Profilo e post di

Sito: http://www.davideenia.org/

e-mail: davideenia@davideenia.org

Biografia: Davide Enia (Palermo 1974) passa l'infanzia a giocare a calcio in mezzo alla strada. Tifa per il Palermo.
È attore, regista e autore teatrale pluripremiato (tra i tanti riconoscimenti ottenuti: premio UBU, premio Tondelli, premio ETI).
È abilissimo nelle attività inutili, tipo far rimbalzare i sassi in mare.
Tradotto in 7 lingue, ha pubblicato i testi dei suoi spettacoli Italia-Brasile 3 a 2, Maggio ‘43 e SCANNA nel volume Teatro edito da UBULIBRI.
Gioca a calcio da mezzala.
Per RadioRai2 nel gennaio 2006 scrive e interpreta Rembò, che poi è diventato un libro dalla copertina rosanero pubblicato da FANDANGO, e nel febbraio 2007 Diciassette anni. Una sentimentale biografia metropolitana.
In campo veste con orgoglio e disillusione il n° 10.
Dichiara di non essere pronto a retrocedere al centro della difesa.
Ama il cuscus di pesce, i gol a pallonetto e l’odore di basilico nelle mani.
Quando può, vive e cucina a Palermo.

Davide Enia
  • Vivibbilitè

    E con grande slancio Palermo sale di BEN 7 posti nella classifica di vivibilità tra le città italiane.

    Ou, sette posti in più.

    Siamo al 92° posto su 103 disponibili.
    Ma ora che c’è Guidolin in zona UEFA ci arriviamo sicuro sicuro.
    Cosa da spasciarsi almeno 63mila euri in albero di natale con tutte le palle di svaroschi.
    Grande metafora, in fondo.
    Le palle di vetro si rompono prima.

    (Nel link, la classifica completa. Come si vede, Catania e Agrigento stanno sotto. C’è da gioire, fuoirse: http://www.ilsole24ore.com/includes2007/speciali/qualita-della-vita/scheda_finale.shtml)

    Palermo
  • Presente Imperfetto

    Gentile Micciché,
    la storia si studia e si racconta riflettendo sul presente che attraversiamo.
    Queste le domande da porsi, sempre:

    1) Perché oggi sta accadendo questo?
    2) Quando ha avuto inizio?
    3) Come si è sviluppato nei giorni fino ad arrivare ad oggi?

    E queste domande, soprattutto la prima, vengono colpevolmente, e di continuo, ignorate.

    Il filo che oggi lega il nostro presente è intessuto di sangue e di merda.
    Perché la “maledetta stagione di morte, violenza e sopraffazione della mafia” persiste.
    E impera.

    Mafia, scippi, stupri, eroina, disoccupazione, microcriminalità, pizzo, mentalità del futti futti ca Dio perdona a tutti, munnìzza, inquinamento, ignoranza.
    Questo è il presente derelitto che la nostra Sicilia sta attraversando, scalza.
    Un cammino intarsiato di spine, schegge e proiettili.
    L’ennesima cattedrale del dolore.
    Dentro non si cantano salmi. Si grugnisce. Continua »

    Palermo
  • kultura

    È stato nuovamente disdetto il programma (musicale) di Kals’art.

    Non so davvero se adesso serva una disamina.
    Di certo non serve nessuna scusa per l’impudicizia con cui è trattato quello che dovrebbe essere un necessario progetto Culturale per Palermo.
    Non c’è nessuna strategia, nessun piano Culturale che le istituzioni hanno per il territorio della città. La lunga estate vuota che si sta suicidando è la triste e drammatica conferma dell’assenza di uno straccio di progetto Culturale da parte della amministrazione in carica. In forza di un mandato quinquennale che è stato peraltro rinnovato, la giunta Cammarata non è riuscita a creare un programma, non è riuscita a lavorare sul territorio, non è riuscita a dare continuità ad un proprio progetto.
    Perché questo progetto Culturale, semplicemente, dolorosamente, non esiste (e richiedo qui uno sforzo di attenzione: non parlo di “spettacoli” e della logica di occupazione temporale di un territorio, ma di “Cultura”, cioè di inserimento in uno spazio e del seguente tentativo di trasformazione –in meglio- con una offerta che abbia le potenzialità di aumentare via via la domande di Cultura stessa).

    E questa, ahimé, è l’ennesima stimmate dell’ignoranza.
    Perché le istituzioni della Cultura, non sapendo cosa sia, se ne fottono.

