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giovedì 25 apr
  • Italia – Azerbaijan, ovvero, odissea nel traffico palermitano

    Sabato sera: Italia vs Azerbaijan.
    Risultato: 2 – 1.

    Qualche ora prima: Gaspare Vs traffico. Risultato: 8 Km in 150 minuti

    Media: 3 Km/h ( ovvero quella di una persona anziana che ha problemi di deambulazione).

    Mi è sembrato di arrivare a casa stando fermo.

    Io non guardo mai le partite di calcio, anzi, io odio il calcio.
    Mi trovavo imbottigliato in una distesa infinita di automobili a fantasticare sulle possibili cause, arrivando perfino a pensare che il pianeta fosse stato invaso dagli alieni.

    Inizialmente attribuii la colpa ai lavori in corso per la rete tranviaria.
    Con uno sforzo pari a quello delle manovre più impegnative dell’Enterprise del Capitano Kirk di Star Trek, riesco a deviare la rotta verso la via Pitrè.

    Avverto delle strane vibrazioni, ma non provengono dal motore. Controllo il contagiri, immobile sullo stesso numero. Sono fermo e circondato da auto. Inizio a sospettare che la causa di questi strani sussulti, possa essere causata dall’automobile che mi segue e che si appoggia alla mia.

    Controllo dagli specchietti: tutto ok.

    All’ennesima vibrazione accompagnata da un rumore sordo, noto che mia figlia Havana, tre anni, seduta nel seggiolino per auto si tiene forte la pancia.

    Un brivido di terrore percorre più volte la mia schiena, alla stessa velocità con la quale vorrei guidare. Temo il peggio. Osservo Havana sperando che non mi dica ciò temo: io non ho il coraggio di chiederle nulla. Mi trovo come in un barattolo di sardine. Non saprei ne come ne dove fermarmi.

    Con le migliori delle intenzioni, prende la parola mio figlio Moreno, cinque anni: «Papà non ti preoccupare, io non la devo fare la cacca».
    Decido di far finta di niente e anche se non credo, tra le note musicali dell’autoradio, mi rivolgo ad un ipotetico Santo, protettore degli automobilisti.

    Non appena raggiungo il cimitero dei Cappuccini, imbocco via dei cipressi, quella che porta alla Zisa.
    Sono fiducioso. Presto il traffico finirà.
    La situazione invece si complica. La strada ad un certo punto si restringe, il traffico si intensifica all’inverosimile e mi trovo costretto ad un’impegnativa gincana tra vicoli e stradine che non visitavo da una vita.

    In una sorta di crisi mistica fantozziana, comincio ad avere le visioni.
    Mi trovo nel sedile posteriore di una Fiat 127 azzurrina. Sono tornato bambino e davanti ci sono mio padre che guida e mia madre che parla. Sono tornati giovani.
    Io non riesco a capire quello che dice mia madre, ma dal modo in cui mio padre, di tanto in tanto, fa su e giù con la testa, capisco che lui non ne può più.
    Io allora alito sul vetro e dopo scrivo con il dito “Ciao” con una C enorme alla quale disegno due occhi.

    Mi risveglio da questo stato di trance. Dentro l’auto, tutto sembra essere a posto. Sono al volante. Immobilizzato tra i vicoli della Zisa.
    Fuori invece sembra che tutto sia rimasto identico a quando ero piccolo.
    Identico a quando passavo da quelle parti a bordo della 127 con mamma e papà. La friggitoria con la stessa insegna e le persone che nonostante il traffico straordinario, se ne stanno imperturbabili, sedute tra il marciapiede e la strada.
    Indifferenti al traffico, allo smog, alla pericolosità della situazione ma soprattutto indifferenti al tempo che passa.
    Famiglie intere appollaiate su sedie e poltroncine, in quella porzione di strada vissuta come una zona extra del soggiorno di casa.
    L’illuminazione è lieve. Una donna anziana ha steso la biancheria su un filo appeso al muro e adesso sta spazzando il marciapiede.
    Un bambino invece, a bordo della sua bici, corre a zig zag fra le auto.
    Un coro di clacson più avanti, urla contro una seicento momentaneamente abbandonata nel centro della strada; il proprietario nel frattempo è andato a comprare pane e sigarette.

    Piano piano si riprende ad avanzare.
    In auto le note di una canzone che ha avuto un discreto successo un paio di anni fa. Una di quelle canzoni capace anche in momenti simili, di darti un pò di tranquillità: “Home Again” di Michael Kiwanuka.
    Havana mia figlia, che non dovrebbe neanche conoscerla comincia a canticchiarla e mi dice: «Papà questa è la canzone del mio compagno “OMMICHELE….OMMICHELE».

    Io riprendo a sfogliare le auto accanto a me, come se fossero le pagine di un libro.

    Vedo una punto scassata con a bordo tre 18enni con la faccia pulita, pronti a festeggiare il venerdì sera.

    Un SUV con un cinese alla guida.

    Una signora anziana molto raffinata.

    Una macchina che non rispetta il rosso appena scattato, perché è più furba delle altre.

    A un certo punto la follia.
    In via Belgio, una coppia di giovani sessantenni su una Yaris, è stanca di starsene imbottigliata in una corsia completamente intasata.
    Mettono in atto una manovra che potrebbe giustificare la pena di morte con l’approvazione dell’opinione pubblica.
    La manovra eseguibile solo se l’autovettura avesse avuto in dotazione dei propulsori AVATAR in grado di sollevarla e mantenerla sospesa per aria, compromette irrimediabilmente la viabilità.
    A quel punto succede una delle cose più spiacevoli per una donna. Il gesto più cafone che un uomo possa fare . Il giovane sessantenne della Yaris manda la sua gentile signora per strada a dirigere il traffico, nella disperata ipotesi che ciò, possa tirarlo fuori da questo disperato tetris.
    La signora tuppulia a tutti i finestrini.
    “Scusi. Siamo bloccati si può fare più avanti.”
    “Scusi. Siamo bloccati si può fare più indietro.”

    Intanto dalla Yaris il marito ha assunto un colorito pallido. Sembra essere agitato e in totale stato confusionale. Sembra che solo adesso si sia reso conto di quello che ha fatto. Teme per la propria vita perché gli sguardi della gente intorno, non promettono niente di buono.

    In seguito a delle manovre inimmaginabili e indescrivibili, roba per la quale si potrebbe vincere il Nobel per la fisica, il signore riesce a divincolarsi, approfitta degli ultimi istanti di giallo del semaforo e parte a razzo.

    La signora invece tutta intillicchiata, si trova ancora per strada. È sconvolta e se ne sta a bocca aperta, all’incrocio.
    Al suo fianco adesso c’è un ragazzo del Bangladesh che le agita davanti gli occhi un piccolo banchettino, pieno di accendini che sparano degli scoppiettanti led colorati.

    Dalle sue labbra leggo un inequivocabile «Ma mi lassò ccà??».

    8 Km in 150 minuti.
    Finalmente a casa.
    I bambini si sono addormentati.
    Li sveglio e piano piano ci avviamo verso il portone.

    Mi giro e guardo la mia auto.
    Dal vetro di dietro in controluce, mi sembra di leggere una scritta.
    Una di quelle fatte col dito dai bambini: CIAO.

    Ospiti
  • 2 commenti a “Italia – Azerbaijan, ovvero, odissea nel traffico palermitano”

    1. Articolo grandioso.

    2. nel mio piccolo, venerdi ore 20.20:
      semaforo tra viale lazio e viale campania – rotonda di viale lazio (800 metri circa): 20 minuti.
      Velocità media: 2,4 km\h

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