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Sito: http://www.siciliamoderna.it/

e-mail: donato.didonna@libero.it

Biografia: Nato a Bari nel 1956, laurea in Giurisprudenza, moglie e due figli palermitani doc.
Dal 2003 lavora come amministratore e/o partner di società operanti - tra Milano, Bari e Palermo - nel settore immobiliare commerciale (GDO), nella consulenza finanziaria, nell'M&A (fusioni e acquisizioni) e nel settore della comunicazione.
In precedenza, ha lavorato per vent'anni - tra Palermo, Roma e Milano - prima per un importante gruppo bancario italiano e poi per uno olandese, facendo comunque sempre il pendolare con Palermo, sua città d'adozione.
Dopo essersi domandato invano, per parecchi anni, perché in un posto dove si potrebbe vivere bene, in termini sia civili che materiali, ci si rassegni invece - perlopiù - a sopravvivere, nel settembre 2004 ha cominciato a scrivere come blogger ciò che avrebbe voluto leggere sulla stampa locale.
Dopo la teoria, ha cominciato a promuovere, in società con altri siciliani di buona volontà, emblematiche iniziative extraprofessionali nei settori dei beni culturali, dell’agricoltura di qualità, della finanza etica ecc., senza curarsi che il maggiore affronto, per una certa mentalità arcaica locale, è dimostrare con i fatti che un cambiamento, volendo, è possibile.
Forte di queste esperienze, nel settembre 2010, ha pubblicato il libro: Ecco come. Cambiare la Sicilia in 10 mosse riprendendo, in forma organica e aggiornata, idee e proposte già pubblicate negli ultimi anni su Rosalio.

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Donato Didonna
  • La madre di tutte le battaglie

    Condivido così pienamente i tre quesiti referendari, sui quali venerdì 25 aprile si raccoglieranno le firme in più di 400 piazze d’Italia, che, oltre ad aderire all’iniziativa, darò anche una mano a raccogliere materialmente le firme al banchetto che sarà allestito a piazza Castelnuovo:

    1. abolizione dei finanziamenti pubblici all’editoria;
    2. abolizione dell’Ordine dei giornalisti;
    3. abolizione della legge “Gasparri”.

    Il perché è presto detto, anzi ridetto (in queste pagine): la stampa risponde sempre meno, salvo qualche rara eccezione, all’esigenza di fornire ai cittadini un’informazione indipendente e orientata esclusivamente al bene comune della società, mentre risponde – soprattutto attraverso l’omissione di ciò che un giornalismo coscienzioso dovrebbe dire e non dice – sostanzialmente agli interessi degli inserzionisti (attraverso la pubblicità pagata dalle grandi imprese e dalla pubblica amministrazione) o della classe politica che la finanzia (attraverso la legge sull’editoria). Se la colpa sia più dei giornalisti o degli editori e dei loro direttori responsabili, è questione secondaria. Continua »

    Palermo
  • Ludi cartacei

    Uno dei pregi del sistema elettorale vigente per le politiche è che ci ha risparmiato la vista di un bel po’ di manifesti – selvaggi o meno – così come di “santini” buttati per terra (unico esempio concessoci di politica dal…basso).

    Altro vantaggio è quello che, mancando il voto di preferenza, manca anche la compravendita del voto.

    I leader dei due principali schieramenti, assieme a quelli dei partiti minori, hanno infatti potuto decidere autonomamente la composizione del prossimo Parlamento, alla faccia del principio costituzionale di rappresentanza.

    I “signori delle tessere” pretendono di gestire il voto “inerziale”, quella rendita di posizione di cui godono sull’abitudine di molti ad andare a votare per…partito preso, comandati da una sorta di riflesso condizionato.

