l’impiegato le diceva signora, i suoi dati mi servono, se non riporta il film io a cu chiamu? ‘O preside d’a scuola?
    Mi ha fatto pensare. Io non sono innanzitutto la professoressa Cubito. Sono prima Maria Cubito. E nella vita sono un’insegnante. O almeno ci sto provando. E non mi interessa che sia scritto sul biglietto da visita.
    Quando ho iniziato ad insegnare avevo 26 anni, i miei alunni quasi coetanei. Li incontravo nei locali la sera. Dopo un po’ cominci a non ricordarteli tutti. È normale. Ogni tanto mi capita che qualcuno mi fermi e faccio fatica a inquadrarlo nella classe e nell’anno scolastico giusto. E poi, all’inizio, cambi continuamente scuola. Un anno insegnavo, contemporaneamente in un liceo classico, latino e greco 7 ore e il resto in una scuola media di frontiera. Niente giorno libero e una sensazione di straniamento continua: prima ora Catullo, terza: assicurare ragazzini scuola scuola.
    Mi ricordo di Marco: corso serale, quartiere Brancaccio, utenza complessa. Il più giovane aveva 19 anni, il più grande 58. Marco parlava, come tutti, solo in dialetto. Veniva coi carabinieri perché era agli arresti domiciliari e voleva prendersi la terza media. Scopro, da un tema, che era bravissimo in geografia (il calcio serve pure a questo, evidentemente) e che l’italiano lo conosceva. Colloqui, prediche, suppliche.
    “Marco, ma perché non parli in italiano? Lo sai fare!”.
    Due settimane di “Professore’ ‘un ciù puozzu diri, picchì” dopo, mi confida:
    “Professore’ se parlo in italiano mi sientu frocio”. Facemmo un patto: con me avrebbe parlato in italiano per esercitarsi, con tutti gli altri al solito. Fu un brutto anno quello. A dicembre il mio contratto scadeva e loro organizzarono una festa d’addio e una specie di sciopero perché volevano che restassi, nonostante avessi spiegato loro che la colpa non era di nessuno. Burocrazia, graduatorie… Si convinsero a malincuore. Spuntarono l’ultimo giorno con torte fatte in casa, aranciata e Coca Cola. Mi regalarono pure un profumo. Una signora per ringraziarmi di averle insegnato la regola del congiuntivo “una esse vuole due esse” mi portò una buatta di conza coi broccoli arriminati, perché avevo detto di non saperla fare. Un’altra una cassetta di cachi.
    E il giorno del mio compleanno li trovai quasi tutti ad aspettarmi sotto la radio con un mazzo di fiori e non so quanti autobus dopo.
    Mi ricordo di Paolo una scuola di provincia e una famiglia sgangherata. Il primo giorno mi fa: “Si tu chidda nuova d’italiano? Ora ti fazzu sfasari”. E va per lanciarmi una sedia. Resto immobile. Passarono 2 minuti che, come dicono nei film, sembrarono un’eternità. Posò la sedia e venne a stringermi la mano. Diventammo grandi amici e voleva a tutti i costi che gli correggessi i biglietti amorosi che scriveva a una di seconda. Ma potevo leggerli solo io. Ora avrà 18 anni…
    Mi ricordo di Anna. Una fatina bionda. Bellissima. A 11 anni parlava come il peggior scanazzato del peggior quartiere di Palermo e chiamava ddi pulle le suore con cui stava. I servizi sociali avevano stabilito che la mamma non poteva occuparsene. Padre non pervenuto. La convinsi a studiare geografia e in cambio pretese che le facessi la french manicure. Funzionò.
    Concludo con una frase che tutti quelli che fanno il mio mestiere dovrebbero appendersi in classe (come dice la mia amica Valentina) per ricordarsi che si è persone con davanti altre persone da “formare ed educare” (che responsabilità! Troppa, forse..).

    Non si insegna quello che si vuole;
    dirò addirittura che non s’insegna quello che si sa
    o quello che si crede di sapere:
    si insegna e si può insegnare solo quello che si è. Jean Jaurés.

