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martedì 19 mar
  • Il mito Unesco della Palermo araba

    Non sono uno storico dell’arte e mi scuso quindi per involontarie imprecisioni, ma, nel silenzio di chi avrebbe più competenze delle mie per parlare, non posso non denunciare la mistificazione storica del sito Unesco “Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale” che contribuisce, nell’immaginario collettivo di cittadini, guide e turisti, a consolidare il mito di una Palermo araba cui si vorrebbe attribuire di tutto: dai monumenti del percorso alla ricetta originaria della cassata o della granita siciliana. Comprendo le ragioni “politiche” dell’Unesco nel voler ricercare un momento di convivenza pacifica tra cristiani, ebrei e musulmani che sia d’esempio per i nostri giorni, ma una certa pace e la tolleranza in Sicilia si ebbero dopo la dominazione araba, non durante, sotto i re normanni. Anche nel recente caso della spianata delle moschee di Gerusalemme l’Unesco ha pensato male di manipolare la storia per esigenze politiche contemporanee contro gli occupanti israeliani. Si può però seriamente promuovere la pace e la convivenza tra i popoli al prezzo della verità storica? Penso proprio di no.

    Per onestà intellettuale va quindi ribadito che nessuno dei monumenti del percorso Unesco sia stato realizzato durante la dominazione araba in Sicilia, ma solo un secolo dopo, una volta consolidatasi la dominazione normanna che ha voluto celebrare se stessa con monumenti che sintetizzassero, in un originalissimo stile architettonico ed artistico, le varie influenze culturali presenti nell’isola, a cominciare da quelle bizantine. La chiesa di San Cataldo, ad esempio, con le sue caratteristiche cupolette rosse (rimaneggiate nel XIX sec.) non è mai stata una moschea anche se persino rappresentanti delle istituzioni raccontano pubblicamente questa favola. Molto di quello stile che comunemente viene detto “arabo” altro non è che l’elemento orientaleggiante dell’architettura bizantina, non a caso nata e cresciuta in medio oriente a Costantinopoli/Bisanzio (l’attuale Istanbul musulmana che, salvo le cisterne e poco altro, ha rimosso ogni memoria della Roma d’Oriente, quella di prevalente cultura greca). Lo stile architettonico del percorso Unescoo è quindi innanzitutto uno stile romanico, bizantino e infine arabo più per la manovalanza artistica che per la presenza di veri architetti arabi.

    Gli arabi di prima dell’anno mille non erano portatori di una propria architettura, nomadi come erano, furono dei vettori di conoscenze pratiche (es. sistemi di irrigazione), di semi di piante da frutto (es. arance) e di altri vegetali dall’oriente, soprattutto da quella grande civiltà che fu la persiana. Salvarono dai barbari testi filosofici greci, furono esperti navigatori, studiosi della geografia, delle stelle come della matematica, ma il condizionamento del Corano dettato da Allah e quindi non interpretabile ha comportato per secoli, fino ai giorni nostri, il costante richiamo della guerra santa proselitista e problemi con la cultura scientifica e dei i diritti civili consolidatasi nei secoli in occidente. Persino Wikipedia riconosce che

    «l’architettura arabo-normanna è una definizione impropria, poiché gli arabi, nomadi per origine e vocazione, non furono mai portatori di una propria architettura, ma assimilarono la cultura mediorientale e neoellenica dei paesi islamizzati durante la loro avanzata, elaborando varie sintesi architettoniche, legate ai diversi imperi: Fatimidi, Ziridi, Aghlabidi, Abbassidi, Almoravidi ecc. che culminarono con originali tipologie in Egitto, Magreb e penisola iberica. Durante il dominio normanno, in Sicilia e nell’Italia meridionale nei secoli XI e XII queste tipologie furono sincretizzate con l’arte bizantina e romanica normanna dando luogo ad una fioritura di edifici, capolavori della scuola architettonica siculo-normanna».

    Ecco, siculo-normanno sarebbe il nome giusto del percorso Unesco, ma vediamo allora di capire il perché della resistenza di questo mito della Palermo araba felice.