    Le elezioni gestite da costoro, un gioco di puro potere personale che mortifica lo spirito vero della democrazia, meritano davvero la sprezzante definizione mussoliniana di “ludi cartacei”. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Ecco come (10): circolazione dell’informazione e della conoscenza

    “Where the press is free, and every man able to read, all is safe”, Thomas Jefferson (1743-1826). È incredibile l’attualità del pensiero di uno dei più autorevoli padri della rivoluzione americana circa il ruolo salutare, in una democrazia, di una informazione indipendente. Come potremmo tradurre oggi questa citazione? Penso così: “Laddove stampa e TV non fossero pienamente indipendenti, ma l’informazione potesse comunque circolare liberamente in rete, la democrazia è al sicuro, a condizione di una diffusa alfabetizzazione digitale della popolazione”.

    Può mai essere veramente indipendente dal potere politico e/o da quello economico un mezzo di informazione il cui bilancio dipenda dai contributi della legge sull’editoria e dalla pubblicità degli enti pubblici e delle imprese? Continua »

    Sicilia
  • Ecco come (9): efficienza della pubblica amministrazione

    I dipendenti della Regione Siciliana sono circa 16.000 con un rapporto dirigenti/dipendenti pari a 1/6-7: un esercito di ufficiali! Le retribuzioni, conseguentemente, ammontano a varie centinaia di milioni. Mi chiedo: rappresentano un costo o un investimento? Il personale regionale vale, in termini di qualità dei servizi resi, il suo costo o siamo solo in presenza di un gigantesco “stipendificio”, di una mera redistribuzione di redditi nella società? Sono domande oneste, senza pregiudizi o intenti polemici o demagogici, cui è importante dare (e darsi) una risposta. Costo o investimento? Il personale della Regione è da ascrivere allo “stato patrimoniale” o al “conto economico”?

    La mia idea è che anche se, innegabilmente, rappresenti un costo pubblico, il personale regionale potrebbe sempre più diventare un investimento. Come? Conoscendo e valorizzando in termini più moderni tale “capitale umano”.

    Una delega tipica degli enti locali è quella al Patrimonio e l’utilità della funzione di gestione delle risorse materiali è a tutti evidente: perché non creare allora anche un apposito Assessorato alle Risorse Umane? Continua »

    Sicilia
  • Ecco come (8): qualità dell’ambiente

    Perché il territorio siciliano possa essere un giorno internazionalmente riconosciuto per la qualità del suo mare e dell’ambiente rurale e urbano, con tutte le positive ricadute del caso, è necessario che si prenda collettivamente coscienza dell’insostenibile leggerezza di tanti nostri comportamenti quotidiani. L’industria energetica, quella automobilistica, quella chimica legata ai prodotti domestici di largo consumo, ecc. ne hanno già da tempo preso consapevolezza e reindirizzato i loro business verso produzioni sostenibili per l’ambiente. La sostenibilità crea consenso e fa vendere (peraltro non ci sono altre alternative nel medio-lungo termine). Chi volesse “vendere” il prodotto Sicilia, come territorio caratterizzato da qualità ambientale, potrebbe contare perciò su buoni indici di ascolto.

    Poiché la mancata industrializzazione della Sicilia, nonostante il fiume di miliardi spesi dal dopoguerra, oggi rappresenta quasi un’opportunità, visto che gli insediamenti manifatturieri emigrano verso i paesi emergenti mentre le ricadute ambientali negative dell’industrializzazione (inquinamento, piogge acide, ecc.) riguardano quasi esclusivamente i poli petrolchimici siciliani e quindi una parte comunque contenuta del territorio, il discorso si riduce, per modo di dire, all’ottimizzazione del ciclo delle acque, di quello dei rifiuti e al contrasto dell’inquinamento atmosferico e acustico urbano. Continua »

    Sicilia
  • Pistorio for president

    Pasquale Pistorio

    Si dice comunemente che la Sicilia è stata – e forse lo è tuttora – il laboratorio politico d’Italia. Qui, dal Milazzismo sino al “61 a 0”, si è sperimentato di tutto e di più. E molte di queste esperienze e formule politiche sono state poi trasferite a livello nazionale. I prossimi 90 giorni previsti per l’elezione del nuovo presidente della Regione potrebbero rappresentare allora l’occasione di una nuova sperimentazione, magari migliore.

