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giovedì 25 apr
  • Palermo, città metafora della vita

    Chiunque, in Sicilia, sia siciliano o meno, rappresenti lo Stato, inteso come comunità, come interessi generali da difendere, come regole da fare rispettare a tutti, senza alcuna distinzione, è visto come “estraneo”, è considerato “strano”.

    E il Generale Dalla Chiesa, al quale è dedicata la targa posta in via Isidoro Carini, in ricordo di uno degli omicidi più eclatanti che insanguinarono le strade di Palermo negli anni ottanta, era una persona considerata “strana”.

    Non che la ricerca del favore, del privilegio, sia una prerogativa dei siciliani ma certamente tra di essi questa tendenza è ben radicata e molto diffusa, una propensione quasi “naturale”.

    Ma, al di là di questo, quello che negli anni mi ha colpito, del luogo di quel delitto, è il fatto che disti solo pochi metri da quello che per i palermitani è (era?) un autentico tempio della gola: la pasticceria F.lli Magrì, famosa, oltre che per le splendide cassate, per la “castagna” e la “patata”.

    La pasticceria si trova infatti al numero civico 42 di via Isidoro Carini, proprio a pochi metri dal luogo dove, la sera del 3 settembre 1982, furono uccisi il Generale Dalla Chiesa, sua moglie e l’uomo che guidava l’auto di scorta.

    Ogni volta che penso a questo luogo di delizie rifletto sul fatto che quella strage sarebbe potuta avvenire in qualunque altro punto del percorso dell’auto sulla quale quella sera viaggiavano il generale e sua moglie, ma il caso volle che avvenisse proprio lì, a pochi metri dalla pasticceria Magrì.

    O si deve pensare che Atropo, quando decretò il momento di quelle morti, quando decise di recidere il filo di quelle vite, scelse, oltre al tempo, anche il luogo?

    In ogni caso, in questa casuale vicinanza vedo una conferma di come a Palermo sia possibile trovare il massimo della dolcezza proprio accanto al massimo della ferocia, della crudeltà.

    Proprio come accade nella natura umana, che ci fa vedere come spesso il bene e il male siano così vicini da essere rintracciabili nella stessa persona.

    Una delle caratteristiche di Palermo è proprio il suo essere un luogo-metafora della vita: il bene e il male vi convivono infatti naturalmente.

    A Palermo è infatti naturale vedere, l’uno accanto all’altro, il turpe e il sublime, il massimo della dolcezza e il massimo della ferocia.

    Palermo è la dimostrazione visiva di come nella vita i pregi e i difetti non si trovino in due colonne distinte e separate (da una parte il bene e dall’altra il male) ma si intreccino invece inestricabilmente, dando vita ad un unico contesto, nel quale il bene e il male sono costretti a vivere assieme, nello stesso spazio, naturalmente, inevitabilmente.

    Proprio come nell’essere umano.

    (foto da Google Maps)

    Palermo
  • 2 commenti a “Palermo, città metafora della vita”

    1. Il nostro problema è che quasi giustifichiamo il marcio nominando qualcosa di positivo, cercando di “annacquarlo”. Non ne usciremo mai…

    2. io tutte le volte che passo davanti a quello che è stato scenario di una strage di mafia, non mi chiedo come mai si sia verificato li o piuttosto in una loro posto, mi chiedo perché si è verificato…..

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