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venerdì 19 apr
  • Lamentarsi a Palermo

    A Palermo esiste una disciplina, un’arte che da secoli dà un senso alla vita di molti cittadini: “lamentarsi di Palermo”. Non passa giorno che le nostre orecchie non vengano sfiorate dalla vibrazione di una parola, un espressione di disappunto. Ci sono dei grandi maestri, dei cultori della lamentela quotidiana, che da “tutto porto” renderebbero Palermo “tutta lamentela”.

    Ho cercato di raggrupparli in cinque categorie, se qualcuno non si sente rappresentato me lo dica…ma senza lamentarsi.

    IL NICHILISTA
    “ il palermitano seduto al bar, in pieno orario lavorativo, che, prima ancora di deglutire il caffè, lancia un’espressione del tipo «A Palermo non funziona niente». Questo è il detonatore che fa partire il coro degli ultras che lo circondano e appoggiano, senza se e senza ma, la sua affermazione. Lui lo dice, ma in realtà, non gliene importa nulla, non fa nulla per migliorare la sua città, e forse, gli sta bene così. La sua lamentela suona come un dogma, la summa di un enciclopedico sapere sulla condizione socio-economico-culturale di Palermo. Nel corso della sua esistenza questa sarà l’unica frase che susciterà approvazione tra i suoi simili, senza dovere addurre alcun tipo di spiegazione. Palermo non funziona. Punto.

    IL GATTOPARDIANO
    Disfattista, sconfortato, triste. Lui è succube di Palermo. Diversamente dal Nichilista che ha raggiunto il punto di non ritorno, lui parla dei problemi della città, ma sa bene che le cose non potranno mai cambiare. Nelle sue parole c’è la speranza di un futuro migliore, ma i suoi occhi sono come quelli di un gatto nero cieco che deve attraversare la strada, tutto dipende da chi è alla guida. Ti racconta tutte le sue vicissitudini: dall’impiegato del comune che non sa lavorare, fino alle strisce pedonali invisibili sotto casa sua. E tu che lo ascolti non puoi fare altro che ascoltare e cercare di dargli conforto.

    IL VEGANO
    Lui non getta la carta a terra, lui non posteggia in doppia fila, lui non paga il posteggiatore abusivo, lui oblitera il biglietto sull’autobus…lui è intoccabile. Non ti accuserà mai direttamente, non giudicherà il tuo comportamento, parlerà soltanto male dei palermitani. E tu, che sei palermitano, ti sentirai in colpa, sporco, complice del dramma che stai vivendo. Il suo disprezzo per la città è giustificato dal suo comportamento ineccepibile, ma arriva sempre per tutti il momento di sbagliare.

    IL GRILLINO
    Loro si lamentano di Palermo, vivendoci; hanno il potere di accomunare nello stesso discorso, le scie chimiche e la fumata bianca dello stigghiolaro di via Basile. Contraddirli o sviluppare un pensiero giustificatorio su determinati fenomeni cittadini, sortisce lo stesso effetto del pulsante della botola dell’Enola Gay. Criticano tutto e tutti, anche chi vuole cambiare. Alla fine della discussione o ti senti come Fantozzi dopo l’incontro con Folagra oppure avverti un insolito senso di appartenenza al lato oscuro della tua città, e appena vi salutate butti a terra un pezzo di carta.

    L’EMIGRATO
    Sono coloro che hanno lasciato Palermo, non tanto per lavoro o per studio, ma solo per poterlo raccontare e fartelo pesare ad ogni discussione, dove ne esci inesorabilmente come “lo sfigato che è rimasto a Palermo”. Si manifestano come zombie, solo in alcuni periodi dell’anno: Pasqua, estate e Natale. Si dividono in due categorie: gli emigrati in Italia e gli emigrati all’estero.
    I primi, in qualche modo sono controllabili, perché alla fine l’Italia è un grande paese; ma loro sanno trovare sempre le differenze e te ne parlano modificando il loro accento, anche solo dopo una settimana di permanenza a Milano. Loro sanno di essere diversi.
    Gli emigrati all’estero sono i più temibili. Quando tornano a Palermo non sono più gli stessi, un’aura divina li avvolge, e hanno con sè il frutto della conoscenza. Di fronte a loro puoi solo tacere e ascoltare le loro parole sulla terra promessa, sull’altro mondo, mentre mangiano con occhi lucidi un pezzo di rosticceria alle 3 del mattino.

    Palermo
  • 5 commenti a “Lamentarsi a Palermo”

    1. Il problema non è che tutti si lamentano per il piacere di farlo o perché appartengano a questa o quella categoria.
      Il problema è che tutti si lamentano perché ci sono milioni di motivi per farlo.
      Sarebbe bello poter controbattere, almeno una volta, “Sì, le strade sono sporche MA questo altro servizio invece funziona benissimo” o “Sì, è vero, i palermitani sono sgarbati MA per lo meno hanno un senso civico/delle istituzioni/della legge pari a nessun altro”.
      Sarebbe bello.
      Invece ovunque ci si giri, qualsiasi argomento si tocchi… la situazione è deprimente.
      Il palermitano di oggi è costretto a vivere nel passato, a ricordare la primavera di Orlando (quando davvero il sindaco lo sapeva fare), a ricordare i bei tempi (aehm) dei Vespri Siciliani (parlo dell’esercito in città post falcone/borsellino).
      E invece di gioire per la Cala che finalmente ha un aspetto europeo (e no, sindaco, non possiamo candidarci a migliore waterfront europeo, perché vincerebbe Barcellona) non può far altro che lamentarsi, giustamente, perché la città offre un livello di vivibilità sempre più scadente.
      Forse un giorno, quando tutti ci saremo trasferiti a brancaccio, potremo godere del tram per andare alla stazione. Ma per ora, ci godiamo l’inferno dei lavori. E così via, in attesa del solito radioso futuro, sempre dietro l’angolo ma sempre irraggiungibile.

    2. @Isaia Panduri, il tuo commento potrebbe rientrare nella categoria dei “gattopardiani”. 😀

    3. Premetto che apprezzo lo stile sereno, quasi confidenziale, di Villino quando legge le notizie del telegiornale di a Tgs (tv).
      Ma questo post non riuscirei a commentarlo nei dettagli esposti, mi sembra adatto a Grand Hotel o Novella 2000.
      Comunque, se Palermo fosse realmente a questi livelli socio-culturali sarebbe un sobborgo popolato da acefali.
      Invece non si possono fare analisi sociali se non si inizia dal percorso storico, le condizioni infrastrutturali, ed economiche ( lavoro, produzione, REALI )… soprattutto se i lamenti sull’inefficienza dell’amministrazione pubblica sono gli elementi principali dell’analisi.
      Comunque, non solo i palermitani ( che non sono il centro del mondo, anzi il mondo, come ci si illude nell’isola mentale palermitana )… anche i toscani, contestatori, bestemmiatori e maledetti, e i parigini scontrosi che si lamentano sempre e per questo antipatici, li chiamano i “râleurs”

    4. 🙂 Mi vedo più come vegano, aspirante grillino. Nelle mie parole, al contrario dei gattopardiani, non c’è speranza di un futuro migliore, purtroppo, ma una semplice constatazione della triste realtà.

    5. Mi scuso qui pubblicamente con Villino, giornalista a Tgs, ho fotto un errore di omonimia, purtroppo con lo smartphone apro con difficoltà le pagine di Rosalio e ho letto velocemente solo il cognome. PARDON.
      Eventualmente, chiedo a Rosalio il moderatore di eliminare dal mio commento la premessa, per migliore chiarezza.

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