    Si dice che la politica sia la scienza del compromesso. Io penso che ci sia un limite a tutto, soprattutto ai compromessi: nella politica siciliana il limite della decenza è stato oltrepassato ormai da tempo. Mi piacerebbe, perciò, veder avanzare dal basso, al di fuori del gioco dei partiti, una candidatura autorevole per la presidenza della Regione Siciliana. Ne propongo una: quella di Pasquale Pistorio. Continua »

    Sicilia
  • Ecco come (7): ricerca pura e applicata

    La conoscenza è una grande risorsa, capace di sostenere un’economia moderna, che presuppone un’unica fonte: il cervello. Poiché i cervelli esportati rappresentano una delle più apprezzate voci del Made in Sicily, perché non incentivarne il rientro per un’utile valorizzazione? Non voglio ripetere concetti già espressi su queste pagine, ma riallacciarmi al filo conduttore del mio ragionamento (secondo cui una visione di sviluppo in Sicilia incentrata sul concetto di qualità della vita non può, oltre che soddisfare la vista, il gusto, l’olfatto, ecc., non stimolare adeguatamente anche il cervello) per lanciare una nuova provocazione. Gli ingredienti sono: i cervelli, i soldi, una struttura gestionale meritocratica e un’idea di business.

    La Regione potrebbe prendere un asset di un certo valore del suo patrimonio, ad esempio una partecipazione come quella detenuta nel Gruppo Unicredit, metterlo sul mercato e con il ricavato investire nel medio-lungo termine nel campo della ricerca pura ed applicata. Le partecipazioni della Regione Siciliana e della Fondazione Banco di Sicilia (che fa capo ad enti pubblici locali) nella holding Unicredit valgono un miliardo di euro circa. Continua »

    Palermo
  • Ecco come (6): cultura d’impresa

    Penso che le cause del sottosviluppo in Sicilia abbiano principalmente una natura culturale. Esiste invece un malinteso convincimento secondo il quale esse originino dalla povertà spesso in associazione ad un intramontato luogo comune ideologico secondo cui l’impresa produttiva sarebbe lo strumento capitalistico principale per lo sfruttamento del lavoro. L’impresa deve essere invece intesa come il luogo eletto per la produzione di ricchezza. Il luogo dove convergono lavoro, scienza, tecnologia, cultura gestionale e capacità organizzative e commerciali.

    Nelle aree sottosviluppate l’invocazione fondamentale è quella che contempla la venuta di un “qualcuno” dall’esterno che venga ad insediarsi per promuovere ricchezza e sviluppo (quando non si invochino direttamente i soldi da Roma: “La Finanziaria ha dimenticato la Sicilia”). Nelle aree sottosviluppate difficilmente la promozione del sistema produttivo è indigena. In Sicilia si riscontra una diffusa presenza di soggetti tesi ad offrire lavori fittizi ed organizzare tutte le varie forme di precariato, con esse perpetuando una cultura assistenziale (e perciò stesso parassitaria) rivolta ai giovani. Piuttosto che rimuovere gli ostacoli di natura burocratica e mettere in campo politiche complessive di sviluppo, la stessa politica regionale promuove società tese a rendere strutturale il precariato e ad utilizzare gli associati quali clientes permanenti del potere. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Ecco come (5): giacimenti culturali

    Il concetto di “giacimenti culturali” è stato coniato qualche anno fa e rende bene l’idea che l’Italia è un Paese povero di materie prime, ma ricco di monumenti, opere d’arte e bellezze paesaggistiche e naturali che, come ha sottolineato l’attuale Presidente di Confindustria, i “temibili” cinesi, a differenza di molti prodotti industriali, non potranno mai imitare. Rappresentano quindi un vantaggio competitivo da sfruttare con intelligenza. La Sicilia, se non ricordo male, di questo patrimonio nazionale detiene il 20% circa (che fortuna: il 9% scarso della popolazione si ritrova quindi tra le mani il 20% di una risorsa strategica in questo millennio!). Come si potrebbe gestire in modo più adeguato ai tempi? Penso ad una soluzione a costo zero per le casse della Regione.