    Palermo
  • 47 commenti a “Professore’”

    1. La speranza di un domani migliore passa anche da te e da come svolgi il tuo lavoro. Grazie, da mamma di due liceali.

    2. Saresti stata la maia prof. ideale!Ad avercene come te…avanti così e buon lavoro. Cri

    3. mia…era mia

    4. Condivido appieno il tuo pensiero Maria, anche se io non sono un’insegnante.
      Qui di seguito ti riporto una frase di “un certo” Carl Rogers…

      “Nella persona vi è una forza che ha una direzione fondamentale positiva.
      Più l’individuo è capito e accettato profondamente,
      più tende a lasciar cadere le false “facciate” con cui ha affrontato la vita
      e più si muove in una direzione positiva, di miglioramento.”

    5. E questa si che è una lezione d’insegnamento!
      tante di queste belle pagine sarebbero utili come lo è, ancor oggi, il libro di Marcello Dell’Otra.
      Mentre quell’altra professorè, appena si saprà il nome, si merita quella musica “di petto e di cuore” di cui solo il grande Eduardo era uno specialista….mano molle, labra umettate, dita alzate. All’entrata e all’uscita.

    6. Cara Maria, quello che scrivi (come al solito) è splendido. Ho ritrovato nelle tue parole molte cose con cui, nel mio piccolo (fattto di contratti di docenze brevi per master e altro), ho dovuto fare spesso i conti.
      🙂

    7. Oggi ho iniziato la mia giornata lavorativa con te, emozionandomi. Non ti conosco ma lo so che sei così…Sei come dev’essere un’insegnante, di quelli che si fanno ricordare. Nonostante la mia laurea in lettere non ho mai pensato di intraprendere il tuo stesso percorso, perchè so di non esserne capace, di non avere la vocazione, e per il rispetto sacrale che ho di questo ruolo e di tutto il contesto delicatissimo che rappresenta la parte più viva della nostra società. Grazie Maria per quello che continui a fare con amore, sei una speranza importantissima, che ci aiuta a fare meglio tutto il resto, e aiuta chi come me “delega” per riconosciuti limiti, ad ammirare chi, come te, invece, recupera e protegge.

    8. “Si insegna e si può insegnare solo quello che si è”.
      Appunto, Maria. Quanti sono gli Insegnanti (con la I maiuscola…) che la pensano e si comportano come Te?
      Quanti invece, pur demotivati e mortificati da tante presunte riforme e da retribuzioni spesso indecorose, si lasciano andare, rinunziando al proprio ruolo?
      Ma qualcuno ha mai pensato di inserire, agli esami per l’abilitazione all’insegnamento, dei criteri seri per valutare, oltre alla preparazione del candidato, anche la “personalità” dell’aspirante docente?

    9. Dal 1997-98 al 2001-02 ho frequentato il classico Vittorio Emanuele II (corso I) e tu insegnavi alla classe di quelli più piccoli di un anno. Dicevano che fossi un insegnante “micidiale”…Deduco ora che avessero ragione!Fa piacere sapere che nel clima generale di decandenza della scuola italiana (che mia mamma, anche lei prof di italiano, latino, etc. sostiene da almeno 15 anni) ci sia ancora qualcuno che ci crede e che insegna ai ragazzini prima di tutto a vivere…

    10. Sei stata la migliore professoressa, insieme a Lorenza D.M.e a “quella d’inglese”, che io abbia mai avuto…Te solo per periodi brevi, scambi di classe (x chi legge, nulla di sessuale…erano esperimenti del mio amico preside…un luminare x l’insengamento…. 🙂 eventuali supplenze o per i famigerati “Sbarramenti” (ti ricorda niente???)
      Vuoi per la confidenza e la complicità…per i rapporti fantastici, le parolacce che ricevevi e davi in abbondanza, vuoi per l’età molto vicina alla nostra (oggi la differenza si è annullata…haimè)…però è così…
      Ci piaceva seguire questa ragazza che ci parlava di letteratura italiana a modo nostro…
      e ci piaceva ancora di + beccarti in discoteca o locali locali e darti del tu…
      era veramente un bel rapporto…

      Simpatica, allegra ma pretenziosa, i faccia a faccia con te sono sempre stati costruttivi e leali.

