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sabato 20 apr
  • Studenti e ospedali

    Avendo vissuto cinque anni a Palermo e avendo fatto una vita sregolata condita da alimentazione accomegghiè, non mi sono fatto mancare nemmeno delle simpatiche incursioni all’ ospedale. Anzi, agli ospedali, mica uno soltanto.

    Io che in vent’anni di vita vissuta, in ospedale ero stato solo una volta da piccolo, mi sono ritrovato assiduo frequentatore di questi ameni luoghi palermitani. Ora vi racconto.

    LA PRIMA VOLTA
    Me la ricordo bene. Era una fredda mattina d’inverno in cui mi ero beccato chissà quale virus, e avevo inchiappato tutto il piumone di una mia amica che mi aveva preso in cura con dello zampillante e profumato vomito. Sorvolando sui dettagli, i miei amici decidono che forse era il caso di andare al pronto soccorso (ma c’era bisogno? di stare stavo male, però..).Comunque sia, con la macchina mi accompagnano all’ospedale. A parte che non si è capito bene che codice mi avessero affibbiato, mi sono messo lì ad aspettare seduto con decine di malati. Stavo male, la testa pesantissima, passavano le ore. Ad un certo punto vomito di nuovo e allento. Una signora molto affettuosa che era vicino a me mi accarezza «chi beddu, pari me’ nipute..statti tranquillo, ora ti chiamano». Rincuorato dalle parole della signora, che ancora ringrazio per le cure, finalmente, dopo qualcosa come quattro ore di attesa, mi chiamano. Entro con un mio amico esperto di linguaggio medico, io ero una pezzanterra e non avrei capito nulla. Il medico ci guarda entrambi e ci fa, con fare inquisitorio: «Chi di voi due sta male??». «Minchia!» Ha pensato il mio amico… «se fa questa domanda chissà che faccia ho io…». Comunque sia, chiarito il dubbio ed esposto il problema, il medico mi chiede «e adesso perché sei qua?»..mah, faccia lei, ho vomitato fino a cinque minuti fa e stavo per addicare! Alla fine si decide per una flebo. Il mal di testa e la pesantezza spariti, medicinali e dieta assegnata. La flebo si fa in una normale barella nell’ambulatorio? C’è bisogno?…va bene sdraiarsi sui sedili fuori in sala d’aspetto per altre due ore! Il mio amico chiede gentilmente ad un’infermiera almeno una barella. E lei, dopo uno sguardo circospetto del tipo…«viremo si ci nn’è«, me ne procura una e finisco la mia flebo in corridoio, ma comodo.

    LA SECONDA VOLTA
    È stato un vero e proprio soggiorno, diciamo ricovero, complice la solita vita sregolata, fatta di sveglie all’alba, notti passati sui libri e alimentazione sbrigativa in tempi d’esame (diciamo una fettina di pollo senza olio perché era finito). Mi accingo, nel tardo pomeriggio, ad andare in palestra per farmi i miei esercizi e staccare un po’ dallo studio. Dopo un quarto d’ora di tapis roulant prendo i pesi in mano e, manco tempo, mi stininnighio ‘nterra sano sano. Un dente spezzato e tanta gente attorno a me che non capivo cosa volesse. Poi un’ambulanza. Mi ritrovo, cosciente, in un’ altro pronto soccorso…mannaggia..arre’! questa volta in un altro ospedale. Erano accorsi il mio coinquilino-padrone di casa, la mia ragazza e l’istruttore della palestra. Questa volta sono sulla barella (sempre nel corridoio d’ attesa)…svengo di nuovo…‘na pezzanterra. Quando è il mio turno, dopo tutti gli esami necessari, tra cui una TAC senza contrasto, mi fanno alzare dalla barella. Io aspetto in piedi il colloquio con una dottoressa. Arrivati a un certo punto una del personale mi fa: «Che ci fa lei in piedi? Può cadere a terra da un momento all’altro!!». Alla faccia della delicatezza! Ma che ho?? A parte che la barella me l’avevano tolta loro…ma comunque. Parlo con la dottoressa agognata, del resto molto gentile. Lei mi dice che quello che mi è successo non è normale, che dovrei rimanere ricoverato almeno due giorni per accertamenti. Matrimia…e ora chi lo dice ai miei? Quelli si spaventano pure se ho mal di pancia…chiedo se è necessario avvertirli. Lei mi dice che sono maggiorenne e posso fare quello che voglio, ma, aggiunge con aria di rimprovero, «se io fossi tua madre vorrei sapere dove ti trovi in questo momento». Avendomi fatto sentire un figlio snaturato decido di avvertirli, però il mattino seguente, se no si sarebbero partiti da Trapani a notte fonda. Inizia ufficialmente il mio soggiorno all’hotel. Con il sorriso sotto ai baffi altri due medici giovani mi dicono che mi avrebbero messo in una stanza dove c’erano solo anziani. Dopo un po’ ho capito perché ridevano e quasi solidarizzavano con me. Gli anziani, oltre che parlare tra di loro dei tempi che furono, iniziarono subito, appena addormentati, il concerto sinfonico delle “arie”, per fortuna limitandosi solo al suono e non ad altre avvolgenti esperienze sensoriali. Dopo un po’ arriva un uomo sulla quarantina, recatosi al pronto soccorso per una tachicardia o qualcosa di simile. Questo non fa altro che parlare. Prima con me (che volevo solo piombare in un sonno profondo), poi con un infermiere che voleva sentirsi medico e non faceva altro che screditare le capacità diagnostiche di questi ultimi. Poi al telefono. Non faceva altro che telefonare e parlare. Parlare e telefonare. Però era simpatico, sempre meglio che i trombettisti! In tutto ciò io non avevo altro che il pensiero degli esami (universitari) incombenti.