    Partendo dal presupposto che al settore pubblico competa soprattutto la difesa e la conservazione dei beni culturali a favore delle generazioni attuali e future mentre la loro fruizione non deve necessariamente essere gestita, pur con le dovute condizioni di garanzia, dallo stesso settore pubblico, si potrebbe indire una gara internazionale per individuare uno o più gestori del suo patrimonio culturale, riservandosene l’indirizzo e il controllo e ricevendo in cambio una congrua royalty. Il gestore, in regime di concessione, dovrà investire nella professionalità e nell’orientamento all’utente di tutto il suo personale (gli orari saranno previsti in funzione delle necessità dei visitatori e non della comodità di chi ci lavora, come si è preteso fare sinora) e nelle tecnologie multimediali funzionali alla migliore comprensione e valorizzazione dei beni culturali. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Ecco come (4): turismo di qualità

    “Potremmo vivere di turismo” è il luogo comune dei siciliani che non hanno la più lontana idea di come viene vista la Sicilia dall’esterno. Mi capita abbastanza frequentemente di fare da guida ad amici di altre regioni o stranieri che vengono a visitare la Sicilia o anche, più semplicemente, di predisporre per loro degli itinerari redatti in base al tempo che intendono trascorrere nell’isola, alla stagione e ai diversi gusti e interessi. Mi ha sempre colpito registrare, alla loro partenza, reazioni opposte. Quelli che assisto personalmente (prelevandoli all’aeroporto, conducendoli in auto per strade meno trafficate, portandoli in giro per monumenti seguendo percorsi particolari e scegliendo oculatamente tempi, luoghi, tragitti, ristoranti degni della licenza, ecc.) al momento della partenza, con un tantino di sincera invidia, mi dicono: “vivi in un paradiso!”. Quelli invece che si avventurano per proprio conto, prima di ripartire, mi chiedono sconcertati una sola cosa: “ma come fai a vivere in quest’inferno?”. Il problema/opportunità del turismo in Sicilia è tutto qui. La Sicilia, salvo che per qualche yacht in transito o per alcune dimore per vip nelle isole minori, non rientra tra le prime dieci destinazioni in Italia del turismo di fascia alta, nonostante le sue innegabili potenzialità. Come in un circolo vizioso, sappiamo attrarre (salvo poi lamentarcene) solo turismo “mordi e fuggi” oppure tentiamo una competizione, persa in partenza per via dei prezzi, con mete turistiche “low cost” (Tunisia, Croazia,…). Il nostro mercato potenziale va riorientato verso la fascia medio-alta, con un’adeguamento delle idee strategiche, delle strutture ricettive, dei contenuti dell’offerta e della professionalità degli operatori. Il c.d. “turismo relazionale” potrebbe da subito trasformare in un’opportunità imprenditoriale ed occupazionale la situazione in cui attualmente versa l’offerta turistica di qualità, colmando, in termini di servizio, molte delle lacune socio-ambientali. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Ecco come (3): agricoltura e zootecnia di qualità

    Oggi disponiamo in abbondanza di prodotti agricoli, magari belli e grandi da vedere, reperibili tutto l’anno dal fruttivendolo, ma che non hanno più l’originario sapore. La mia generazione detiene la memoria di sapori (di frutta, verdura, ortaggi, ma anche della carne, sia bianca che rossa o del pesce non di allevamento) che i nostri figli e nipoti non apprezzeranno mai più e dico “apprezzeranno” perché chi ha avuto la fortuna di provare la differenza sa che siamo oggi più ricchi di prodotti belli come oggetti di plastica, ma poveri di identità di sapore e spesso integrati con i più improbabili additivi chimici.