      Nonostante la giovane età, davi e pretendevi rispetto in maniera molo + costruttiva ed efficace di quelle mummie catatoniche dei tuoi colleghi…

      Ora quell’istituto è chiuso.
      E’ triste pensare che il luogo in cui io mi sia formato culturalmente e dove sia diventato uomo (fs. un po pretenzioso..ma dovrebbe essere così..) non esista +…

      conservo ricordi splendidi e divertenti…
      e x quello che tu ed un paio di tue colleghe avete fatto…a distanza di 11 anni voglio dirti GRAZIE.
      ciao Cara.

      “Oh, professorè…domani lo mette il disco nuovo di jovanotti e ce lo dedica???”…

      🙂
      ciao mari.
      G.

    11. io non posso emozionarmi ad ascoltare aneddoti da ora dell’aperitivo. nè mi sento di utilizzare la torta fatta in casa come unità di misura dell’insegnamento efficace (di lettere, di geografia, di matematica, di vita). alla fine tutto sta nell’ultima frase della tua citazione, anche il tuo merito di conquistare il cuore della gente. brava, continua, ma raccontaci anche di quando non sei riuscita, di quando hai pianto, di quando il rossore al volto era rabbia e sconfitta. in tal caso non riceverai i complimenti di genitori oramai facilmente accontentabili ma certamente potrai confrontarti con la realtà del tuo mestiere, il quale che ti piaccia o no (forse) è di formare ed educare.
      buona fortuna

    12. brava Maria, fai, dopo quello del genitore, il mestiere piu` difficile e importante del mondo e se ci metti tutta te stessa, comprese le fragilita`, sarai un’insegnante stupenda. In bocca al lupo

    13. hai mai pensato di scrivere un libro sul tuo modo di essere insegnate, cioè te stessa? Sarebbe un valore aggiunto (sociale, culturale, didattico,…) per tanti individui. Gestire efficacemente criticità sociali a scuola credo sia oggi una delle principali virtu’ di un insegnante. Trasformare i punti deboli in punti forti è una capacità non comune. Lasciare segni indelebili in chi ha condiviso giornate con te è una ricchezza inestimabile, tramandabile da generazione in generazione. E’ rincuorante leggere ogni tanto questi tipi di esperienze vissute. Peccato che nei mass media tradizionali non compaiono mai queste storie interessanti.
      Saluti

    14. Leggo molto volentieri quello che scrivi. Ad avercene insegnanti che come Te educano con il cuore.

    15. Da orgoglioso figlio di una insegnante di italiano e latino che non è stata ‘mamma’ solo per me, non posso che condividere il tuo ultimo pensiero. Post strepitoso.

    16. Quello che hai scritto fa la differenza tra una grande educatrice, come sei tu (e lo si evince dalle dimostrazioni di affetto che ti dimostrano tutti e dai successi ottenuti…eh si anche con una franch in cambio! 😉 ma bisogna stimolare i ragazzi non inibirli!!!)….e tanti tuoi colleghi che pensano che “loro” sono gli insegnanti e chi sta dall’altra parte della cattedra…sono del bestiame con cui avere a che fare alcune ore al giorno… lo fare leggere ad un paio di persone (ma tanto non capirebbero!) che pensano che se un ragazzino è nato allo zen… è li che DEVE rimanere: “tanto che futuro, ah? perchè devo perdere tempo con lui/lei?”… e se pensi che queste parole vengono fuori dalla bocca di un’educatrice trentenne… cosa vuoi dirle??? tanto lei non capisce dall’alto della sua cattedra (piedistallo… ti assicuro che lei… una intera classe sotto casa a poratarle i fiori per il compleanno non la vedrà mai!!!! (anche pechè non saprebbe nemmeno apprezzarla!)
      Ogni giorno che passa e più ti conosco penso che tu sia una persona davvero in gamba!
      Ce ne fossero educatrici/educatori come te! (per fortuna la mia mamma appartiene alla tua categoria, e mi ha insegnato tante cose e sicuramente sono fiera di lei sia come mamma e come insegnante di vita!…anche lei di dimostrazioni di affetto ne ha avute tante e continua ad averne dagli alunni e dai colleghi anche adesso che è in pensione!) 8) 8) 8)