    Quando si capirà che il primo intervento necessario su un tessuto lacerato quale è Palermo oggi deve essere Culturale?
    Quando si avrà l’onestà di ammettere che il cambio deve giocoforza essere nella mentalità degli abitanti?
    Quando sarà possibile che chi amministra soldi pubblici abbia, in un impeto di decenza, il coraggio di vergognarsi per la porcilaia in cui versa la città? Continua »

    Palermo
  • Bergman

    È morto Bergman.

    Senza i suoi film
    film con titoli bellissimi
    senza di essi non so come avrei fatto ‘sto travagghio
    sarei stato più povero, questo è certo

    Una volta parlai con lui,
    Ingmar, ci addumandai, ma tu, uomo del bianco Nord, tu cosa ami davvero?
    e ìddu: “Davidù, è ovvio, il sud”
    quindi tifi p’u Palermo?
    “Nca chì”
    O forse era un mio sogno, ma tanto adesso non importa più

    Il posto delle fragole
    Il settimo sigillo
    Sussurri e grida

    adieu Ingmar, che tanto hai scaldato le nevi del mio cuore.
    Grazie.
    Davide

    Palermo
  • Luglio 1992

    Palermo aveva l’aria intrisa di sangue.
    Sul cadavere del figlio era
    il lutto della madre in ginocchio
    il vetro che si frantuma in troppe schegge
    l’albero che si ritrova all’improvviso orfano di tutte le sue foglie

    Cinque minuti prima, era sempre il 1992, era sempre luglio e io avevo: diciotto anni, gli esami di maturità, i familiari in montagna, la casa tutta per me. Stavo parlando al telefono con Simona Boscolo Bragadin, una mia compagna di classe. Continua »

    Palermo
  • Ricordo#1

    D’estate il pomeriggio era sempre diverso da come me lo immaginavo in inverno. Costretto rìntra un maglione nero con toppe grigie sui gomiti che “copriti che t’arrifrìddi”, taliàndo fùora dall’invernale finestra di casa mia, fantasticavo su mie future imprese estive, gesta eroiche da raccontare ai compagni al ritorno a scuola, arrampicate verticali e salti improvvisi da un albero all’altro, immersioni infinite e leggendarie scoperte di antichi tesori, partitone a calcio con amici e aggàddi finiti con l’avversario in ginocchio implorante “pietà” e, nella mia straripante fisicità, la presenza di necessari sgraffi da ostentare con decisa virilità e rude durezza alle mie donne: questo è stato cadendo da uno sdirùbbo, vedi?, ha sanguinato assai ma io non mi sono fatto niente, mamà, no zia non provo dolore io, ho già nove anni io, cosa credete?… tze, femmine…

    Poi l’estate
    con quel suono silenzioso e carnale che sempre anticipa il compimento del desiderio
    labbra che un pò sorridono, un pò si preparano al bacio
    labbra umide e felici
    l’estate arrivò.
    Potevo finalmente sfiancare i miei nove anni in gesta rischiosissime.
    Affanculo l’inverno e la sua prigionia fatta di maglioni e canottiere.
    Adesso è estate. Tripudio di libertà.
    Invece.
    Estate fu.
    In tutta la sua possanza e strafottenza. Continua »

    Palermo
  • Febbraio

    Accussì i tue mani riprendono a lavorare il legno. Odore di acquaragia. Punge come spina. Mentre tu pialli, scartavetri, levighi e vernici. In silenzio e senza tradire emozione alcuna. Una pietra sei.
    Mentre l’eco delle tue parole, signor Febbraio, mi vibra ancora dentro.
    Hai detto due minuti fa: “si muore una volta sola”.
    Minchia verità.
    Eri in piedi, le mani chiuse, gli indici liberi e puntati su verso il cielo.
    Una preghiera.

    Poi, senza guardarmi, le tue mani riprendono il lavoro interrotto.
    Da due minuti quindi c’è solo silenzio, ammirato e stupefatto.
    È vero, si muore una volta sola.
    Il flusso dei miei pensieri, rincorsa confusa di cavalli scossi, è interrotto da una provvidenziale visione.
    Una cornicetta nera sul muro dietro le tue spalle, con dentro una immagine tridimensionale di gesùcristo che, se la guardi di sbieco, ti regala uno stupefacente occhiolino. È assurdo, ma gesùcristo che strizzulìa l’occhio pare essere l’unica forma di vita ccà rìntra ‘a tua putìa: ci sono io, ed io sono immobile; poi ci sei tu, signor Febbraio, e tu mi ricordi in tutto e per tutto un sasso.
    Poi però riprendi a parlare, senza guardarmi mai, e confermi in maniera inattesa ma precisa la mia sensazione. E chìsto mi fa sorridere. È un balsamo per l’orgoglio insertàrci sulle persone. Continua »

