Anche a Palermo i manifesti con Matteo Messina Denaro travestito
Sono stati affissi anche a Palermo dei manifesti che rappresentano il boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro travestito da donna. Continua »
Sono stati affissi anche a Palermo dei manifesti che rappresentano il boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro travestito da donna. Continua »
È stato arrestato dai Carabinieri il boss mafioso Matteo Messina Denaro. Era nella clinica privata La Maddalena di Palermo per sottoporsi a terapie. Continua »
Quindici persone sono state fermate nell’ambito dell’operazione Abiad coordinata dalla Procura di Palermo e condotta dai Carabinieri del Ros, nelle province di Palermo, Trapani, Caltanissetta e Brescia. Le accuse sono di terrorismo e associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Continua »
Chissà cosa deve aver provato Vincenzo Agostino quando ha riconosciuto, in mezzo ad altre due comparse, quell’uomo dal volto deturpato che nel luglio del 1989 venne a cercare a casa sua il figlio Antonio.
Non è mai semplice descrivere le emozioni ed è ancora più difficile quando bisogna parlare di quelle provate per 27 lunghi anni, durante i quali nessuno è stato in grado di dire ad un padre il perché suo figlio fosse stato ucciso e, soprattutto, chi fosse stato a volere che quel grilletto venisse premuto. Il signor Agostino non ha perso solo un figlio, ha perso tutto ciò che la vita può regalare di bello ad un uomo: ha perso la possibilità emozionarsi vedendo suo figlio diventare padre e lui nonno, ha perso la possibilità di vedere crescere suo nipote e di raccontargli ed insegnargli cosa la vita non dovesse essere. Probabilmente il signor Agostino ha pensato a tutto ciò quando venerdì scorso è stato chiamato a riconoscere nell’aula bunker dell’Ucciardone in un confronto all’americana l’uomo chiamato “faccia da mostro”, non dimenticando il dolore che l’ha accompagnato per tutti questi anni. Continua »
Trent’anni fa come oggi si apriva il maxiprocesso a Cosa nostra e quello fu un giorno indimenticabile per Palermo e per l’Italia. Seicento giornalisti giunti da ogni dove erano pronti a far conoscere al mondo intero quello che sarebbe stato considerato il più grande processo penale celebrato nella storia della lotta alla criminalità organizzata. Nell’aula bunker dell’Ucciardone sedevano 474 imputati e circa 200 avvocati difensori, a rappresentare l’accusa erano stati nominati i pubblici ministeri Giuseppe Ayala e Domenico Signorino. Continua »
Sono passati nove anni da quando Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo don Vito, ha rilasciato un’intervista al settimanale Panorama in cui ripercorreva la storia dei rapporti del padre con Bernardo Provenzano e si apprestava a scoperchiare il Vaso di Pandora dei famosi legami fra pezzi dello Stato ed esponenti mafiosi che hanno annerito la storia della stagione stragista, e non solo, del nostro Paese. Massimo Ciancimino è tornato a parlare nell’aula bunker dell’Ucciardone davanti alla Corte di Assise di Palermo e ai pm della trattativa (Di Matteo, Teresi, Del Bene e Tartaglia) di quei patti scellerati, dei rapporti del padre con Bernardo Provenzano e con l’ex premier Silvio Berlusconi e del misterioso signor “Franco”, in un processo che mira ad accertare le responsabilità di chi è accusato di aver aperto un dialogo con Cosa nostra per far cessare la stagione delle bombe degli anni ’90. Continua »
Le società non vanno solo in una direzione, magari quella del progresso civile ed economico, ma possono andare in quella contraria come nel nostro caso, sia se pensiamo a Palermo oppure alla Sicilia o all’intero Paese. Sembra che ci sia una volontà implicita, inconfessabile, di andare a sbattere rovinosamente perché siano poi fatalmente le circostanze a costringerci a fare ciò che responsabilmente andava fatto ieri o, forse, ancora oggi. Responsabilità in primo luogo di chi ha avuto o tuttora ha tra le mani le leve del potere, in primo luogo, ma anche, in secondo luogo, di chi quelle leve ha affidato alle persone, evidentemente, sbagliate.