    Il giorno dopo iniziano gli esami (medici). Ricordo ancora con piacere un medico tanto simpatico. Credeva che fossi felice e spensierato, nello stare li. Dopo il tilt test, un esame dopo il quale avresti voglia di stramazzare al suolo, mi dice: «Con questa bella dottoressa vicino come fai a essere così giù?». La dottoressa era davvero giovane e bella, ma ho il sospetto che più che farmi coraggio il suo fosse un corteggiamento indiretto, peraltro non recepito dalla stessa. Di quel momento la dottoressa è il solo ricordo piacevole. Dopo, uscita di scena lei, rimane solo lui che riprende i toni sgarbati e sbrigativi della serie “allistemune”. Dopo un altro esame che non ricordo come si chiami in cui veniva utilizzato un gel, parlando tra sé e sé, non rivolgendosi a me, dice «ccà ‘un c’è proprio nenti!». Chiedo quindi di poter avere un tampone per asciugarmi il gel che mi colava e mpiccicava in varie parti del corpo. Mi ha guardato stizzito dicendomi: «Un tampone cosa sarebbe?». Mah! non lo so, cerchi su Google! Ma la cosa divertente è che dopo averglielo spiegato, non me l’ha dato. Sono risalito in camera tutto lordo e mi sono ripulito con i fazzoletti. Dopo un giorno non vedevo l’ora che l’incubo finisse. Arriva il tradizionale giro del primario con gli specializzandi. Il capo supremo mi fa togliere la parte superiore del pigiama e mi visita. Alla vista di righe rossastre ai fianchi, preoccupato, si rivolge a qualcuno per scoprire origine, entità e causa di quelle strane macchie…finchè una specializzanda, quasi intimorita dall’ intervento che si accingeva a fare, lo tranquillizza…”sono smagliature!”.

    Insomma, per quagghiare, non avevo nulla, ero svenuto perché avevo mangiato poco. Il che per me, che lotto contro l’ipocondria sedimentata e cronica, è stato un messaggio dal cielo. Ho salutato i miei cari compagni di stanza e sono tornato a casa. L’esame l’ho fatto lo stesso e ho preso trenta.

    Ma questa mica è stata l’ultima volta che ho bazzicato per gli ospedali di Palermo. Una volta, in una guardia medica, dopo essermi seduto, prima di chiedermi cosa avessi il medico mi fa…«ha una sigaretta per caso?». Per la serie, la professionalità prima di tutto!

    Una cosa, come in tutte le esperienze, mi è tornata utile. Ho stretto amicizia online con uno degli specializzandi che, gentile, risponde ai miei dubbi amletici riguardo la salute…ci ho guadagnato no?

    Ospiti
  • 22 commenti a “Studenti e ospedali”

    1. Conoscendo la paranoia costante di noi ipocondriaci cronici, immagino cosa starà passando il povero specializzando 😀

    2. Che dire?! Messa così… verrebbe voglia di frequentari gli ameni luoghi ospedalieri solo per sorridere un po’ della variegata umanità. Allora. però, mi ritengo fortunato a non dover mai esser ricorso alle cure di un Pronto Soccorso, tranne rarissimi casi non molto problematici (tipo unghia spezzata o alito pesante! si fa per dire) tipo quando preso da lancinanti dolori al basso ventre (poi si scoprì essere un’ernia inguinale) il medico (chirurgo) di turno (mio amico) mi disse… «non è sicuramente appendicite; ti suggerisco un esame dei dotti spermatici (‘azzo c’entra? vabbe!).
      Un suggerimento: alimentati bene, riposa tanto e soprattutto… evita di cozzovigliare in aperitivi di dubbia fattura in zona mura antiche (a Palermo) con il primo genovese che passa!

