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venerdì 29 mar
  • Visione e strategia: Favorita e Festino

    La Favorita va aperta o chiusa? La domanda così posta è stupida. Se la chiudi cosa ci fai? Aperta a cosa serve? La Favorita chiusa diverrebbe uno straordinario parco urbano in una città con poco verde. Dalla Favorita si passa per andare a Mondello, il mare della città. Allora probabilmente vanno analizzati pro e contro, ed insieme vanno trovate le soluzioni per avere sia un parco urbano sia la gente che possa felicemente andare a mare. Quando prendi decisioni così importanti dall’oggi al domani, senza una discussione, senza un confronto, senza un ragionamento, il risultato è il caos, e soprattutto la nascita di due fazioni, i pro ed i contro. Quando il dato di realtà è che siamo tutti favorevoli ad una Favorita parco urbano ed alla possibilità di raggiungere Mondello senza due ore di fila, e siamo tutti contrari a rimanere imbottigliati nel traffico e ad avere pochissime aree verdi in città. Quindi occorre partire non dalla chiusura della Favorita al traffico, ma da quale città vogliamo costruire e come facciamo a costruirla.

    A mio avviso in questo conteso è mancata una visione ed un progetto, quale parco costruire, come costruirlo, quali abitudini d’uso fosse necessario modificare e quali altre fare nascere. È mancata l’idea che una città la si costruisce insieme, e si è invece affermato un modello decisionista (ed un po’ improvvisato) che ha reso più male che bene alla causa che intendeva sostenere: la chiusura al traffico della Favorita.

    Ieriho provato a porre la questione del Festino, anche in quel caso la mia idea era evidenziare l’assenza di una visione strategica. Penso di avere saltato un passaggio ed è sembrata solo la difesa aprioristica di posizioni di rendita. Spero che il paragone con la Favorita aiuti a chiarire cosa intendevo ed intendo.

    Qualunque cosa fai, soprattutto al governo di una città, devi sapere quale è il tuo obiettivo. Ha vinto la gara del Festino una società specializzata in feste, il Festino sarà una straordinaria festa. Ma in questo momento storico abbiamo bisogno di festeggiare? Io non credo. Io credo che abbiamo bisogno di ricostruire il patto sociale, abbiamo bisogno di riavviare il più possibile l’economia della città e del centro, abbiamo bisogno di sperimentare dei modelli culturali funzionali alla sola industria che possiamo permetterci: il turismo. Finanche Torino con un attento lavoro durato vari lustri, ha rivisto la sua politica industriale spostandola dall’auto al turismo. E stiamo parlando della città che ha ospitato la più importante fabbrica italiana.

    A me sembra chiaro che relativamente alle scelte relative al Festino non vi sia una visione strategica chiara, ma ho la sensazione che si vada a tentoni. A Barcellona, la Madonna della Mercè, (il loro Festino) è una festa popolare che interviene pesantemente nel tessuto economico e culturale della città. Nel Salento con la Notte della Taranta è stata presa una tradizione obsoleta ed è stata trasformata in un potente strumento economico per un territorio sempre più vasto.

    Sul fronte culturale se vuoi essere veramente internazionale devi essere estremamente locale. Un turista americano non sarà mai interessato ad un siciliano che canta e scrive come Michael Jackson. Perché hanno l’originale; ma ad un siciliano che canta e scrive come Francesco Giunta, perché in quel caso siamo noi ad avere l’originale. Il Festino di Palermo è l’unica cosa certa della città da 390° anni a questa parte. In che modo pensiamo di usare questo valore? Ieri in uno degli interventi mi si faceva notare che è positivo il fatto che avremo probabilmente uno spettacolo di giro, un prodotto preconfezionato che ha girato le principali piazze del mondo. Questo ci farebbe uguali alle altre capitali. Chi lo scriveva non capiva che se non sei in grado di rendere forte la tua identità in questo mondo sempre più competitivo e connesso, non esisti, perché sei banalmente uguale a tutti e questa uguaglianza ti schiaccia ed appiattisce. Se intendi competere nel turismo non puoi permetterlo. Se invece sei una ricca città industriale che deve intrattenere i suoi operai, se produci cose, allora uno spettacolo di giro è quello che ti serve. Soprattutto perché probabilmente sai produrre cose ma non sai produrre contenuti. Ma città come Palermo o Napoli, giusto per citarne due, sempre meno in grado di produrre cose, o alimentano la capacità di produrre contenuti o sono destinate a continuare su un rapido ed inesorabile declino.

    Un Festino che punti alla tecnologia, che sia organizzato da una delle più importanti società di eventi del mondo, che sia un prodotto commerciale uguale a Palermo ed a Singapore è quello che vogliamo? Allora il bando è fatto bene. Non capisco a quale progettualità strategica risponda, ma va bene così. Se invece pensiamo qualcosa di diverso, qualunque cosa questo sia, il bando non funziona e chi doveva pensare non ha pensato abbastanza. Tutto questo senza l’idea che i produttori di contenuto locali siano i migliori al mondo. Quanto la convinzione, ma questo appunto è la mia visione, che i nostri produttori di contenuto siano quelli di cui abbiamo bisogno per lavorare sull’identità della città e l’identità della città è il solo valore che abbiamo e che possiamo utilizzare in favore dell’economia della città. Qualcuno faceva confronti con le inaugurazioni delle olimpiadi, anche in quel caso dimostrando di confondere mele e pere. Le Olimpiadi sono un progetto identitario esso stesso, e non rappresentano la città che le ospita piuttosto la abitano e la cambiano. Se vogliamo sono esattamente l’opposto di un percorso identitario in dialettica con i luoghi.

