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sabato 20 apr
  • Del tempo che sento

    La mia posizione è scomoda, ho lavorato a Milano e con l’estero quanto basta per cambiare abitudini e punto di vista. Sono tornato per necessità familiari. Professionalmente una perdita, umanamente un pareggio, filosoficamente un guadagno. Il tempo e le occasioni per riflettere Palermo lo offre, sì. Partiamo dal fatto che il tempo è come lo spazio interno di una bottiglia che riempiamo con delle biglie colorate dai nostri sogni, più ne riusciamo ad infilare dentro meno tempo rimane. A Milano il problema del tempo non è avvertibile perché la bottiglia è piena dei sogni altrui mescolati con i propri. A me sembrava di sentire, in ogni momento della giornata e in ogni luogo, una vibrazione che imponeva il ritmo collettivo come un enorme tamburo invisibile percosso da un demiurgo: voga – voga – voga – voga. La metropolitana è come la una capsula di meditazione, lo spazio in cui migliaia di persone trovano il tempo per stare con se stessi e coltivare i propri sogni, o per riposare. A Palermo non c’è la metropolitana e non c’è il ritmo, si può riposare più facilmente e sui sogni non so, la bottiglia mi sembra piena più dei propri sogni che di quelli altrui. La civiltà, il rispetto è curarsi dei sogni altrui come dei propri. Sognare a Palermo non sarebbe vietato, ma può risultare dannoso. Me la ricordavo lenta questa città, ora noto che è cambiata, c’è chi ha fretta di far qualcosa e chi sembra di aver nulla da fare eppure qualcosa la sta facendo, forse. Le tecnologie e le mode hanno riverniciato la cultura dei palermitani, in sostanza non mi sembrano migliori di prima, noto che c’è una perdita d’identtà, meno accentuata nelle classi popolari, il senso d’identità proviene dal riconoscimento sociale del lavoro e dalla sua remunerazione, noi abbiamo alti tassi di disoccupazione intellettuale e di precariato. Il tempo dei milanesi è costellato di appuntamenti tanto quanto quello dei palermitani, i primi si sforzano per riuscire ad arrivare in tempo, i secondi si sforzano per non andar via spazientiti. Il nostro è un appuntamento perso con la storia.

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  • 18 commenti a “Del tempo che sento”

    1. Su Facebook potrei premere “Mi piace” e “Condivido”

    2. Milano, una città nella quale nasce la creatività e che si esporta.
      Palermo, una città in cui si consuma passivamente creatività nata a Milano.
      Palermo fruisce le mode nate altrove. Non ne crea da esportare.
      Credo che l’unica recente creazione palermitana trapiantata a Milano sia il pane con la meusa e panelle/crocchè dell’Antica Focacceria che ha aperto una succursale nella capitale lombarda. A parte cio’ non si registrano tendenze create quì ed esportate lì.
      Condivido l’analisi della perdita di identità, e quella e’ vero che te la da la il riconoscimento sociale del lavoro e dalla sua remunerazione.
      Gia’ …. il nostro è un appuntamento perso con la storia e i colpevoli siamo solo noi che facciamo proprio di tutto (e abbiamo fatto di tutto nel passato) per perderlo.

    3. non so come si possa fare un paragone tra milano e palermo, proprio la storia di ognuna di queste città ce lo rende quasi impossibile…nè mi pare accettabile sentirsi inferiori perchè non si crea nulla da esportare, cioè da commercializzare? da consumare? è questo il valore di oggi? ed èun valore assoluto? dissento. anche se concordo sul fatto che l’identità forse si sta perdendo col ricordo della storia nostra, quello che rimane nel dna delle classi popolari,anche se inconsapevoli, forse per questo stanno meglio di noi…

    4. @vita
      la tua domanda è questo il valore di oggi? ;
      l’economia è uno dei pilastri della società, del benessere della società. Certo non è il valore in assoluto, ma sicuramente conta tanto, ed e’ innegabile.
      Non si tratta di sentirsi inferiori/superiori rispetto agli abitanti di un altra città, ma di constatare realmente che nelle città dove si creano modelli culturali, tendenze, e servizi efficienti si crea economia.
      Se si studia questo fenomeno si puo’ aumentare il nostro livello di consapevolezza, ed agire in maniera tale da invertire la rotta storicamente fallimentare sotto il profilo della produzione di reddito.
      Qualsiasi cosa crea la Sicilia ma che non produce economia, non giova a nessuno dei 5 milioni di abitanti dell’isola.
      Oggi l’U.E. tenta di far decollare l'”economia della cultura e dei saperi”. Dalla cultura si puo’ quindi generare reddito ed economia oltre a valorizzare un popolo sotto il profilo culturale ed artistico.
      Basta sapersi organizzare, mettere a sistema tutte le risorse culturali, paesaggistiche, storiche del territorio e fare un abile lavoro di marketing e comunicazione.
      Il confronto con Milano aiuta a comprendere quali siano i meccanismi che fanno di questa una città creativa e che esporta modelli, ed economia relativa.
      Il confronto non è certo mirato a “miserabilizzare” Palermo (permettimi questo termine non coniato nel vocabolario).