    17. Ricordo che anche nella mia scuola i professori venivano chiamati PROFESSORE’.
      Il problema è che i bidelli venivano chiamati BIDE’.
      🙂

    18. errata corrige: (azz! scrivo velocemente e inverso o salto lettere!! sorry!) 🙁

      frEnch
      lo fareI leggere
      tanto che futuro,HA?
      portarle

    19. Grande Maria… davvero 🙂

    20. Apprezzo molto la forza d’animo e la passione che emergono dal tuo racconto. Brava!!!

    21. Io ricordo ancora i temi in siciliano di un mio compagno delle elementari.
      Comunque mi sarebbe piaciuto averti come insegnante, tirarti le sedie poi, un divertimento senza pari.

    22. Mi ricordo di avere avuto una sola professoressa degna di noto…io andavo all’istituto tecnico per geometri e lei,insegnente di italiano e storia,ci faceva svolgere il programma d’italiano e di storia del liceo classico,e in piu’ ci dava qualche nozione di filosofia…una professaressa da 10 e lode!!!

    23. ooops degna di nota…errori d’italiano in questo post sono da evitare…:)

    24. sei in gamba, mi sa: promossa

    25. Io ricordo di aver avuto come insegnanti, in un rinomato Liceo classico palermitano,professori severi cattivi e assolutamente incapaci di rapportarsi a degli adolescenti.La timidezza veniva considerata una colpa, un handicap da punire anche con sottili torture psicologiche. Per loro eravamo delle macchinette da imbottire, nessuna umana comprensione…Davvero un brutto periodo, poi ho cambiato scuola e mi è cambiata la vita! Per questo tendo a non generalizzare sugli insegnanti, ognuno fa storia a sè ma l’ideale sarebbe che tutti avessero sempre a mente la frase di Jaurés!

    26. io avissi pagato per avere una prof come te. Bella,intrigante,sensuale e cosa più importante bravissima nella missione di insegnare e formare i ragazzi
      Sono fortunati.

      PS: a mio figlio la prof ha sequestrato il tel perchè gli è caduto dallo zaino durante la ricreazione,ed era pure spento,per il solo gusto di farlo
      in quel caso ma manciavu,con educazione 😀
      ma gli ho detto se lo avesse beccato mentre lo usava se lo doveva pesatre sotto i piedi,ma in quel caso non aveva nessun diritto a farlo.

    27. oggi ho avuto l’occasione di passare davanti l’istituto tecnico per il turismo, scuola in cui mi sono diplomata nel ’96, anno in cui il cellulare lo avevano solo i padri delle ragazzine più ricche della scuola..

      tutti gli studenti oggi avevano in mano il cellulare, parlando non si sa con chi..
      noi, invece, per ingannare il tempo aspettando il treno ci facevamo i gavettoni, fino ai 18 anni… che tempi….

    28. bravissima Maria…e fortunati i tuoi alunni.
      poi te la sei comprata la bicicletta o sei sempre strassata??? 😛

    29. conosco bene il mondo della scuola poichè sono un’insegnante anch’io ( in uno dei licei più grandi della città)… e vi assicuro che sono moltissime le persone che si dedicano all’insegnamento in maniera assolutamente positiva come Maria Cubito… solo che questa massa anonima non scrive sui blog….