    Per sintetizzare e senza che questo venga inteso come polemica ma solo per esemplificare cosa intendo: l’identità del Festino sono le 300000 persone che ogni anno si riversano per le strade qualunque cosa succeda. Non è la proiezione del logo del Pride sulla cattedrale. Ad un palermitano non sarebbe mai venuto in mente, perché è una cosa lontana dalla sua identità, non lo rappresenta, anche se è gay. Non a caso l’autore, peraltro sono certo in perfetta buona fede, è brasiliano. Il logo del Pride in tutto il mondo lo puoi proiettare su una chiesa e non succede nulla. Palermo invece insorge, e questo per intenderci un volto dell’identità della città, il bene prezioso che va coltivato e protetto, il distinguo da cui partire.

    Palermo
  • 8 commenti a “Visione e strategia: Favorita e Festino”

    1. Condivido il concetto base di Giovanni. Ma, prima di criticare, mi piacerebbe conoscere il progetto vincitore. Magari, in un contesto tecnologico innovativo(?) si trova una forte matrice palermitana…. Piccolo appunto: il filmato sulla cattedrale dello scorso festino é di autore italiano, non brasiliano. É di Genova e ben conosce la città di Palermo da moltissimi anni e poi ha eseguito un lavoro sotto indicazioni della direzione artistica, di matrice cittadina. Sinceramente io non contesto aprioristicamente la scelta “straniera”, contesto la cecità l’esterofilia fine a se stessa; contesto la politica degli amici degli amici; e condivido appieno la necessità di strategie che, mi spiace dirlo, non riesco a cogliere nelle politiche culturali di Palermo e dell’isola tutta.

    2. Caro giuseppe, sia chiaro io già so che sarà un festino bellissimo, e che sono tutti grandi professionisti. Non mi sono permesso di criticare nel merito (e non lo farò neache se fosse, cosa che non credo, uno spettacolo pessimo). A me interessava puntualizzare sul metodo e sul progetto generale che c’è dietro. Per il resto probabilmente dovremo tutti noi decidere di mettere mano ad un progetto per questa città oppure decidere definitivamente di andare via.

    3. Andate via!

    4. Non ho mai partecipato ad un festino di S. Rosalia,e vivo benissimo.

    5. Visione: un grande parco urbano
      Strategia: usare la visione come arma di distrazione
      Risultato: aumento dei disagi e dei rischi.
      Non è sufficiente chiudere una strada per creare un’area pedonale, e non è sufficiente interdire il traffico per creare un parco (ovvio, ma non per tutti!): dove sono le panchine, i punti di ristoro, l’acqua, il noleggio bici, le navette,le guide; come è garantita la sicurezza e la salute;chi mai andrebbe in bicicletta o a piedi in Favorita alle 16.00 a giugno?
      Ma fare un provvedimento del genere, senza assumersi le responsabilità di cosa è successo a chi doveva raggiungere un pronto soccorso rischiando la vita, è più facile che ottenere un vero presidio della polizia municipale sulle strade o riuscire a fare quello che nessuno mai ha fatto a Palermo: sincronizzare i semafori sul verde!

    6. Ciò che voglio dire e che magari nel progetto la “regia” e alcuni dello staff sono stranieri e tutte le maestranze o gli artisti di Palermo e, da un punto di vista strettamente “drammaturgico” c?é una grande assonanza con la città. Spero anche io di non vedere palloni aerostatici fine a se stessi… Ma non voglio nemmeno vedere parate improvvisate o flash mob che non hanno capo n’è coda e che nulla hanno a che vedere con storia e tradizione.

    7. Più che Viva Palermo Viva il comitato nascente avrebbe fatto meglio a chiamarsi IL FESTINO E’
      “COSA NOSTRA”. torno a ripetermi,se ci sono davvero state irregolarità non ci resta che rimettersi alla legge.che portino le carte in procura,almeno si fa chiarezza,non possiamo sorbirci la frustrazione degli sconfitti che non ci stanno a perdere anche se hanno presentato il progetto più bello del mondo che avrebbe cambiato le sorti della città. nei festini passati ho visto le associazioni,il sociale,le comunità dei migranti,la società civile,i bambini,il coinvolgimento dei disabili,le pillole di Gaetano Basile su Santa Rosalia,la chiusura di Piazza san Domenico e Piazza bologni,anche merito di Giovanni Callea che ne ha fatto parte lo scorso anno.in questo senso ha ragione lui,i Palermitani hanno dimostrato di saper fare bene. se dovesse farlo la società di Varese vedremo come sarà,nella speranza che il comune abolisca la gara europea che consente anche a Serbia,Croazia,Francia o Germania di partecipare a gare così concepite.

    8. Aggiungo che io stesso ho fortemente criticato le ultime edizioni del Festino per il metodo con il quale si sono svolte le procedure di gara,ho fortemente criticato il fatto che le piccole realtà mai avranno la possibilità di partecipare a bandi di gara così concepiti,mi piacerebbe vedere un concorso di idee per aree tematiche lungo tutto l’anno,dove vengano scelte e premiate le migliori idee anche con il coinvolgimento della popolazione,cosa che in tempi tecnologici come quelli attuali non è affatto impensabile.

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