Ad un ragazzo che abbia una minima possibilità di giocarsi i suoi talenti fuori (da Palermo, dalla Sicilia o dall’Italia) non esiterei a consigliare oggi di andare via: se le cose dovessero migliorare si può sempre tornare, ma se non dovessero migliorare non augurerei a nessuno di sprecare qui i suoi anni migliori. Continua »
C’è un comunicato inquietante del Sindacato Italiano Appartenenti Polizia che lancia l’allarme sul possibile smantellamento della Catturandi, la sezione della Squadra mobile di Palermo che dà la caccia ai latitanti di Cosa nostra. Continua »
È stato arrestato dalla Squadra mobile di Palermo in un appartamento vicino a Villa Sofia il latitante Francesco Di Fresco, 53 anni.
Di Fresco era latitante dal ’95 e sarebbe affiliato al mandamento di corso dei Mille-Brancaccio. Viene indicato dagli investigatori come uno dei cinque latitanti di Cosa nostra più pericolosi a Palermo.
Ieri erano stati arrestati due uomini che avrebbero favorito la latitanza di Gianni Nicchi.
AGGIORNAMENTO: il video.
I ministri dell’Interno e della Giustizia Roberto Maroni e Angelino Alfano, ieri a Palermo per il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza e a Corleone per l’inaugurazione della Bottega dei Sapori e dei Saperi della Legalità in un bene confiscato a Bernardo Provenzano, hanno illustrato i successi conseguiti nella lotta alla mafia.
Maroni ha detto che in due anni sono stati catturati 6483 latitanti tra cui 26 dei 30 super latitanti ritenuti i più pericolosi. La media di catture di mafiosi al giorno è di otto. Sono stati sequestrati 32799 beni per un valore di circa 15 miliardi di euro.
Alfano ha dichiarato: «I risultati del contrasto alle mafie sono straordinari: è stato approvato il più grande sistema normativo contro la criminalità organizzata dai tempi di Falcone e lo abbiamo fatto senza che il giorno prima vi fosse stata una strage». I detenuti in regime di carcere duro (41 bis) sono 681, tra cui tre donne.
Si è appreso ieri che un poliziotto della Catturandi è stato trasferito da Palermo dopo aver ricevuto minacce.
Gli esponenti del centrosinistra hanno evidenziato che si tratta di successi da attribuire agli inquirenti e alla magistratura.
Berlusconi: «La mafia italiana risulterebbe essere la sesta al mondo, ma guarda caso è quella più conosciuta, perché c’è stato un supporto promozionale che l’ha portata ad essere un elemento molto negativo di giudizio per il nostro paese. Ricordiamoci le otto serie della Piovra programmate dalle tv di 160 paesi nel mondo e tutta la letteratura in proposito, Gomorra e il resto…» (da Corriere.it).
Infatti, ecco un pò di “supporto promozionale” e di “letteratura” in proposito.
Anni ’70
* Mauro De Mauro (16 settembre 1970), giornalista.
* Pietro Scaglione (5 maggio 1971), procuratore capo di Palermo.
* Antonino Lo Russo (5 maggio 1971), autista di Pietro Scaglione.
* Giovanni Spampinato (27 ottobre 1972), giornalista de “L’Ora” e de “L’Unità”.
* Gaetano Cappiello (2 luglio 1975), agente di pubblica sicurezza.
* Giuseppe Russo (20 agosto 1977), tenente colonnello dei carabinieri.
* Carlo Napolitano (21 novembre 1977), presunto guardiaspalle del boss di Riesi, Giuseppe di Cristina.
* Giuseppe di Fede (21 novembre 1977), presunto guardiaspalle del boss di Riesi, Giuseppe di Cristina.
* Peppino Impastato (9 maggio 1978), giovane attivista politico e speaker radiofonico di Cinisi, in provincia di Palermo.
* Antonio Esposito Ferraioli (30 agosto 1978), cuoco.
* Calogero Di Bona (28 agosto 1979), maresciallo ordinario in servizio presso la casa circondariale Ucciardone di Palermo.
* Filadelfio Aparo (11 gennaio 1979), vice Brigadiere della squadra mobile di Palermo.
* Mario Francese (26 gennaio 1979), giornalista.
* Michele Reina (9 marzo 1979), segretario provinciale della Democrazia Cristiana.