    30. Conosco un paio di donne che insegnano e come Maria sono piene di aneddoti su come devono districarsi ed inventarsi di volta in volta l’insegnamento. Ma che gli studenti di oggi siano più indisciplinati e difficili da tenere sotto controllo di quelli di un tempo è opinione comune e condivisa. Mia zia, anche lei insegnante, andata in pensione lo scorso anno, nonostante avesse accumulato un sacco di bei ricordi ed avesse insegnato a mezza città, è letteralmente scappata appena ha potuto. A sentire lei, gli ultimi 10 anni sono stati un inferno, per chi insegna.
      Gli insegnanti sono stati di volta in volta privati di ogni strumento di disciplina, a cominciare dalle rimandature. I genitori poi, che prima quando il loro pargolo prendeva una nota sul registro, al piccolo gli davano il resto e andavano a scusarsi durante il ricevimento, ora minacciano di farti causa e pretendono la cancellazione altrimenti il curriculum del figlioletto rimane sporco.
      Da quello che sento, la scuola è cambiata parecchio da quando la frequentavo io. Allora il rispetto dei professori era implicito, connaturato nel loro ruolo, poi stava al professore guadagnarsi la stima degli alunni, ma nessuno di noi è mai azzardato a rispondere male ad un insegnante, mentre oggi i bimbi di 11 anni se li riprendi ti cantano in faccia “bruciii la cittààà”.

    31. sei una specie di monalisa smile : )
      Brava, è bello sapere che ci sono persone che mettono passione nel proprio lavoro e non stanno solo a lamentarsi di come va male il sistema.
      Anni fa, rimasi sconvolta dalla dichiarazione di un’insegnante di lettere che il primo giorno di scuola faceva compilare agli alunni nuovi una specie di scheda in cui dovevano dire quale lavoro svolgevano i genitori. E poi, si vantava di avere tutti alunni figli di notai, avvocati e così via. Come se i meno abbienti non meritassero i suoi insegnamenti.

    32. Ricreazione in giardino,ore 10.15:
      Maestra: “Mattia,perchè stai qui in disparte? E cos’hai in mano?”
      Mattia: “Ho trovato una bella piuma!”
      Maestra. ” E cosa ne fai?”
      Mattia: “Aspetto che il vento se la porti via…e spero proprio che finisca nella mani giuste!”
      Dedico questo spaccato di vita scolastica a tutti gli insegnanti Veri(come Maria),e quindi alle persone Vere…che spesso non vengono capite,e a volte anche ostacolate.Ma che lottano giornalmente affinchè quelle bellissime piume trovino sempre la mano giusta pronta ad accoglierle…

    33. Brava Maria! x questo bellissimo post molto vero e toccante e x l’umanità che metti nel tuo essere…..professorè!!!!!;-)

    34. Se solo da ragazzi, al liceo, si avesse a disposizione la scuola, i suoi spazi; se gli spazi fossero belli, ampi, funzionali. Se la scuola restasse aperta 24 su 24, trasformata in sala prove, cinema, bar, teatro, ecc il pomeriggio/sera/notte. Se i ragazzi potessero scegliere corsi autogestiti, con l’aiuto di professori scelti da loro stessi. O di professori esterni. Se corsi di formazione, punteggi, presidi e direttori si levassero di mezzo, la nostra scuola sarebbe molto migliore.

    35. cara maria, mi hai fatto commuovere con le tue parole.
      io sto facendo una piccola esperienza di insegnamento, e devo dire che umanamente e professionalmente mi da moltissimo. il contesto è molto diverso da quelli raccontati da te. non so se avrei la forza, il coraggio di affrontare certe realtà scolastiche… nella mia vita ci sono stati alcuni esempi importanti tra i vari prof. e anche degli esempi molto dannosi.
      quelli importanti li porto ancora nel cuore e siamo addirittura in contatto.
      non so se nel mio futuro ci sarà ancora l’insegnamento, ma al momento è una esperienza positiva… e poi li faccio divertire… : )

    36. Maria! Troppo bello sto racconto! Spero tanto non ti fermi qui a parlare di scuola. Io intanto me la scrivo su msn la bella frase di Jean Jaurés. Grazie! un caro saluto, Salvo

    37. Allora posso dire di essere stato, da oggi con ancor più convinzione, uno dei pochi eletti per averti avuto come insegnante (anche se per un breve periodo di supplenza, al liceo)..Caspita, non sapevo che dopo la prima ora catulliana con noi, saresti andata ad assicutare ragazzini in una scuola media..!Vabè, a nostro modo ti facevamo impazzire pure noi..:)
      A bientot Pròf!

    38. Grazie a tutti, soprattutto ai mei ex studenti…;-)E’ vero fare scuola non è solo questo, è vero ci sono anche la rabbia e gli insuccessi…magari in un prossimo post.

