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giovedì 28 mar
  • Amenità sanitarie

    Questa storia si svolge su un pianeta in una galassia lontana nello spazio e nel tempo. Anche gli abitanti di quel pianeta soffrono di malattie cardiovascolari e vanno in ospedale. Anche in quel pianeta il sistema sanitario è stato aziendalizzato e deve produrre. La produttività è analizzata da un nucleo di valutazione aziendale esterno (il cui presidente è un medico).
    In quel pianeta il Nucleo di valutazione ha valutato un reparto di Cardiologia. La valutazione viene fatta paragonando alcuni indicatori nell’anno analizzato rispetto all’anno precedente. Poiché un indicatore è stato considerato non raggiunto (sinonimo di non incrementato) la conclusione del Nucleo di valutazione è stata che quel reparto non ha raggiunto gli obiettivi programmati.
    Abbiamo avuto la possibilità di analizzare i dati che riportiamo in tabella:

      ANNO PRECEDENTE ANNO VALUTATO
    Pazienti dimessi 1057 1174
    Degenza media 7.71 7.36
    Indice occupazionale 103.33% 94.31%
    Posti letto disponibili 23 27

    L’indicatore considerato non raggiunto (in quando diminuisce, passando dal 103.33% al 94.31%) è l’indice occupazionale dei posti letto. Un indice di 0 significa un letto mai occupato, un indice del 100% significa un letto occupato 24 ore su 24 e 365 giorni su 365.
    È evidente una contraddizione: come è possibile che nell’anno valutato si dimettano più pazienti (ben 117), grosso modo con la stessa degenza media, e nello stesso tempo vi sia una contemporanea riduzione dell’indice occupazionale? La soluzione del paradosso non è difficile. Basta osservare un altro dato (noto anche al Nucleo di valutazione) ovvero la disponibilità dei posti letto: nell’anno valutato il reparto ha potuto contare su quattro posti letto in più.
    Prima considerazione. Il Nucleo di valutazione avrebbe dovuto correggere l’indice occupazionale per la disponibilità dei posti letto, avrebbe dovuto cioè rendere paragonabili i due anni, come se i posti letto fossero stati gli stessi. Con una semplice proporzione (23 : 103.33 = 27 : x) si sarebbe ottenuto il reale indice occupazionale dell’anno valutato (a parità di posti letto), ovvero 121.3%. L’obiettivo doveva essere considerato raggiunto.
    Seconda considerazione un po’ più impegnativa. L’indice occupazionale di un posto letto va da 0 a 100%. Un indice occupazionale di 103.33 % indica un 3.33% di disagio, di sofferenza del sistema: segnala infatti la presenza di pazienti in brandine o barelle (c’è una richiesta di ricovero da parte del territorio di pazienti cardiopatici talmente impegnativi che non possono essere rimandati a casa ma devono essere ricoverati anche in una disagevole brandina). Quel 3.33% è dunque indice di disfunzione del sistema. Un reparto che porti l’indice di occupazione dal 103.33% al 94.31% (che è un eccellente indice) ha rimediato a questa disfunzione.
    È innegabile che anche in quel pianeta di quella lontana galassia 94 sia meno di 100, che 103 sia più di 100 e che 130 (per esempio) sia più di 103. È innegabile anche che, nel caso dell’indice occupazionale, tutto ciò che è oltre 100 sia disfunzione.
    Quel Nucleo di valutazione (diretto da un medico) ha teorizzato qualcosa di alquanto bizzarro: maggiore la disfunzione (passare per esempio da 103 a 130%) maggiore la produttività del reparto (con annessa litania: maggioreefficaciaefficienzaequitàecc.ecc.).
    Fortunatamente siamo sulla Terra. Sulla Terra e in particolare a Palermo ciò non può accadere.

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  • 4 commenti a “Amenità sanitarie”

    1. la matematica è pur sempre una opinione, no?

    2. è lo stesso errore di chi scorpora l’iva sottraendo il 20% dal lordo … francesco la matematica (e la statistica) è un’opinione ahahahhhahaha

    3. Mica è così semplice! Bisogna aggiungere altre cose. Ad esempio, bisogna sapere quanti sono i posti letto in DH rispetto al totale e considerare il relativo indice di rotazione. Bisogna prendere in considerazione gli indicatori di complessità-appropriatezza dei ricoveri. Un indice importantissimo per la valutazione dell’attività erogata è quello relativo al peso medio dei DRG prodotti ed anche quanto incidono quelli ad alto rischio di inappropriatezza ed ancora l’indice di case-mix. Più che la quantità è la qualità che conta: l’effettivo impegno di risorse rispetto al bisogno di salute soddisfatto. Tutto ciò dando per scontato che le diagnosi e le procedure siano state correttamente elencate e codificate. E non è sempre così.

    4. @ comparz Il problema invece è drammaticamente semplice: è mai possibile teorizzare che l’aumento di disfunzione possa significare aumento di produttività? Comunque, visto che mi sembri esperto, a ulteriore chiarimento (ma andiamo fuori tema) aggiungo: si parla di ricoveri in regime ordinario e non in regime di DH, il peso medio dei DRG di quel reparto è intorno a 1.7; i ricoveri a rischio di inappropriatezza sono meno dell’1%.
      Sono dati però del tutto inutili per il problema esposto. Giustamente tu scrivi: più che la quantità è la qualità che conta; la domanda inquietante è: che qualità assicura (e garantisce) un Nucleo di valutazione (di quel pianeta lontano beninteso) che, limitandosi in modo peraltro del tutto acritico alla quantità, non si rende conto di quella bizzarra conclusione?

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