    3. Questo articolo mi ricorda quella volta che ho trascorso un giorno intero su una barella del pronto soccorso… avevo delle fitte atroci allo stomaco, così i medici optarono per una flebo. Notai che nel tubicino della flebo si distinguevano chiaramente delle bollicine… essendo anch’io parecchio ipocondriaco, portai le mie preoccupazioni all’attenzione dell’infermiere di turno che, per tutta risposta, esclamò: “un ti scantari, nuautri l’avemo frizzante!”. Benvenuti al SUD! 🙂

    4. Poverino….quante ne hai paassate!!! 🙂 ahhhhhhhhhhhh 🙂 però nel leggere le tue disavventure mi sono divertita da morireeeee!!!!ahahhahaah :)io dopo le abbuffate da studente in crisi,che si abbuffa per smaltire l’ansia e nel frattempo si coccola,ho sempre avuto il terrore di finire all’ospedale più vicino in fin di vita!praticamente ciò che ti è accuduto è ciò che ho sempre temuto che mi capitasse!!!mamma mia!!!fortunatamente nn mi è mai successo e ho sempre trovato modo di riprendermi a casa grazie all’aiuto del cassettone delle medicine!!!!cmq sei stato bravo a reggere,in modo cosi’ ottimista,situazioni cosi’assurde,lontano da casetta e da mammina!!!io forse al tuo posto sarei svenuta anche per un improvviso attacco di panico :)ottima descrizione,ironica e sarcastica!!riesci a far cogliere tra le righe il tuo geniale senso dell’umorismo!!!! 🙂

    5. @alfonso: ma poi l’ esame dei dotti spermatici che esito ha dato? x l’ aperitivo hai ragione..fattura dubbissima, compagnia genovese o no! 😉
      @ciccio: questo infermiere lo voglio conoscere!eheheheh

    6. ti presenterei volentieri anche l’infermiere che mi conduceva con la sedia a rotelle nei meandri dell’ospedale! avendo entrambe le mani impegnate a spingere la mia carrozzina e dovendo contemporaneamente aprire la porta del corridoio, mi invitò gentilmente ad aprirgli la via: “cafuddraci na pirata a shta porta!” esclamò! ed io, seduto sulla carrozzina, agonizzante per un male che ancora non conoscevo, “cafuddrai” una pedata alla porta del corridoio dell’ospedale… 🙂

    7. Per uno studente la visita in un pronto soccorso è obbligatorio..ricordo il mio a Caltanissetta..un weekend all’ospedale con la neve fuori e un vicino pakistano cui durante il pranzo invitava una decina di parenti e si faceva un pranzo in famiglia con gli avanzi del vecchio dell’altro lato!

    8. Parole semplici ma d’effetto è questo quello che vedo quando leggo i post di Vito; la possibilità di vedere scene descritte accuratamente e nei minimi dettagli (anche nei dialoghi), qualche risata nel leggere le sue vicissitudini in una città, Palermo, che ha sempre qualcosa da regalare a tutti coloro che le vanno a “far visita” chi per studio, chi per l’arte, chi per…un usano shopping pomeridiano! Questo il post che preferisco (ad oggi ovviamente). Una storia “drammaticamente” vissuta riesce a suscitare immagini vere e sincere nella mente di chi legge (di solito io) e di coloro che comodamente seduti in poltrona (la mia mamma, il mio papà e il mio fidanzato) sorridono e riflettono quando le parole di Vito prendono suoni, pause, dirette egregiamente da lui, attraverso la mia voce. Cosa dovrebbe fare di più uno scrittore se non far avvicinare attraverso un suo scritto più generazioni e “incollarli” (in questo caso)al pc? L’obiettivo Vito lo ha raggiunto già da tempo…il mio commento vuole risaltare la sua naturale propensione alla scrittura… qualsiasi esperienza da lui vissuta riesce sempre a riunirci, chiudendo gli occhi raggiungiamo in un attimo luoghi e posti che con il pullman (Trapani-Palermo) si riescono a raggiungere “solo” dopo 2 ore di viaggio. Che dire?! Grazie Vito e… mia mamma mi sta chiedendo: <>

    9. (non capisco perchè non l’abbia pubblicato) comunque…scrivevo…la mia mamma mi sta chiedendo: <>