    Un’illuminante lettura del libro inchiesta sull’Eni di Giuseppe Oddo, Lo stato parallelo mi ha permesso di capire, così credo, la causa profonda di tanto filo arabismo italiano. La politica estera italiana coincide nei fatti con gli interessi della nostra principale multinazionale che nell’intuizione del suo fondatore, Enrico Mattei, per ritagliarsi uno spazio d’affari tra le sette sorelle, intraprese un’inedita collaborazione con i Paesi produttori, entrando di fatto in società con questi. Dietro le simpatie di Craxi e Andreotti durante la prima Repubblica o di Berlusconi nella seconda per i regimi dei Paesi arabi produttori, c’è forse questa semplice motivazione di interessi. E, poiché non guasta mai, sopra la grammatica degli interessi regna poi la retorica ideologica di chi non avendo simpatie per Israele, per il suo alleato storico, gli Usa e per i valori cristiano-occidentali in generale, è sempre pronto a sopravvalutare le responsabilità di una parte a scapito dell’altra rinfacciando semmai le crociate come se nella contabilità delle atrocità della storia esse avessero mai iniziato o eguagliato le incursioni e le violenze subite per mano islamica come questo video ricorda. Per la cronaca, l’ultima incursione saracena a Palermo si è avuta nell’ottocento (XIX sec.) ai danni della tonnara di Mondello. Non a caso, tutte le coste del Meridione sono costellate da tanti secoli di torri di avvistamento.

    Palermo, Sicilia
  • 10 commenti a “Il mito Unesco della Palermo araba”

    1. Se quindi non è uno storico dell’arte, né evidentemente uno storico, può citare cortesemente da quali fonti ha tratto le sue conclusioni, a parte wikipedia e il libro sull’Eni?

    2. Un articolo azzardato, basato su “credo”, “penso”, “non sono uno storico”. Studi archeologici, supportati da fatti storici la sbugiardano appieno, questo articolo non ha neanche lo spessore per poter essere considerato fiaba. Non posso invitarla a rivedere il tutto perché so che tanto non lo farebbe. Lo terrò comunque a mente quando ci sarà da fare esempio dei ciarlatani che hanno libero accesso ad internet.
      Saluti.

    3. Condivido il fondo e le intenzioni dell’articolo di Donato Didonna.
      Preferirei quasi non commentare, in quanto su questo tema ci si scontra spesso con autentici caproni che ripetono luoghi comuni, falsi miti, tramandati senza nessun supporto documentale, e senza conoscenze tecniche.
      Addirittura si citano fonti di fantomatici archeologi?
      Sono proprio loro, gli archeologi seri, che a un certo punto, vista la scarsezza di resti del periodo musulmano in Sicilia, esclamano quasi sorridendo: “ammesso che i normanni fossero particolarmente inc.azzati, come mai si trovano solo rari resti del loro passaggio?”
      La risposta la danno essi stessi – gli archeologi – nel fatto che i musulmani che occuparono la Sicilia costruivano con mezzi particolarmente precari (peraltro la maggior parte, fino al 950 Ca. furono inadattabili alla vita urbana).
      Da aggiungere, per quel che riguarda i monumenti che non fecero altro che occupare abusivamente chiese cristiane preesistenti spacciandole per moschee.
      MA DEVO COMMENTARE DI SEGUITO, nonostante la presenza indisponente di alcuni, per fare un paio di precisazioni su alcune inesattezze che scrivono certi buontemponi su wikipedia o i tifosi filo arabi che ripetono luoghi comuni.
      Preciso che il falso mito, di una storia che fu dimenticata per diversi secoli fu rispolverato da due filo arabi: un falsario abate maltese del XVIII Sec. (Giuseppe Vella) e dai propositi tendenziosi di uno storico siciliano del XIX Sec. che aveva diversi conti da regolare e manipolava i fatti (Michele Amari).