    Palermo
  • Gennaio

    È notte
    lunedì è iniziato da pochissime ore
    il riflesso di luce delle luminarie accese
    rimanda alla mia finestra su questa piazza
    il ricordo di una festa che è già passata.
    Lo osservo come se avessi davanti il viso
    sfiorito con dolcezza
    di mia madre.

    Era qualche gennaio fa
    una notte che si stemperava piano
    al suono in cucina di acqua che lava i piatti.
    Mia madre in piedi davanti al lavabo
    la fede nell’anulare
    i capelli raccolti all’indietro
    il grembiule stretto in vita
    le mani che lavano sciacquano asciugano e appoggiano.

    Ma non c’è nella stanza la canzone lontana che mia mamma canta ogni volta che lava i piatti
    c’è solo il suono dell’acqua che cade
    rimbalza
    si perde per sempre.
    L’assenza di quella canzone mi immalinconisce, accussì: mamà, il tonno era buonissimo ma ora mi nn’a gghìri a casa, hàv’a travagghiàre
    “No gioiamia aspè… runàmi ancora compagnia” Continua »

    Palermo
  • Funerali

    Dentro la chiesa, sono le volte di marmo che si innalzano paterne in questo edificio barocco riempito dalle vibrazioni di un organo suonato da dita che tremano. L’urlo della moglie è strozzato in gola, braccia di parenti che sorreggono. Poi è il viola del parrìno e la scontatezza della sua omelia, parole che vorrebbero essere consolatorie, balsamo per ferite, e che invece sono banali, arido sermone che frantuma le palle, altro che rifugio nella speranza della fede. L’alzarsi in piedi e poi il sedersi. Qualcuno che permane devoto in ginocchio. Il lento suicidio dei colori degli affreschi ed il trillo feroce dei cellulari, che nessun vaffanculo alla memoria del morto potrebbe valere tanto quanto quel suono metallico che martella durante la funzione. E, ancora, i salmi responsoriali ascoltati un po’ distrattamente perché letti male mentre, da una infanzia lontana di catechismo creduto e praticato, vengono recuperati con una meccanica stupefacente gesti creduti seppelliti e invece: taléééé, mi ricordo a macchinetta tutta quanta la preghiera e pure tutte le risposte giuste giuste, mentre, con la velocità con cui dura la gioia, la messa è già finita, andate in pace, amen. Continua »

    Palermo
  • Dicembre

    Mi piace appoggiarti le labbra sulle palpebre, dicevi, eppoi però improvvisa, inattesa non parlavi più ma ti giravi e lasciavi che, in silenzio, dicembre si insinuasse piano tra noi, acqua di mare tra le dita dei piedi, una memoria di sabbia sottile tra ciglia non ancora addolorate, sale sulla bocca e l’offerta della pelle al sole
    ma è dicembre adesso
    è dicembre per questo nostro mancato aggrappo di corpi
    per queste nostre schiene girate
    per queste nostre dita disperate che intrecciamo l’uno all’altra
    i nostri occhi che cercano disegni nell’umido che cola lungo le pareti di questa piccola stanza in affitto
    è dicembre e fa freddo
    dita strette a quelle dell’altro come all’aquilone d’infanzia
    perderlo nel cielo, un dolore che nessun altro dolore al mondo sarebbe accussì lancinante
    tienilo saldamente ‘sto filo sottile del tuo fragile aquilone di carta, gioia mia
    non perdermi nel più profondo cielo lontano
    ti prego Continua »

