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giovedì 25 apr
  • Quaderno di Palermo 7

    Si può capire che davanti alla morte ci sia una maschera che ognuno di noi indossa come meglio sa fare o come meglio intende, in fin dei conti le persone di fronte ad ogni mistero di solito reagiscono con paura, con diffidenza, ma anche, al tempo stesso, con curiosità. E questo atteggiamento è stato individuato da tempo immemorabile e ancora oggi si continua a rilevare ovunque e in tutte le culture e i popoli del mondo. Si tratta di una così detta reazione naturale, poiché mentre siamo in vita, da una parte si direbbe che la morte si trovi in un luogo molto lontano, dall’altra che addirittura non appartenga a noi esseri umani; addirittura possiamo andare oltre e darci a credere, ipocritamente, che essa appartenga soltanto all’altro, e non a noi. D’altro canto noi siamo “per natura” incapaci di inoltrarci nella realtà opposta che annulla e cancella quello che siamo adesso, quando il sangue circola nelle nostre vene. Abbiamo visto come per il palermitano e il siciliano in generale, sempre che sia accettata dai lettori l’ambiguità risultante nel tradurre in italiano modi di dire in siciliano, sia la mia interpretazione da straniero che cerca di decifrare o decodificare un’altra maniera di percepire il mondo, la loro maschera sia la parola rovesciata all’indietro, così da non poter vedere il vero lato della medaglia. Non è solo che non vogliano vederla, ma attraverso parole capovolte pensano addirittura di eliminarla. Quindi, pure davanti all’impossibile, in questo luogo dove abito si agisce con scaltrezza, come se essa avesse il potere di scongiurare la morte (mi sovviene quel gesto tanto italiano per noi forestieri di toccarsi quando all’improvviso s’incrocia un funerale per strada).
    È anche legittimo considerare che ognuno di noi porta una maschera pressoché tutti i giorni della sua esistenza e per quasi ogni circostanza della vita. Tutti quanti siamo consapevoli che mai potremo essere a nudo davanti a nessuno perché neanche davanti a noi stessi siamo capaci di spogliarci. Comunque, quello che colpisce il passante che non si stanca mai di camminare per le strade di Palermo, è il fatto che i suoi cittadini ne possiedano non una, ma infinite di queste maschere, come se fosse la cosa più normale al mondo indossarle tutte contemporaneamente e dal mattino fino alla sera. Così quando, per esempio, il palermitano esce di casa all’inizio della giornata per andare in macchina o col motorino a lavorare o a ammazzare il tempo o a mangiarsi una frittola e subito, come di consueto, infila in controsenso una via a senso unico; così quando miracolosamente, viene fermato da un carabiniere, e l’unica cosa che gli viene in mente di dire è un gesticolante: “Non me ne sono accorto”. Così quando butta la spazzatura per terra e in qualsiasi luogo e al momento che più gli fa comodo, e poi si lamenta “dello schifo di questa città”; o quando si reca alle elezioni e alla domanda per chi abbia votato lui afferma con soddisfazione che lo ha fatto per il candidato opposto a quello che poi risulta aver stravinto non solo nel suo rione ma anche a livello nazionale; e si potrebbe continuare fino all’infinito. Infine la sera, prima di girarsi dall’altra parte per dormire, avrà ancora il coraggio di dire al suo partner: “Buona notte, amore mio”, mentre sul suo cellulare privato qualcuno gli starà appunto inviando la giusta battuta da recitare: “Buona notte, amore mio”.

    Rappresentazione.

    Ospiti
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