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sabato 20 apr
  • Ars amandi

    Pochi giorni fa, il 3 marzo, ho avuto il mio “battesimo dell’ARS”, la mia prima volta alla Sala D’Ercole, la sala del parlamento siciliano, all’interno di Palazzo dei Normanni a Palermo, dove si discuteva un ddl contro le discriminazioni basate su orientamento sessuale e identità di genere che, insieme a molti altri, ho contribuito a scrivere.

    L’accesso al “Parlamento più antico del mondo” è un tunnel kafkiano: entri solo su invito di un deputato; all’ingresso, in cambio di un documento, ti fanno una fotografia e ti consegnano un pass, superi il metal detector e affronti un dedalo di corridoi, cortili, gradinate per raggiungere il Gruppo Parlamentare del tuo ospite, dove ricevi un foglietto da riportare in portineria – sempre per gradinate, cortili e corridoi – dove finalmente ottieni un nuovo pass, ma di colore diverso, eh.

    E ancora scale, scalette, corridoi, uscieri e, abbandonato tutto quello che hai – cappotto, borsa, agenda, cellulare, pettine, un pacchetto di gomme, la pezzuola per gli occhiali – nuda, ti senti come Inanna che attraversa le Sette Porte per raggiungere gli Inferi infatti passi l’ennesimo corridoio, aprono una porta chiusa a chiave e finalmente sei arrivata.
    Io sono entrata che la seduta era già avviata: tra urla, risate, schiamazzi i deputati parlano di me, del mio presente e del mio futuro.

    «…Che queste persone hanno solo ed esclusivamente bisogno di niente, sono come noi» dice uno, risponde un altro che confonde “accesso ai servizi pubblici” e “accesso ai locali pubblici”:
    «Accesso ai locali pubblici e privati? Ma di che parliamo? Io vado la sera in un locale a prendere un aperitivo dove ci sono pure queste persone». [cit.on. Lentini].
    Imparo che a teorizzare la separazione tra i tre poteri dello Stato (anzi “separatezza” dice l’on. Vinciullo) non fu Montesquieu, ma tale Gianmario Francesco Pagano [Francesco Mario Pagano, illuminista e giurista napoletano che si ispirò appunto a Montesquieu ndr.] e che «I problemi veri dei Siciliani sono altri».

    Nelle infinite ore successive so che l’Italia è nella “Top ten dei Paesi per tolleranza, apertura, rispetto dei diritti civili” [classifica personalissima dell’on Figuccia jr.] e che la Sicilia è un’isola beata in cui i diritti umani sono rispettati e tutelati, che non c’è discriminazione, che i parlamentari si motivano a suon di «Amunì, picciotti, c’amu a ‘ffari?» e si domandano l’un l’altro «Chi cci ridi?».

    Imparo che le unioni civili aprono la strada al Califfato e possono esser usate da un anziano che vuole nominare erede il proprio cagnolino (on Figuccia, ancora) .

    Gli spettatori, controllati a vista che nemmeno in seconda elementare, devono stare fermi, zitti e composti e se solo accennano ad appoggiarsi a uno schienale vengono prontamente ripresi da un apposito commesso. Una tortura. È difficile stare zitti, senza poter commentare nemmeno con chi ti sta accanto sentendo castronerie di ogni tipo, unite alla semplice razionalità di chi, invece, sostiene e difende la legge. L’assemblea discute a lungo sulla differenza tra”registro” ed “elenco”. Su questa distinzione si alternano gli interventi, finché un deputato tenta una mediazione tra le parti irriducibili, proponendo di utilizzare il termine “rubrica”.
    È una norma giusta, che parla di diritti e di principi che sono alla base della civiltà, che si propone di prevenire o cancellare le discriminazioni sulle materie di competenza della Regione: scuola, formazione, uffici regionali, sanità, comunicazione, politiche del lavoro, accesso ai servizi, per tutte le persone lgbt e per tutte le coppie (eterosessuali e omosessuali). Una legge di quelle che cambiano sul serio, in meglio, la vita delle persone. Ma tutto rischia di sfumare, di essere annacquato tra mille frasi fatte e mille bracci di ferro per dimostrare di contare qualcosa. Dal disegno di legge viene cancellata l’educazione alle differenze, ovvero la valorizzazione delle differenze nei contesti educativi, che previene fenomeni di violenza, omofobia e bullismo. Ma i deputati non hano alcuna idea del significato dell’espressione, e allora pensano bene di cancellarla.
    Per fortuna dopo ore di dibattito tutti gli articoli vengono approvati, e la legge, quasi indenne, è pronta per essere approvata il giorno dopo.
    Alla fine della giornata estenuante è valsa la pena: lo spettacolo era brutto, le sedute scomode, l’audio discutibile ma ne è valsa la pena.

    Ospiti
  • 2 commenti a “Ars amandi”

    1. beh, in fondo dal tuo pezzo si capisce che sono i degni rappresentanti del popolo siciliano, niente di più e niente di meno

      per fortuna che qualcuno lassù li ha illuminati ed è passata 🙂

      un bacio
      Renato

    2. Eh sì,sono queste le priorità della Sicilia…cosa importa se mancano lavoro e sicurezza…

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