    4. ALLORA:
      – In nessuna documentazione seria è certificata la presenza di manovalanza/maestranza o architetti arabi nei monumenti di Palermo in questione, tranne nelle idee verbali (luoghi comuni) tramandate senza supporti documentali. Chi ha fatto tanti anni di ricerca comparativa (sia di monumenti in occidente che in medio oriente) sa che gli elementi dei monumenti di Palermo in questione erano sconosciuti ai musulmani, a dimostrazione di una (improbabile) partecipazione alquanto fantasiosa (certamente non determinante). Peraltro, circa la metà erano partiti all’arrivo dei normanni, e, secondo lo storico Gabrieli, rimasero in prevalenza servi e contadini; qualche commerciante; ed alcuni musulmani ammessi a corte. E furono osteggiati e perseguitati in particolare dai lombardi di Sicilia, durante la costruzione dei monumenti (in particolare dal 1160).
      I normanni portarono le conoscenze dei luoghi di loro provenienza che si notano nella componente gotica e romanica dei suddetti monumenti di Palermo, stili allora diffusi nel nord della Francia: a pochi Km. di distanza dalla loro cittadina di provenienza, Hauteville-la-Guichard, per esempio, ci sono alcune chiese in stile romanico, con facciate (con le tipiche doppie torri) poi riprodotte a Cefalù e Monreale, chiese dove ci sono già anche quegli archi a sesto acuto che in Sicilia sono, talvolta, erroneamente attribuiti ad altri popoli; archi a sesto acuto poi presenti in gran numero anche nell’architettura gotica nel nord Francia, precedente ai monumenti che costruirono a Palermo. A Palermo i normanni iniziarono a costruire i monumenti inseriti nel “percorso” (a denominazione fasulla) dopo oltre 70 anni dal loro arrivo, ma avevano già conosciuto nella Sicilia orientale e in Calabria l’arte basiliana dei monaci che vi si erano rifugiati per scappare dalle persecuzioni di Leone III. Peraltro per i monumenti di Palermo impiegarono anche monaci basiliani artisti. Apprezzarono a tal punto l’arte basiliana che ordinarono di riunire 60 monasteri (di Calabria e Sicilia) in una sorta di federazione. Questo passaggio è importante per le influenze successive.
      Nei monasteri basiliani, anche in Grecia, erano tipiche le cosiddette cupolette su tetti e sul terminale delle torri campanarie (anche la torre di S M. dell’ammiraglio terminava con la cupola, e ce n’era una simile anche nella cappella palatina). I prototipi di diversi monumenti di questo “percorso palermitano” (cioè del brand fasullo) sono i monasteri bizantini.
      La cuba con abside e cupolette è bizantina.
      Quindi, i normanni coniugarono arte gotica, romanica (Cefalù, Monreale), bizantina, basiliana. Il resto sono luoghi comuni.
      Apposero su alcuni dei monumenti in questione tre elementi decorativi di ispirazione musulmana, che non hanno influenza sullo stile (un paio di scritture… chissà perché ! E una copia di muqarnas)

      2) in considerazione di quanto scritto al punto 1 non ci fu sincretismo, tranne per i buontemponi di wikipedia.

    5. Resta il fatto che Palermo è stata, è e sempre sarà NorthAfrica.

      https://s16.postimg.org/6xaklrw79/thenorthafricapalermo.jpg

    6. Yleniaf e Bix: fate bene a nascondervi dietro un nick 🙂

    7. Gentile sig. Donato mi fa piacere che finalmente qualcuno dia attenzione agli studi, ed alle pubblicazioni che da anni scrivo sull’argomento. Vedo che ne ha anche riportato un ampio stralcio: …«l’architettura arabo-normanna è una definizione impropria… ecc. Forse sarebbe stato giusto ed utile citare la fonte. Quanto ai commenti che seguono il suo intervento ci sarebbe molto da dire, ma una cosa emerge su tutte: la cultura egemone non ha mai avuto scrupoli nel falsare la verità storica per seguire i propri interessi. Così è stato negato ai Siciliani ed ai Palermitani in particolare, la paternità storica (Arte, Architettura e originali tecniche costruttive) di alcuni tra i monumenti più preziosi ed originali. Se richiesto, potrò apportare altri contributi su questo tema.

    8. Sig. Noto, della citazione virgolettata é stata citata la fonte. Sottoponga a Rosalio un suo contributo sul tema che arricchirà senza dubbio la discussione.

    9. E’ vero, Lei cita wikipedia che ha estrapolato parte di un mio articolo
      (Vittorio Noto – itinerari medievali siciliani … Mais c’est Normand!) può leggere per intero tutto il testo su internet , ed in seguito se vuole commentarlo potremo proseguire questo interessante dialogo.
      Cordiali saluti, V.N.

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