    Siamo tutti vittime di una planetaria tendenza all’omologazione dei sapori, importati attraverso semi selezionati magari in Olanda o Israele, o attraverso concimi o mangimi di produzione industriale. La memoria dell’originario sapore di una banale salsa di pomodoro o di una ciliegia (che un tempo poteva riservare anche un bruco) è destinata a morire con la mia generazione per lasciare spazio, definitivamente, al gusto agroindustriale omologato, grazie all’uso (e all’abuso) di acqua, fertilizzanti chimici e ormoni (vegetali e animali). A meno che non pretendiamo, come consumatori (e aiutiamo i nostri figli a scoprire), prodotti, forse meno grandi, colorati e belli da vedere, ma saporiti, profumati. Privilegiamo troppo la quantità sulla qualità. Perché paghiamo la frutta e la verdura in base al peso e non in base al sapore, anzi, in base al peso a parità di sapore? Il supremo tribunale per giudicare un cibo è il palato, non la vista. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Ecco come (2): riconversione del territorio

    La penosa situazione in cui versa il territorio – specie urbano – siciliano, è sorta e si è manifestata tutta negli ultimi decenni di sviluppo edilizio dissennato. L’edilizia, fino al dopoguerra, quindi persino quella ispirata al razionalismo fascista, era caratterizzata comunque da un senso estetico, era frutto di un disegno progettuale dignitoso: cosa sarà successo nella mente degli amministratori pubblici, architetti, urbanisti e ingegneri del “sacco” di Palermo, Agrigento, ecc.? Chi ha dato loro una laurea? Come ha fatto un territorio naturalmente “bello” ad essere reso “brutto” da troppe ed infelici realizzazioni di professionisti (siciliani, non piemontesi)? Chi ha autorizzato folli volumetrie o quartieri senza un decente disegno urbanistico o adeguati servizi?

    Se il territorio deve diventare una risorsa, non è più tollerabile un suo uso così anarcoide come avvenuto sinora. Il brutto non attira nessuno mentre abbrutisce la vita di chi ci vive. Città, coste, centri storici, paesaggi marini e rurali vanno riconsiderati e devono diventare un’opportunità per un’attività edilizia di riconversione, riuso, ma anche di abbattimento sic et simpliciter da sprigionare, inizialmente a macchia di leopardo, sotto una regia intelligente di urbanisti – siciliani e non – degni del loro titolo accademico e fidando nella competizione virtuosa cui il bello induce quando non è sopraffatto dal brutto. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Ecco come (1): energia pulita

    Il controllo delle fonti di energia è materia così strategica che per essa si fanno anche le guerre, magari con la scusa della democrazia in formato “export”. All’energia di fonte fossile la Sicilia ha già pagato un alto prezzo ambientale nei poli petrolchimici di Priolo, Gela e Milazzo. Questo modello di sviluppo ereditato dagli anni ’50, oltre che insostenibile, è incompatibile con quello della qualità della vita, per l’inquinamento che produce.

    La Sicilia, per insolazione, è seconda in Europa solo all’Andalusia. Continua »

    Sicilia
  • Ecco come

    Mi ricollego alla domanda finale del mio precedente post. So bene che criticare è più facile che trovare soluzioni che stiano in piedi. Responsabilmente, perciò, se mi sono permesso di dire brutalmente ciò che penso della Sicilia, dei siciliani e dei loro problemi eternamente irrisolti (non certo per antipatia nei loro confronti, ma semmai proprio per assoluta mancanza di “disinteresse”), è giusto che mi sforzi pure di offrire un’alternativa, almeno teoricamente, percorribile.

    Perché un qualunque cambiamento socio-culturale venga adottato da una popolazione è necessaria una motivazione sufficientemente condivisa e vincente sia verso le fisiologiche inerzie sociali che verso gli interessi contrari. Un certo uso del denaro pubblico può essere inteso come “spreco” per certuni e, viceversa, come “fonte di reddito” per altri: si pensi, ad esempio, al caso della Sanità regionale. Perché si dovrebbe preferire la “gallina” di domani al ricco “uovo” d’oggi? Perché chi ricava vantaggio dall’attuale modello economico siciliano (che più che promuovere un reale sviluppo sembra invece “specializzato” nella perpetuazione di una eterna condizione di sottosviluppo) dovrebbe privarsi delle sue sicurezze? L’unica risposta è perché i soldi (specie quelli di provenienza UE) sono destinati ad assottigliarsi sensibilmente nei prossimi anni e perché al consenso sociale-economico-politico su questo modello di (sotto)sviluppo chi dice che non se ne potrebbe raccogliere uno contrario, anche se ancora poco consapevole di sé e disorganizzato, che verta su una considerazione di “tasca” molto concreta: io da questo andazzo ci guadagno poco o nulla mentre da un modello macroeconomico diversamente gestito potrei ricavare molto di più in termini sia civili (l’orgoglio di appartenere ad una comunità modernamente organizzata e gestita) che economici (guadagnerei di più nella mia attività professionale o d’impresa, avrei maggiori opportunità di trovare o cambiare lavoro, non soffrirei la scelta obbligata di cercare altrove fortuna, ecc.). Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Sicilia: istruzioni per chi proprio non la capisce

