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venerdì 19 apr
  • Gettoniera

    Al ginnasio mi chiamavano “gettoniera”, perché parlavo a gettoni.
    Lentamente.
    Non nel senso che ero riflessivo e soppesavo le parole, ma pro – prio – nel – sen – so –che – quan – do – e – ro – e – mo – zio – na – to – par – la – vo – len – ta – men – te.
    Ora non più.
    Adesso, in genere parlo poco e mi faccio i cazzi miei.
    Il ragazzo in testa al corteo è diverso da” gettoniera”.
    Chiama la sua professoressa “Patrizia” e non si vergogna a darle del tu.
    Patrizia è bruttina e le sue gambe sono avvolte da dei pantaloni neri, indecisi se essere gonna.
    Il ragazzo cantilena monosillabi e guarda Patrizia come se fosse Lilli Carati in “La professoressa di scienze naturali”.

    Al Convitto Nazionale i cortei in genere non avevano successo.
    In tutto il liceo non eravamo più di cento.
    Uno sputo di ragazzi se paragonati all’ondata di studenti del Meli e del Garibaldi.
    C’eravamo o non c’eravamo non se ne accorgeva nessuno.
    Una volta decidemmo di occupare scuola.
    Tutte le altre scuole avevano già occupato da più di un mese.
    Anche noi volevamo dire no alla Jervolino ma, soprattutto, anche noi per una volta volevamo leggere il nome della nostra scuola sul Giornale di Sicilia.
    La prima mattina di occupazione tutti i banchi erano stati messi nel corridoio del primo piano.
    Uno sull’altro sfioravano i sei metri del tetto dell’Ex Collegio Massimo dei Gesuiti.
    Per la prima volta davamo uno schiaffo alla tradizione, al rigore ed a tutte quelle foto di studenti in divisa nera con la spada sul fianco sinistro, che ogni tanto ci facevano vedere.
    La prima mattina di occupazione nessun professore avrebbe invaso le nostre trincee.
    La prima mattina di occupazione il Convitto Nazionale era nostro.
    La prima mattina di occupazione era sabato.
    La prima mattina di occupazione alle 12.00, come ogni sabato, il bidello suonò la campanella.
    Il primo pomeriggio di occupazione i due rappresentanti di Istituto lo passarono a sistemare i banchi nelle aule.
    Tutti gli altri se ne erano andati già a casa da un pezzo.
    Del resto era sabato.

    All’altezza di Aluja incrocio due ragazzi.
    Quello con la felpa Ralph Lauren spiega all’altro che non sopporta la Gelmini e gli zingari.
    Avrà al massimo sedici anni, ma ne dimostra una ventina.
    Io ne ho trenta e secondo le mie gambe andare a piedi in ufficio non è stata affatto un’idea brillante.
    Di fronte a me una quarantina di ragazzi impugnano una ventina di striscioni.
    Uno ogni due studenti.
    Saltano e gridano come gli altri ma vogliono farsi vedere più degli altri.
    Sui loro jeans c’è più vernice spray che negli striscioni.
    Gridano solo due parole.
    Le stesse scritte in nero, rosso e blu su sfondo bianco.
    Due parole familiari
    Ieri, giuro,al corteo ho visto il CONVITTO NAZIONALE.

    Colonna sonora: Voglia di gridare (Daniele Silvestri).

    Ospiti
  • 11 commenti a “Gettoniera”

    1. Vedi?
      Mai dire mai.
      C’è gente che riesce a smuovere pure i santi dal paradiso.
      W il convitto.

    2. ..e bra-vo mim-mo che cam-mi-na a pi-e-di..chi l’a-vreb-be ma-i det-to?

    3. Mi hai fatto venire in mente un fiume di ricordi. Ho la tua età ed ero vicina di scuola, Vittorio Emanuel II. Quella occupazione contro la Jervolino (quella del caro Gesù Bambino toglici la Jervolino) me la ricordo pure io. Amarcord purissimo

    4. gia’ che ricordi… la prima occupazione dopo la pantera, dicembre 1993. Jervolino non ti incazzare, la tua legge valla a buttare!

    5. mimmo, ma ci pensi che i telefoni non vanno più a gettoni e che quasi nessuno usa più le cabine telefoniche. ora come li chiamano quelli che parlano l e n t a m e n t e, i giovani d’oggi?