    10. A QUANDO IL TUO PROSSIMO POST? Ecco quello che mi chiede di scrivere mia mamma!!!

    11. Compiacimento ed autocompiacimento.
      L’autore ed i luoghi ad un certo punto collimano.
      In un “tutto sommato”, in un “come ho trovato”. Domani andrà meglio, i luoghi sono ameni e iddu è beddu.
      Il dolore in fondo è poca cosa, come pioggia di primavera sui vetri appena puliti.
      Non lascia traccia, all’uscita la città è come prima, forse. O più bella, per via di un trenta.
      @ Educatrice per sempre. Il prossimo ? Prova in tv, anche stasera.
      Non mancherà di certo una fiction, con la dottoressa bona ed il collega che ci prova.
      ….Ma lei ama perdutamente l’infermiere, un morto di fame, però attrante, bello, con la battuta pronta ed in fondo più intelligente ed intuitivo anche del Primario, un tipo arrogante, cattivo e presuntuoso.
      Si sposeranno alla fine, dopo una ventina di puntate. ( La dottoressa e l’infermiere intendo, mentre il Primario verrà arrestato per evasione fiscale ).
      Andranno in Africa, nella serie successiva, per salvare migliaia di bambini.
      Perchè nel frattempo è diventato medico anche l’infermiere, un eccellente medico.
      Studiando la notte.
      Dolly a caso, su un tramonto a caso. Fine.

    12. Vito mio, tutte a te capitano 🙂 la prossima volta però (spero che non ci sarà!) chiamami! 😛

    13. Mi reputo una “buona forchetta” di letture, di film e perchè no, anche di fiction…. ma sono moto esigente…Un film tratto dagli scritti di Vito, quello potrebbe piacermi ma no di certo le solite storie “copiazzate” qua e la!

    14. Mi dispiace per VCM (che ho apprezzato altre volte) ma a sto giro preferisco la graffiante sintesi di manuelo.

    15. @educatrice per sempre: grazie per i complimenti..davvero troppi ;
      @manuelo: mii, ma sei uno sceneggiatore?cmq alle fiction preferisco la vita reale, nn me ne vogliano i tv dipendenti;)
      @emanuela:sxo non capiti più, ma in caso, allora spero ricapiti nel tuo ospedale 🙂

    16. Ciao Vito, rileggendo quello che hai scritto mi è venuto in mente la mia notte d’incubo in un ospedale a Palermo. 5 febbraio 2011 avevo un esame di Filologia germanica. La sera prima appaiono nel mio corpo tanti piccoli puntini rossi, sono entrata nel panico più totale. Non volevo fare preoccupare i miei genitori e ho deciso di andare da sola. Entrai alle 20:00 (in quello sporco ospedale), mi hanno visitato alle 23:00, il risultato finale??? Mononucleosi, ho dovuto rinunciare all’esame, ho dovuto chiamare i miei genitori..Aspetta!! Aspetta!!! Non è finita qui!! Ho fatto degli accertamenti a Trapani il giorno dopo e il medico dopo pochi minuti mi disse che era un MORBILLO…NOOOOOOO!!! Da quel momento in poi non sono più andata in quell’ospedale..non ci metterò più piede!!noi ironizziamo adesso su questi accaduti..ma sono veramente disgustata da tutto questo!!

    17. anna ora hai azzeccato il post giusto 😉

    18. cmq allora vero è..a Palermo a volte la fiction coincide con la vita reale..

    19. @vitocipollamaiorana. Sceneggiatore io ? Miii maria…
      Il cinema è la vita ( v. neorealismo ed anche il moderno neorealismo “surrealista” di Sorrentino e Garrone ). Le fiction tv vorrebbero esserlo ma spesso non ci riescono, nonostante qualche buon regista. Prodotti commerciali, dove è bandito non solo il vero dolore ma anche la pietà.
      La scrittura ha molto a che fare con il cinema o con i suoi succedanei. Quindi anche questo tuo racconto.
      La macchina da scrivere ( il computer insomma ) procede infatti esattamente come la macchina da presa.
      Frasi di prosa come immagini cinematografiche.
      Per esempio, un sostantivo con aggettivo è un’immagine che si ferma un po’ più a lungo sullo schermo. Un punto esclamativo è un primo piano. Un punto interrogativo potrebbe essere un dolly.
      Sottolineature che però possono irritare come certi primi piani oziosi o come un dolly a caso.
      Il resto al prossimo post, se ne avrò voglia.

    20. sono d’ accordo con te sulle fiction..realistiche vorrebbero esserlo, ma sono un pò forzate, spesso, troppe volte.A volte queste iperboli (ma in questo caso naturali, senza la direzione più o meno magistrali di un regista) a Palermo si materializzano anche in un “semplice” ricovero all’ ospedale.Se ne avrai voglia, alla prossima 😉

    21. Tra sceneggiatori, fiction, cinema, scrittori…e chi più ne ha più ne metta… L’importante è che una storia colpisca! Alla fine la realtà è sempre alla base di tutto, ma sopratutto i pensieri che ci attraversano nel momento in cui la viviamo rendono particolare e diverso il modo di raccontare una esperienza che, chi più chi meno, abbiamo avuto tutti.
      Bravo Vito…colpisci sempre nel segno!

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