* Carmine Pecorelli (20 marzo 1979), giornalista.
* Giorgio Ambrosoli (12 luglio 1979), avvocato milanese liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona.
* Boris Giuliano (21 luglio 1979), capo della squadra mobile di Palermo.
* Cesare Terranova (25 settembre 1979), magistrato.
* Lenin Mancuso (25 settembre 1979), maresciallo morto insieme a Cesare Terranova.
La Commissione nazionale “Ricompense” della Polizia di Stato ha deciso la promozione al grado superiore «per meriti straordinari» degli agenti della sezione Catturandi della Squadra mobile di Palermo. A novembre e a dicembre la Catturandi ha arrestato i boss mafiosi latitanti Domenico Raccuglia e Giovanni Nicchi.
Il vicequestore aggiunto Mario Bignone, dirigente della sezione, sarà promosso primo dirigente e i 55 poliziotti che hanno partecipato alle catture passeranno al grado superiore dopo la ratifica del consiglio di amministrazione della Polizia di Stato.
Giovanni Nicchi, uno dei latitanti di mafia più pericolosi, è stato arrestato a Palermo in via F. Juvara.
AGGIORNAMENTO n.1: arrestato anche il boss dell’Arenella Gaetano Fidanzati a Milano.
AGGIORNAMENTO n.2: il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha commentato: «La cattura di Gianni Nicchi, ultimo grande latitante palermitano ancora libero, è un grandissimo successo che testimonia l’incessante impegno delle forze dell’ordine. Ora puntiamo al boss trapanese Matteo Messina Denaro. […] Nella lista dei trenta latitanti più pericolosi, se continuiamo così, non resterà più nessuno».
AGGIORNAMENTO n.3: il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha commentato: «Due colpi straordinari».
Il ministro dell’Interno Roberto Maroni ha dichiarato: «Manca solo Messina Denaro. Sono risultati che fanno giustizia delle farneticazioni di questi giorni e trovo offensivo che qualcono parli di arresti a orologeria».
AGGIORNAMENTO n.4: video da C6.tv dell’arrivo in Questura.
AGGIORNAMENTO n.5: video di Nicchi portato via dalla casa dove era latitante.
AGGIORNAMENTO n.6: Nicchi aveva tentato la fuga dal pozzo luce della palazzina in cui si trovava. Il questore di Palermo Alessandro Marangoni ha dichiarato: «Nel covo in cui si nascondeva Nicchi abbiamo trovato materiale interessante. La perquisizione ha dato buon esito, anche se si trattava di un nascondiglio provvisorio che il boss stava per lasciare».
AGGIORNAMENTO n.7: video della Questura di Palermo.
AGGIORNAMENTO n.8: Giovanni Nicchi in Questura.
Sono trascorsi 17 anni dalla strage di via D’Amelio e ieri ho letto sulle agenzie che i palermitani che hanno preso parte alle manifestazioni erano “pochissimi”. Oggi l’Italia intera si convincerà che questa è una città irredimibile, che a un palmo dal nostro culo può crollare il mondo. Una città dove le panelle si impastano col cinismo, dove il tira a campare è la bibbia, dove triste è il popolo che ha bisogno di eroi e che ci possiamo fare se questo Borsellino non si faceva i cazzi suoi.
Ora, con tutto il rispetto, io credo che questa sia una lettura superficiale della realtà, una di quelle letture “politicamente corrette” che finiscono col diventare l’intepretazione standard che scatta come un meccanismo automatico bene oliato. Continua »
L’asta relativa alla tenuta dello Zucco di Carini della Solitano s.p.a. che doveva tenersi venerdì scorso è stata sospesa.
Il proprietario terriero Galioto aveva eccepito l’inclusione di particelle di sua proprietà tra quelle messe all’asta in una lettera pubblicata su la Repubblica Palermo.
La tenuta, in cui è morto il duca d’Aumale Enrico d’Orléans, dove portava a pascolare le pecore don Agostino Coppola (parroco di Carini più volte condannato), che ha ospitato latitanti ed è stata sede di summit mafiosi, si estende per 147 ettari e comprende un castello, un baglio, rustici, magazzi e stalle. Le due precedenti aste giudiziarie (il bene è stato requisito e posto all’incanto per un debito) sono andate deserte. Il prezzo base previsto era di tre milioni di euro con rialzo minimo di 50 mila euro.