    6. Mi hai fatto tornare in mente un episodio; requentavo la scuola “sorella” del Convitto: il Maria Adelaide.
      Ricordo che quando ci fu l’incidente alla fermata dell’autobus di fronto il liceo Meli e morirono due ragazzi (Biagio Siciliano e Giuditta Milella) ci fu una manifestazione alla quale noi decidemmo di prendere parte (eravamo scuola media, fummo trascinate lì dalle liceali).
      Bene: ci beccamo forse un giorno di sospensione e diversi “liscebussi” da preside e professori (e ovviamente genitori).
      Mi ricordo di questo episidio ogni giorno, quando al Meli (sede attuale) leggo la targa sulla porta della sede della fondazione che porta il nome dei due sfortunati ragazzi.

    7. ho frequentato il gonzaga.
      Non era ancora Centro Educativo Ignaziano..
      solo Gonzaga…lo preferivo a dire il vero..
      l’ho frequentato x 3 anni.
      I primi tre del liceo.
      Al terzo, con l’avvento di materie come Filosofia, Fisica e Chimica…cominciai a zoppicare seriamente..

      Un giorno, uno dei primi, “quella” di filosofia, mi confessò che secondo lei avevo sbagliato indirizzo di studi..
      che il liceo scientifico non faceva x me…
      e che forse avrei fatto bene ad iscrivermi al “geometra” mi disse…o al massimo avrei potuto provare con una scuola professionale…
      mettiamo che avesse ragione…
      ma tu r’accussì ciu rici a un picciotto di sedici anni???
      ma un ti pari mali???
      mah..
      cmq..

      Da quel momento in poi, erano i primi giorni di ottobre…devo dire che mi sentì molto motivato… 🙂

      lei mi snobbava – mi ignorava…io minni futtieva…

      poi invece…un giorno si accorse di me…

      Per una intera settiamana ci rubarono una cosa come 6/7 motorini dal parcheggio “CUSTODITO” …
      una cosa incredibile, se li portavano a due alla volta…
      ne ricordo 4 di miei compagnetti di classe….
      nonostante numerose lamentele, la direzione non prese nessun provvedimento x tutelare i nostri mezzi..

      il sabato (strategico dite…mah..non lo so..), mi posizionai all’ingresso all’alba, e man mano che arrivavano gli studenti.. li invitavo a non entrare in aula…motivando la cosa con una necessaria presa di posizione da parte nosta per il problema “Furti”.

      Ci fermammo tutti lì, davanti la porta del parcheggio dei motorini, a far valere i nostri diritti e a far sentire la nostra voce…
      Fu una giornata indimenticabile.
      Con l’aiuto di un’amica due anni + grande di me, nessuno al liceo varcò la soglia dello stabile…

      tutti fuori..composti e compiti, ma certi che quello che stavamo facendo, fosse la cosa giusta…

      Fui felice perchè intorno alle 11.30 il preside, Professore D’Anna, degnissima persona, ci venne a parlare molto serenamente, rassicurandoci sul fatto che dal lunedì successivo avrebbero aumentato la guardiania, e soprattutto, meccanizzato l’apertura dei cancelli…

      Restammo in istituto…chi a giocare a calcio chi a cazzeggiare diversamente…
      e fummo tutti orgogliosi di quello che avevamo fatto…

      Anche “quella” di filosofia fu orgogliosa di me…
      talmente orgogliosa che la settimana successiva mi fece subito notare come avesse apprezzato il mio gesto, e che, acciderbolina, il sabato noi avessimo 2 ore filate di filosofia…e che quindi…la scelta del giorno non era stata assolutamente casuale…

      L’anno successivo andai in un’altra scuola….a ripetere il terzo…

      non fui mai un grande amante di filosofia, chimica e fisica..ma neanche rubarono + motorini al Gonzaga.
      🙂

    8. scusate – mi sono fatto prendere la mano dai ricordi.
      non volevo scrivere così tanto.
      perdonatemi.

    9. A tutti quelli che ormai hanno rotto le palle a girare per strada: bastaaaaaaaaaaaa … a studiareeee ……… così almeno imparate a scrivere e leggere i bei post. Complimenti Mimmo!!!

    10. Divertente fotografia delle manifestazioni! Bravo.

    11. I miei 5 anni di scuola media superiore si alternarono tra l’occupazione e l’auto-gestione. Non vi fu anno in cui la scuola non fosse in subuglio. Poi l’università, ma quella fu un’altra storia. Alla luce della ragione adesso mi chiedo: ma prima di occupare, non varrebbe la pena disertare una scuola che non piace? Sarebbe un gesto più discreto senza ledere le libertà altrui. Vi sono sul serio persone a cui non piace rinunciare alle lezioni. Che fare? Decidere per loro? Poco corretto. Le cose si complicano un pò di più invece nel mondo universitario, dove non gliene frega a niente a nessuno se non vai.

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