    La Sicilia è a sua volta un’opera incompiuta, come tante opere pubbliche che funestano il suo territorio: è una buona idea, una bella bozza che difetta però di una completa e convincente realizzazione. Certo, le potenzialità non le mancano, sia in termini di qualità delle risorse umane, che di quelle economiche, ambientali e culturali, ma le potenzialità, da sole, non bastano. Chi vi è nato e cresciuto può anche credere che sia il posto più bello del mondo, ma chi è nato altrove o ha comunque una certa esperienza del mondo al di fuori dei suoi confini, sa che così non è, anche se, questo sì, teoricamente, potrebbe esserlo. I peggiori nemici della Sicilia sono gli stessi siciliani: non tutti, ovviamente. La causa di tutto ciò sta, a mio avviso, nella “concorrenza sleale” che si dà tra economia di mercato ed economia parassitaria. Qual è la principale industria della Sicilia, quella che offre più lavoro e reddito? La politica! La mia analisi è semplice e parte dalla “osservazione della scodella”: qual è la fonte ultima da cui proviene il contenuto della scodella che fa mangiare gran parte dei siciliani? Essa è costituita dalle immense risorse finanziarie intermediate dalla politica: 23-25 miliardi di euro di budget annuale! La società siciliana vive perciò di ricchezze prodotte da altri e altrove. Continua »

    Sicilia
  • Il V-Day a Palermo, un mese dopo

    È trascorso un mese dall’8 settembre, giorno della raccolta firme per il V-Day, e in Italia si continua ancora a non parlare d’altro, sia nei commenti della stampa che nelle trasmissioni di approfondimento della TV, segno che l’iniziativa, vuoi o non vuoi, ha lasciato il segno.
    Per molti commentatori si tratta solo di “qualunquismo” mentre altri colgono un elemento positivo nella rinnovata voglia di partecipazione di persone, specie giovani e di entrambi gli schieramenti, che si mantenevano a debita distanza dalla discussione politica.
    A Palermo i ragazzi del Meetup, dopo aver raccolto in un solo giorno più di 6.000 firme (la metà di quanto i referendari hanno raccolto nella stessa piazza Politeama in tre mesi e con ben altri mezzi), hanno continuato a raccoglierne ancora nei posti più svariati perché in tanti hanno manifestato il desiderio di firmare.
    Personalmente, non condivido le paure del mondo della politica e dell’informazione verso questo fenomeno: constato scarsa conoscenza dello stesso, se non addirittura malafede come quando si cerca farisaicamente qualunque appiglio formale (V. la battuta Prodi-Alzheimer) per scandalizzarsi, tralasciando la sostanza delle questioni poste, prima tra tutte l’onorabilità di una certa rappresentanza politica. Continua »

    Palermo
  • Pizzichiamo i bravi

    È l’assoluta mancanza di indifferenza che mi porta spesso ad essere critico con la mia città o, più correttamente, con i suoi abitanti e pubblici amministratori.
    Se si ha a cuore il miglioramento della qualità della vita urbana, la critica, la denuncia è sicuramente utile, talvolta anche efficace e, sempre, moralmente doverosa per non rendersi passivi complici di un determinato stato di cose.
    Ma ugualmente valido ed efficace può essere percorrere la strada opposta: riconoscere chi opera bene, chi sa fare il proprio mestiere in modo professionale, chi dovrebbe essere emulato in una competizione virtuosa.
    Mi limito a qualche esempio per me emblematico, dichiarando, doverosamente, la personale assenza di ogni potenziale conflitto di interesse. Continua »