    Palermo
  • Pranzo

    Fammi mezza porzione aglio e olio e peperoncino.
    “E per secondo?”
    Appena finisco t’u dico.
    Mi piace la pasta aglio e olio e peperoncino. È netta. I sapori hanno una riconoscibilità tale che la difficoltà di preparazione sta nell’equilibrio dell’insieme. Il giallo dell’olio intriso di aglio, che senza il piatto sarebbe triste, un luglio senza sole. Il rosso d’u peperoncino che s’ammùccia mentre il verde d’u prezzemolo compare unnegghiè. E poi: il bianco d’u caciocavallo, che dà risalto e profondità al volume del gusto, ‘u caciocavallo che dall’alto scende delicato sul piatto come mano di padre sulla testa del figlio ma piaaano ca ‘u piccirìddu s’addurmiscìu ora ora, shhhh! asennò s’arruspìgghia, mentre la sua mano di padre e lavoratore non è mai stata accussì gentile e tranquilla come ora che accarezza la testa di suo figlio piccirìddu, sogni d’oro gioia mia, dormi con gli angeluzzi, ciao.
    “Te ccà ‘a pasta”
    Portami ‘u caciocavallo, Ciccio, per cortesia.
    “E te ccà puru ‘u cascavallu”
    Mano sinistra sul cucchiaio, caciocavallo a tempesta sul piatto, forchetta a firriàre tra gli spaghetti, bocca chiusa a masticare, birra Forst agghiacciàta nel bicchiere, minchia che bella la vita a volte. Continua »

    Palermo
  • Rosanero

    e tu, gioia mia, tu che mi chiedevi ancora e ancora perché e per come, tu che pretendevi fiorisse sulle mie labbre aperte in muto sorriso una risposta che desse una spiegazione ai silenzi ai gridi ai lamenti ai giorni rovinati ai miei “oggi ‘un è iurnàta nni virìamu domani”
    e tu, gioia mia, tu che indagavi con occhi che trapassavano il mio esser statua di sale, il mio sostare fermo come zitta pietra davanti ai tuoi interrogativi
    e tu che ti alzavi eppoi ti risiedevi eppoi mi venivi vicino e dietro l’orecchio in un sospiro tu che mi dicevi spiegalo pure a me
    e tu che ancora una volta, l’ennesima, avevi per me tutta la comprensione del mondo, i tuoi occhi aperti come l’abbraccio del mare infinito che da sempre se ne sta davanti a Palermo, i tuoi occhi scuri che allora ottenevano soltanto il suono delle mie mani
    il loro movimento continuo eppoi abbandonato
    il loro rallentare e tracciare sinfonie tra le dita
    le mie mani ed il loro suono: unica risposta possìbbile
    t’u giuro gioia mia, t’u giuro vero, non conosco null’altro modo null’altra maniera che possa dirti cosa è
    ma per davvero
    cosa è
    per me
    il rosanero

    Gioia mia,
    tra “sapere” e “spiegare” esiste una drammatica frattura
    un vuoto di senso frenato da filo spinato
    come posso allora?
    come?
    come mi è possìbbile dirti cosa significa per me il rosanero? Continua »

    Palermo
  • Novembre

    Marcellino, il tuo novembre era raggiante, una gardenia che si apre al sole, il coraggio ricercato e ottenuto d’attuffàrsi in mare da uno scoglio di undici metri. Il mio novembre invece già allora era stanco, ossa fradice di pioggia che mal sopportano ‘stu minchia di tempo ccà.
    Sempre piove a novembre. Sempre.
    Chìsta era la risposta che ti davo ogni volta che tu mi domandavi: “Davidù, ti piace Novembre?”.
    Io lo so che era il tuo mese del cuore. La mia risposta era però -concedimelo questo- il modo più elegante per dirti che a mmìa novembre mi fa cacare. E tu, comunque, tu lo sapevi che a mmìa novembre ‘un mi calava giù, manco pì niente. Pioggia, maglioni, raffreddori. Ma come mi fa a piacere novembre?
    Ma tu, Marcellino, tu mi dicevi: “Nooo, è il carico di senso di novembre che ti fa scantàre, Davidù, ‘u fatto ca novembre ti impone riflessioni profonde e crudeli. E tu, chìsto, ‘un ‘u sopporti. Sì, gli altri mesi ostentano, ma a novembre si impara il mestiere della tessitura. E proprio perché l’estate è ancora chiara nella memoria, i corpi si coprono e quindi si impone allo sguardo la sottile arte del celare”.
    Accussì mi dicevi ed io, grevio: “Marcellino: riflessioni profonde e crudeli… mestiere della tessitura… sottile arte del celare… ma comu minchia parli?”.
    E tu Marcellino, tu mi sorridevi dai tuoi ventanni, ed in quel novembre millenovecentonovantaquattro sostavi zitto e solo nell’angolo più tenue di una Palermo umiliata dalla pioggia che minchia non finisce proprio cchiù ‘i piovere, diocristo. Continua »

