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martedì 19 mar
  • Caravaggio si è fermato a Palermo

    L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. O, se proprio non ci riesce, quantomeno prova a farli riflettere. Avrete notato anche voi un certo fermento in città, negli ultimi tempi: il dibattito palermitano viaggia sempre velocemente, da una tastiera all’altra e sulle pagine dei quotidiani. Si pone domande, attacca e difende. Stavolta, al centro dei discorsi c’è lei, l’arte. Si erano appena un po’smorzati i toni delle polemiche sulla mostra di Hermann Nitsch, quand’ecco che qualcos’altro ha acceso gli animi.

    Hanno rubato sei opere di street art di Christian Guemy, alias C215: ci ho dovuto riflettere un po’ su prima di scrivere quest’ultima frase, perché mi suona proprio male. Per definizione, la street art dovrebbe stare in strada e un furto è un po’ un controsenso, ma forse non è il caso di pretendere troppa precisione – o normalità – di fronte a un episodio come questo. Non c’è molto di “normale” nel portare via intere cassette delle lettere, mezzo portone in ferro e lo sportello di una cabina dell’Enel, ad esempio, ma è quello che hanno fatto per prendersi le opere. Ho provato ad immaginarmi la scena, ho pensato a come e quando possa essere successo: non è una cosa che puoi fare silenziosamente e mi risulta difficile credere che nessuno abbia sentito nulla, anche perché si trovavano in punti del centro storico dai quali, bene o male, qualcuno passa sempre (guarda caso era quel solito qualcuno che non ha visto nulla).

    Ma chi è C215 e che ci faceva a Palermo? Guemy aveva seguito le orme di Caravaggio, lungo un percorso che ha fatto tappa nel capoluogo siciliano: qui aveva reso omaggio al celebre pittore, realizzando un vero e proprio percorso artistico a cielo aperto. Il tutto è stato raccontato in un documentario di Isla Produzioni: questo riferimento al documentario non è casuale, perché alcune delle frasi che lo street artist ha pronunciato di fronte alla videocamera hanno assunto, oggi, un nuovo significato. «Sono sopreso dall’indifferenza della gente – ha detto – nessuno si è fermato per chiedermi cosa stessi facendo, nessuno, non una sola persona su quattro opere che ho dipinto fino ad ora si è fermata per chiedermi “Cosa fai?”».

    Della stessa indifferenza, C215 ha parlato facendo riferimento allo scarso interesse dei cittadini nei confronti di ciò che hanno intorno: «È veramente uno shock. Mi chiedo come abbiano potuto lasciare all’abbandono tante meraviglie». Paradossale scoprire che quell’indifferenza si è trasformata in un interesse estremo e “deviato”; triste realizzare che le “tante meraviglie” sono davvero date per scontate. Ma c’è anche un’altra cosa che mi ha colpita.

    In una città come Palermo, in cui troppo spesso quello che è di tutti non è di nessuno e la cosa pubblica viene trattata con superficialità, qualcosa cosa che era di tutti è stata sottratta per un interesse “individuale”. L’interesse di qualcuno che ha voluto trarne un vantaggio solo per sé, a scapito degli altri. Si potrebbe dire che non fa una piega, in un contesto in cui individualismo ed egoismo diventano due facce di una stessa medaglia. Ho chiesto a Vincenzo Allotta, autore di Isla Produzioni, cosa l’avesse fatto arrabbiare di più in tutta la vicenda e la risposta è stata semplice e significativa: «Sicuramente il gesto in sé. Per l’egoismo di uno, perde un’intera città». Ed eccolo, l’egoismo, che ritorna in modo prepotente, così come prepotente è stato questo furto. Guemy ha detto di non voler tornare più a Palermo, aggiungendo anche di essere dispiaciuto più per i palermitani che tenevano alle sue opere che per lui: operando in strada sa bene di andare incontro a episodi del genere.

    E cosa ne pensano i palermitani? Le reazioni sono concordi, la condanna è unanime, in un misto di rabbia e stupore. Personalmente, non me la sento di liquidare la questione con un «Palermo non si merita nulla». Non vorrei ridurre tutto ad una frase così retorica. Continuo, piuttosto, a osservare e pensarci su e mi ripeto la citazione che ho usato all’inizio: quasi me lo vedo, il Teatro Massimo, che guarda tutto questo e scuote un po’ la testa. Di persone, ogni giorno, ne vede passare tante. Di storie su Palermo ne può raccontare: adesso ne ha una in più, che spero non passi inosservata.

    Ospiti
  • 4 commenti a “Caravaggio si è fermato a Palermo”

    1. mamaaaa, ancuora cu stu caravaggiu, scravagghiu inzomma su sap’iddu comu si chiama????
      rosalio sto blog sta addivintannu troppo intellettualistico!!!! parramu invec’i cosi utili…. per esempio, quannu si fa a dieta è miegghiu manciari a matina pì collezione na ravazzata oppuru nu sfinciunieddu????

    2. vabbè ca stu 125 bravo è, ma però smuntare a cascia ri littri … e unni si l’appennunu nu salotto?

    3. Capisco solo ora che l’opera d’arte non è quella della prima foto (la bottiglia nella cassetta di lettera). E capisco che il palermitano ha subito trovato il modo di utilizzare lo spazio venutosi a liberare con l’asportazione dello sportello…

    4. ma io un ci capisciu nenti…. s’hann’a futtiri quattru pezz’i fierru fitusi unni ci sunnu sdisegnati quattru fimmini sdivacate
      a stu puntu uwe, me frati, si miegghiu tu lassamillu rire

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