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venerdì 19 apr
  • Quaderno di Palermo 24

    «Palermo è in procinto di cambiare». Con questa frase finivo l’ormai lontana seconda puntata e anzi, alcune righe prima, spiegavo che si trattava di un vero falso cambiamento. Ma è lontano dal mio proposito fare riferimento alla ricorrente frase di Tomasi di Lampedusa, ormai nella memoria di tutti i siciliani e non solo. La mia intenzione è di inoltrarmi nel presente della nostra città (anche mia perché vissuta e a volte amata e a volte odiata, como accade con le persone che più ci stanno a cuore) in questo momento non tanto cardinale, poiché ogni periodo della vita e della storia è importante per qualsiasi motivo, ma quanto cruciale perché peggio di così c’è solo lo sfinimento a vita e fino alla fine dei tempi. Pensate che sono troppo pessimista?
    Sono già passati quattro anni da quando sono arrivato a Palermo e in tutto questo tempo ho visto come effettivamente parecchi palazzi siano stati lentamente ristrutturati tanto in centro che in periferia o, per esempio, come una timida raccolta differenziata si sia fatta strada in alcuni quartieri o, dovete scusarmi, tanti centri commerciali siano stati ostentatamente aperti (e si continua ad aprirne altri). Stiamo vedendo pure come stanno proseguendo i lavori per il ripristino del tram in alcuni tratti o come i lavori della metro non si sono ancora fermati o, si potrebbe anche aggiungere certo per scherzare, come gli scarponi “ortopedici” hanno invaso i marciapiedi di tutta la città. Si è inoltre assistito quest’anno a una numerosa e festosa manifestazione gay per le strade del centro o l’anno scorso a un corteo pieno di donne furibonde contro l’instancabile e comunque ancora primo ministro o tre anni fa a un presidio davanti al Politeama con tanto di cannoli in omaggio al presidente regionale uscente e condannato e poi scarcerato. Si potrebbe ancora continuare con altri esempi diciamo più palesi, come per esempio la conclusione dei lavori all’appariscente porto sportivo nella Cala.
    Dopo questi dati elencati così alla rinfusa, si potrebbe dire che Palermo è una di tante città europee che non si ferma mai né dal punto di vista urbanistico né sociale né ambientale. Una città che vuole cambiare e che fa di tutto per migliorarsi e anche superarsi. Una città che sotto certi aspetti fa addirittura meglio di tanti altri centri del nostro continente. Eppure… Forse uno straniero certe cose le percepisce diversamente rispetto a un autoctono. Sì, per un osservatore che viene da fuori e che vive in questa città da un tempo sufficentemente lungo da poter dire di conoscerla, la sensazione è che tutto quello che lo circonda faccia parte di un gesto rituale ripetuto dai tempi immemorabili e che continuerà a ripetersi fino alla fine. Il fatto è che Palermo rimane nonostante tutto sempre uguale a sé stessa. Se da una parte l’amministrazione locale e regionale si vede costretta di tanto in tanto diciamo ad aggiornare un minimo la città -ma senza alcuna continuità, senza una genuina volontà di cambiare i cittadini per il bene di tutti (ed è proprio questo il compito delle istituzioni pubbliche)-, dall’altra questi ultimi continuano ad accontentarsi di quello che hanno, a non chiedere il dovuto, a non prendere i loro diritti. Come se ognuno di loro continuasse a tirare a campare come se niente fosse perché così è stato trasmesso da una generazione all’altra. Perció alcune case continuano a crollare, la spazzatura viene buttata ovunque e i trasporti pubblici sono quelli che sono, per esempio.

    Tradizione.

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