Il palcoscenico è diviso in due longitudinalmente. Sulla destra c’è un tavolino scuro e una sedia. Sul tavolino c’è una lampada di stile antico, un blocco di carta, un bicchiere pieno di penne, Un telefono cordless.
A sinistra c’è un tavolino bianco laccato, una sedia anche quella chiara. Sul tavolo c’è un modellino della Statua della libertà, carta, un sopramobile baggiano, una lampada di stile moderno. In scena, a destra, entra un uomo in pantaloni e maniche di camicia. Si avvicina al tavolo, si siede. Accende la lampada. Prende in mano il telefono e compone un numero. Dall’altro lato si sente suonare un telefono. Entra in scena una donna in jeans e felpa, pantofole a gattoni ai piedi, un asciugamani avvolto in testa a turbante. Continua »
Ebbene sì: una nuova primavera elettorale ci attende.
Nuova? Insomma. Le solite facce, le solite critiche, la solita superficialità.
Io non voglio però soffermarmi sulla superficialità dell’elettore attivo: di questa si è scritto e si è detto tanto negli anni passati (ops, mesi): e poi spero che le tante manifestazioni cittadine, le testimonianze nelle scuole e gli arresti di grandi latitanti, abbiano smosso le coscienze e fatto capire all’elettore che la scelta è responsabilità, e sta tutta nelle sue mani.
Per una volta, vorrei che immaginassimo di essere dall’altra parte: io mi porto alle elezioni.
Inutile raccontare a tutti coloro che vivono la città di Palermo, quali siano i metodi propagandistici utilizzati da me, candidata: giganteschi manifesti, con la mia bella faccia sorridente e rassicurante, magari una di quelle dove sembro anche più bella e più giovane; discorsi, discorsoni nelle piazze e dentro i bar, prometto una svolta solo se vengo (ri)eletta.
Pubblicizzo il mio nome, a destra e a manca, per tutta la città. Ovunque devono sapere che mi sono candidata: da Tommaso Natale a Brancaccio, dalla Statua a alla Stazione, almeno un voto l’a pigghiari.
E intendo farlo con le parole, perché i gesti arriveranno quando sarò salita. Perché chi mi vota, deve avere fiducia in me, nei miei colori, nei miei blablabla.
Io attacco manifesti, anche se non conosco la realtà di quel quartiere; lì nessuno mi ha mai vista e forse mai mi vedrà ma tanto sempre elettori sono, a votare ci devono andare.
No. Non è così che deve andare. Continua »
È stato arrestato stanotte dai Carabinieri Enrico Scalavino, 36 anni, ritenuto esponente di spicco della famiglia mafiosa di corso Calatafimi e accusato di associazione mafiosa, narcotraffico ed estorsione. Scalavino era considerato uno dei 100 latitanti più pericolosi ed è stato arrestato dopo un inseguimento.
AGGIORNAMENTO: il tenente colonnello dei Carabinieri Jacopo Mannucci ha dichiarato che «Scalavino era il collettore del racket del pizzo a Palermo». Il covo è stato individuato e perquisito. Scalavino stanotte a Cruillas avrebbe scambiato i Carabinieri che lo hanno arrestato, armati e incappucciati, per killer della mafia.
Qualche settimana fa un commentatore di Rosalio diceva che si parla sempre di mafia su queste pagine. A me sembra che se ne sia parlato poco e che noi “autori” (non tutti, ma sicuramente io) abbiamo contribuito a rappresentare una città in cui i cittadini si dedicano soltanto a innocue attività quali mangiare rosticceria, azzuffarsi sugli errori di Zamparini e fare shopping in nuovi megastore, mentre viviamo in un posto dove la politica (nel senso più ampio possibile) e l’economia sono marce dentro, dove migliaia di persone sono condannate alla miseria e all’ignoranza, dove i giusti e gli onesti sono tenuti a bada dalla minaccia di violenza o semplicemente zittiti per sempre. In questa città ad andare per la propria strada, in qualsiasi attività, sia essa commerciale o filantropica, si rischia sempre di finire peggio di come si è iniziato. Continua »
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