    Palermo
  • Il V-day domani a Palermo

    Più di 200.000 persone hanno aderito on line in Italia, ma anche in varie città del mondo, alla manifestazione pubblica indetta da Beppe Grillo, tramite il suo famoso blog, con lo scopo di chiedere, tramite un’apposita raccolta di firme, la decadenza dei parlamentari condannati in via definitiva per reati gravi, l’ineleggibilità per più di due mandati dei parlamentari e la loro elezione tramite voto di preferenza e non in base a liste proposte dai partiti.

    Per analoghe finalità sono state raccolte con successo, nei mesi scorsi, dai promotori del referendum in materia elettorale più di 800.000 firme.

    C’è chi, di fronte alle crescenti manifestazioni di insofferenza verso la classe politica, parla dei rischi di demagogia, di “antipolitica”, della possibile discesa in campo di nuovi soggetti politici “atipici”, ecc. , ma personalmente penso che certi questioni etiche e politiche rappresentino domande che non si possono oltre disattendere e che il Paese, come un corpo malandato, abbia un urgente bisogno di due bypass: uno nel circuito informativo, per favorire la circolazione di informazioni realmente indipendenti, e uno nel circuito rappresentativo che favorisca un più dinamico ricambio della nostra giurassica classe dirigente. Continua »

    Palermo
  • Allarme (gambero) rosso

    Dopo la concorrenza del pomodoro di Pechino a quello di Pachino, gli effetti della globalizzazione stanno si stanno ora facendo sentire sul mercato ittico isolano. Le celle frigorifere di Mazara del Vallo in questi giorni scoppiano di gamberi rossi nostrani rimasti invenduti a causa della concorrenza di gamberetti cinesi opportunamente imbellettati per ricordare il colore rosso violaceo dei nostri. Se non si è biologi marini le differenze sono abbastanza difficili da apprezzare ad occhio nudo mentre, per camuffare quelle di sapore, non mancano certo agli chef aromi ed essenze varie.
    Così come una democrazia, in assenza di una corretta e libera informazione, diviene un qualcosa di molto diverso e pericoloso, anche un’economia, specie se globalizzata, in assenza di un corretta e diffusa informazione diviene un paradiso per spregiudicati grossisti ed intermediari.
    In assenza di trasparenza sulla formazione dei prezzi e sull’origine delle merci, il consumatore non solo non ha modo di beneficiare dei vantaggi della globalizzazione, ma rischia anche di essere preso per il sedere perchè se è legittimo decidere di comprare un prodotto cinese per il minor prezzo, non lo è certo pagare come nostrano un prodotto cinese.
    Intanto, il gambero rosso pescato dalle nostre marinerie attende fiducioso – e al fresco – un sussulto di buona informazione da parte della stampa locale e di patriottismo culinario sulle tavole siciliane.

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  • C’era una volta il gelato

    C’era una volta un prodotto artigianale siciliano apprezzato nel mondo: il gelato. Si narra che Carlo Forte abbia iniziato l’attività economica che divenne poi famosa nel settore alberghiero vendendo gelati in Gran Bretagna dove era emigrato con la famiglia di origine siciliana. Oggi, però, un gelato di marca industriale a Londra o in altra città nordeuropea potrebbe risultare anche più buono di quelli smerciati nelle gelaterie palermitane. Eppure qui da noi, sino a non molti anni fa, una granita al limone aveva un profumo particolare e qualche nocciolo ne certificava pure l’autenticità. Gelati e granite di oggi, con quelli di ieri, hanno in comune solo la…temperatura. Cosa è successo? È successo che la produzione e commercializzazione di “basi” per gelato (come quelle prodotte a Palermo e anche in Germania dalla Elenka), se ha fatto risparmiare fatiche al gelataio e consentito di vendere gelati a prezzi accettabili per il consumatore, ha però trasformato nelle migliori gelaterie di Palermo le cucine di qualche volenterosa, quanto sconosciuta ai più, zia o madre. Continua »

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