    Palermo
  • Nomi

    Ore 05:43.
    Il rientro delle lampare.
    Filippo Margiutti fuma avido. Quando svàmpa, gli occhi si fanno fessure. Il fumo s’u tiene rìntra per mezzo minuto buono. Espira lento, il mare dentro le sue pupille.
    È che mi manca sempre, mi confida, in ogni onda che la barca mi rimbalza sotto il culo e ìddu ‘un c’è ‘u lato a mmìa… mi manca, assai mi manca, in ogni totano che pesco e ‘un c’è ìddu a dire: seee, io ‘u pescavo cchiù grande… mi manca il suo profilo stanco… Rino Pacci, il mio compare, mi manca sempre, curnutu di lu suli vero.
    La sigaretta intanto brucia. Il tempo se ne fotte del recupero della memoria. Filippo Margiutti adesso è statua di sale di fronte al mare, la sigaretta è morta suicida tra le sue dita sconvolte di salsedine. Un tronco di cenere che cade a terra, un suono sordo che non rimbalza e poi polvere sopra la polvere, un colpo di piede che già l’ha dispersa nella tramontana. Davanti a noi sette barche stanche, radi gabbiani e un mare ancora scuro ma maestoso sempre. Angelo Buscemi ci porge un’altra sicarìetta a Filippo. Quando stai una vita in barca con gli stessi cristiani ‘un servono cchiù i parole. Anzi, ‘un ci si talìa nemmanco. Hai presente cosa è quando il mare urla, il vento ti cafùdda e la barca t’abbàlla sotto i piedi? Continua »

    Palermo
  • Eroina

    In via Maqueda, dopo palazzo Marchesi, c’è una viuzza morta. Un tempo si chiamava vicolo Chiesa Sant’Orsola, ma il colore della vernice c’aviss’a dare ‘u nome d’a via è talmente appassito sul muro che ricorda più un pianto di madre che una iscrizione. È ddà dìntra che trasìvu e nni cuntavu 23.
    E ancora ddùoco avìssero a essere.
    E chissà ancora pi’ quanto tempo ci rimarranno.
    I dimensioni sono variabili, tutte però hanno raggrumi di sangue.
    Jiccàte ddà, in mezzo a fogli di giornale, accendini scàrrichi, fazzoletti sporchi, foglie riarse, cucchiaini freddi, frantumi di specchio, smozzichi di sigaretta, carta stagnola, bottiglie di plastica ed altra gràscia varia, i siringhe tràsono subito dìntra i miei occhi, e, seppur abbandonate su questo campo di battaglia, si impongono in mezzo allo sporco, pedoni chiari su scacchiera scura. Due formano una croce, e non sembrano esserne felici. Una è appizzata ad un fascio di legno, e pare una bandiera spenta. Cinque sono orfane di ago. Le altre sono disseminate a caso, e nessuna geometria è possibile leggere nell’informità del disegno che restituiscono allo sguardo. Sono linee che denotano non curanza e annichilimento: le stimmate della disperazione. Ma è una siringa in particolare che si fa osservare fra tutte. Chiama i miei occhi e mi dice: talìami, ccà sugnu. Una primadonna è. La osservo e subito ìdda mi cunta la sua storia. È una siringa da clistere. Continua »

    Palermo
  • Ottobre

    Palermo accoglie Ottobre con la sentita riverenza.
    Il rispetto che si ha per il parente alto che scùppa a to casa da lontano.
    Che porta regali dai nomi esotici.
    Un parente dagli occhi ca hanno visto cose che tu nemmanco sapevi esistessero.
    È ottobre, gioia mia.
    E ottobre esige il rispetto che merita. Porta lo scirocco. Sabbia e sale nell’aria, mica minchiate.

    Ottobre regala sensualità a Palermo.
    Uno scialle trasparente, rosa lo sfondo del cielo.
    Le prime pioggie, veloci e già scordate.
    È dolce l’amore a ottobre.
    Poi sarà il ricordo dei morti e le pioggie invernali che minchia ma quando finisce ‘sto sdilluvio?, ‘un ne posso più…
    Ma, nell’intanto, è ottobre.

    A ottobre la sera inizia a mostrare di sé i silenzi, le corti nascoste dall’arsura dell’estate, si lavora ma con la memoria ancora presente nel clima della stagione passata e non ancora tramontata, è ottobre, principi di onde nel mare venerato davanti una erotica Palermo, un abbraccio che sorride, aperti pure i palmi delle mani. Continua »

    Palermo
x
Segui Rosalio su facebook, Twitter e Instagram