    39. Cara Maria, è bello pensare che ci sono persone come te nelle nostre scuole. E la citazione di Jaurés pare fatta apposta per te.
      Ad maiora,
      Tuo affezionato Leone

    40. Cara Maria, grazie.
      Insegno in Francia, a Saint-Ouen banlieu parigina, in un liceo e in una scuola media, il collège Jean Jaurés, guarda cso.
      Non é facile avere a che fare con questi studenti dai cognomi impronunciabili (l’appello siamo costretti a farlo per nome!) dalle chiare origini magrebine, indiane, cinesi e sudamericane…Ogni tanto appare anche qualche francese, ma quello che accomuna questi ragazzi é una grande rabbia. A poche fermate di metro da Parigi, la città in cui vivo, ci si ritrova in un luogo completamente anonimo, freddo, triste. Un vero e proprio ghetto.
      Capisco, a volte, il comportamento negativo, propotente, ribelle, di questi ragazzi che vivono due identità: quella della famiglia di origine e quella di francesi. Sono degli ibridi che cercano di affermare altrimenti il loro essere che non é sufficientemente accertato dalla loro carta di identità francese.
      Spesso è difficile mantenere la calma e non cedere al pregiudizio. Il più delle volte é difficile e basta.
      Quindi grazie per questo intervento che mi serve da incoraggiamento e che mi fa ricordare tutti i lati positivi di questo lavoro. Anche, e forse soprattutto, con studenti “difficili”.

    41. @ prof: già soprattutto con quelli”difficili”…posto che sono convinta (illusa?) che, come diceva Danilo Dolci “ognuno cresce solo se sognato”, sono certa che quando, finalmente, avrò il punteggio giusto per fare il passaggio di ruolo al liceo, un po’ questi studenti “difficili” mi mancheranno…

    42. Incredibile!!!

      Ti/Le/Vi ho sempre dato del tu nei post che hai scritto adesso entro in crisi….Sono stato tuo/suo/vostro alunno all’Umberto I circa 5 anni fa, se non sbaglio. Se non altro io mi ricordo bene di te/lei/voi, poichè l’insegnante che sostituivi/iva/ivate mi odiava e mi mangiava regolarmente.

      Un saluto e un abbraccio da un tuo/suo/vostro ex alunno.

      Alessandro

    43. Giusto Alessandro…ero all’Umberto 5 anni fa.Se sei qua mi sa che non ti ho mangiato io ;-)e va bene dopo 5 anni puoi darmi del tu!;-)

    44. …una dose di speranza a chi studia per diventare insegnante… grazie! 🙂

    45. Spero solo che il mio piccolo Samuele, oltre ad averti come zia, possa un giorno averti anche come insegnante di italiano, di latino,di greco…..e di vita! Baci

    46. ci sono persone che attraversano questo percorso delle nostre esistenze in piedi, ce ne sono altre che lo percono carponi, altre strisciando. La grande moltitudine percorre la vita cosi’, cosi’ alla fine della strada si sente stanco e distrutto ma sopratutto si sente come se avesse scontato una condanna. Poi talvolta ci passa sulla testa volando in alto, leggero un meraviglioso animale alato a rammentarci che esiste una via piu’ lieve anche se non meno faticosa e piena di pericoli. e allora lo stolto talvolta guarda e ha paura, l’uomo distratto non vede,l’uomo umile apprezza, l’uomo intelligente prova ad imparare l’uomo smemorato dimentica. Cosi’ siamo noi talvola davanti alla belta’ della gioventu’ e allo splendore della vita.

    47. Ma perchè in questa nostra città abbiamo sempre bisogno degli eroi per piangere ed urlare ?
      Perchè non riusciamo ad urlare senza eroi, ma solo per fare funzionare le cose ?
      Brava Maria: mi ricordi la mia maestra di scuola elementare.
      Quella che, ai miei tempi, era la “seconda mamma putativa”.
      Quella che si preoccupava per i sui alunni, come la chioccia per i pulcini.
      Quella che considerava il suo lavoro una missione educativa, non uno strumento per avere lo stipendio.
      Brava Maria.

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