    5. Ohhh, ma guarda un po’! Un post sulla differenza tra Palermo e Milano! Ho come un leggero deja-vu!

    6. forse stiamo morendo o forse no, io vedo bene la valorizzazione-propostaculturale-commersializzazione ok di un modello di vita da recuperare dalle nostre tradizioni ad es.gastronomiche… dell’artigianato, valori antichi ed eterni che rimandano ad un diverso rapporto con la terra, con la vita, alla fantasia e creatività “povera” , se evitiamo l’inquinamento delle industrie, è forse l’unica speranza, quella di rimanere come siamo e sfruttare quello che siamo anzi recuperare quello che di buono eravamo, non c’è bisogno di ideee nuove nè di modelli di grandi città affascinanti ma dove si vive male, molto male

    7. E’ un post sul tempo e sul ritmo. Lo scarto percettivo rivela l’informazione. Attribuiamo dei significati a tale scarto? Ciascuno il suo.

    8. Caro omonimo D’Acquisto, ho letto con attenzione il tuo post. E penso che, se tu a Milano, scusa: in Milano, hai trovato tutte quelle sensazioni, positive perfino, non è la città, sei tu. Anche a Ficarazzi o a Misilmeri penso che potrai ricreare il tutto, metro a parte. Sì, perché tu non stai descrivendo Milano, ma solo un tuo luogo mentale. Milano è tutto, fuorché quel bene che descrivi tu.
      Coraggio.

      Giovanni

    9. Virus, anche io ho un leggero deja-vu 😉

    10. Io non vedo deja-vu nel post ..piuttosto nei commenti….
      credo invece, che nel post ci sia un qualcosa di MOLTO più forte… che vada oltre …
      pequod

    11. Ciascuno ha colto il suo, di segno. Pequod hai intuito quel qualcosa 🙂 GioCa si, siamo noi a creare il nostro ambiente, esso è la proiezione del nostro pensiero conscio e dell’inconscio, cerchiamo conferme e le troviamo per assicurare eterna stabilità al nostro schema mentale. Nondimeno se Milano è un cesso Palermo non è da meno, differenti le ragioni ma in realtà stesse cause occulte. Il mondo non è popolato da redenti, da adam kadmon, da al-insani al-kamil.

    12. GID, ci tenevo a rettificare: io non ho affatto affermato che Milano è un cesso. Non è questo che penso. Però, se lo fosse, sarebbe di ordini ben superiori a Palermo, altro che.

    13. rosalio,
      il mio post è stato cancellato da te,
      o non è mai partito?

      ho forse violato la policy???

    14. Pollo il canale corretto per comunicare con me è l’e-mail, qui è fuori tema.

    15. interessanti alcuni spunti sul tempo e la sua percezione, anche se non troppo originali, direi quasi, senza voler offendere, luoghi comuni: a milano si corre a palermo si rallenta…ma dai??? di questi parallelismi palermo milano resto del mondo di “emigranti” di lusso che vanno e vengono non se ne può più, così non si volerà mai alto. sarebbe bello ed interessante parlarne, anche brutalmente, senza equazioni così provinciali.
      ho molto apprezzato il commento di Massimo nel post di Domìnguez proprio per la sua capacità di analisi e la sua acutezza, direi quasi antropologica, mi piacerebbe leggere persone come lui come autori.
      IMHO

    16. precisando, lo so che l’autore non intendeva parlare solo dei diversi ritmi, voleva parlare di “altro”, almeno credo, ma allora perchè non affondare?
      così si galleggia a bordo piscina.

    17. @ Stalker, con la quale mi è capitato di dialogare altre volte, questa te la devo. Io sono un uomo comune che frequenta luoghi comuni, niente di speciale. Parlo della mia esperienza, che è limitata, ed esprimo ciò che sento. Per capire basta tirar le somme, per comprendere bisogna girarci attorno con un percorso a spirale. Il commento che hai citato l’ho apprezzato, è ben scritto e argomentato, ma io non ho quella capacità e anche se l’avessi non saprei che farmene. Sono un’aquila solitaria, so volare ma di nuotare non parlarmene, tantomeno di affondare 🙂

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