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e-mail: dbillitteri@gds.it

Biografia: Daniele Billitteri è nato a Palermo nel 1951. Ha cominciato a lavorare come cronista al giornale L'Ora quando aveva 19 anni. Da oltre vent'anni lavora al Giornale di Sicilia

Ha vissuto sempre a Palermo dividendo il tempo tra il lavoro, la famiglia e la cucina, sua grande passione.

A Natale del 2003 ha narrato le vicende di un Homo panormitanus e ha venduto oltre ventimila copie. L'anno dopo Femina panormitana.

Daniele Billitteri
  • Montaggi

    Come in un film, taglio pezzi della tua vita e ci insinuo pezzi della mia. Quando tu e io eravamo due persone qualsiasi ciascuna sconosciuta all’altra. Il montaggio fa miracoli, cambia tutte le scene del dopo. È magnifico, mi nutro dell’ossimoro dei miei occhi chiusi che guardano noi due in un abbraccio. Uniti. Telefono: contrattempi, non vieni. Sei già stanca di me.

    Montaggi (illustrazione di Giuseppe Lo Bocchiaro)

    I racconti di tre righe
  • Arance per Salvatore

    Le arance per Salvatore e per il piccolo Giuseppe. Per Salvatore che spreme la sua vita a Torino e per il piccolo Giuseppe che puzza di Fanta. Le porta su dalla Sicilia ogni anno Giuseppe il grande, padre di Salvatore, 86 anni di tenacia. Lo fermano a Salerno: vaga convinto di essere sull’autostrada. E finalmente Salvatore torna giù. A prendersi le arance, il padre e la memoria.

    Arance per Salvatore (illustrazione di Giuseppe Lo Bocchiaro)

    I racconti di tre righe
  • Illusioni

    Aveva le labbra di corallo rosa mentre mi guardava con gli occhi gonfi. Sembravano finte come solo le belle labbra sanno sembrare e io pensavo a collane tropicali che le cingessero il collo in un’isola calda e felice. Non in un letto dalla trapunta sbilenca. Neanche il poster delle Maldive fece la magia. Perché magico è solo il destino dei coraggiosi.

    Illusioni (illustrazione di Giuseppe Lo Bocchiaro)

    I racconti di tre righe
  • Il tango nella corte

    Tango di passo felpato, nella corte in penombra di lampade fioche. Tango che infila i portici come un ago che cuce. E le tue gambe nervose dipingono l’aria nell’avvinghio delle mie mentre le mani forti tengono ferma la tua schiena fasciata di porpora. Tango senza il casché che sa di conclusione. Perché in questa corte così lunga la fine è solo l’inizio. Come in un cerchio.

    Il tango nella corte (illustrazione di Giuseppe Lo Bocchiaro)

    I racconti di tre righe
  • Controcorrente

    C’era un fiume dove l’acqua scorreva al contrario, verso monte. Così, per trovare il grande mare, egli doveva andare contro corrente. Ed era una fatica. Ma sbagliava perché pensava solo al fatto ovvio che tutti i fiumi finiscono al mare. Riposò solo quando riuscì a capire che bastava girare il fiume per dargli un senso. Si può fare pure con la vita. E lo fece.

    Controcorrente (illustrazione di Giuseppe Lo Bocchiaro)

    I racconti di tre righe
  • Primo maggio, sì me lo rammento

    Le bandiere che sellano i muli del contado ne fanno cavalcature da disfida. Rosse sono ma non di vergogna, anzi d’ira. E i pugni minacciano il cielo, fieri e blasfemi. Le falci, che oggi non tagliano spighe ma teste, urlano ai potenti il loro clangore e raccontano di lunghe marce finite nel nulla. Mentre svetta sull’agriturismo la bandiera della Coldiretti.

    I racconti di tre righe
  • I racconti di tre righe

    Cercherò di postare ogni giorno un raccontino di tre righe. Mi piacerebbe durare almeno un anno. Vediamo se ci riesco.

    Muore di luce chi si ciba del buio
    Dentro la stanza le lame di luce tagliarono la polvere dei ricordi stantii ed egli accusò il dolore acuto della pulizia che sradica. Corse a chiudere le imposte. Ma era troppo tardi. E i ricordi finirono a fette e si ricomposero in un fascio incoerente. E morì di luce chi si cibava del buio.

    Muore di luce chi si ciba del buio (illustrazione di Giuseppe Lo Bocchiaro)

    I racconti di tre righe
  • Tifosi

    Rimango sempre incantato quando ho conferma che i giornali più diffusi in italia sono queli sportivi. Diciamoci la verità. Tutta la verità. Non sono un gran tifoso. Gioisco per le vittorie del Palermo come l’ateo che fa l’acchianata a Santa Rosalia. Il che vuol dire che la squadra appartiene alle fondamenta. Che la città è costruita su poche cose che suscitano amore certo: la Santuzza, Montepellegrino, la Favorita, l’acchianata di Valdesi, le stigghiole al Borgo, il polpo a Mondello. Ma se mi chiedete la formazione-tipo dei rosanero, ricordo improvvisamente che ho un urgente appuntamento che mi costringe a lasciare la piacevole compagnia. Continua »

    Palermo
  • Lentezza è mezza bellezza

    Menomale che c’è chi mi racconta le cose perché non è conto che posso andare appresso a tutte le situazioni, è giusto? Poi mio cugino Eugenio di questi tempi è fatto troppo scucivolo e ci passa la giornata a pigliare a colpi di spingola tutti i punteruoli rossi che si stanno ammuccando le palme. Così non ne seppe niente. Per fortuna una mia amica, che si chiama Giusi Imborgia e che di Palermo le sa tutte, ammugghio un pezzo del Giornale di Sicilia in una pietra e me la tirò. E buono fece perché la notizia è di quelle che sono sdimenticabili. Cioè non si possono dimenticare. Palermo si è scritta per partecipare al Giornata Mondiale della Lentezza. Continua »

    Il taccuino di Giafar, Palermo
  • Ronde a Palermo: dice un amico

    Dice un mio conoscente: “Ma che ci raccontano a noi di ronde e cose. Che fa non lo sappiamo? Miii che sono antichi. Ora, tanto per dire, andiamo tutti insieme alla Kalsa e entriamo della via Lincon che di un lato c’è il rosanero e dall’altro il turing dell’arancina bomba. Ora forte che entri ti pare che non ti talia nessuno. Nossignore: ti taliano tutti e tutti sanno se sei amico o pure no. Se non lo sei, ti pare come se stai entrando in una casa e passi dalla stanza di pranzo mentre sono tutti assittati che pistiano. Certo ti taliassero come a dire: scusi ma lei dove si sente di essere, a so casa? Continua »

    Palermo
  • Bontempo e Malotempo non dura sempre un tempo

    Oggi mio cugino Eugenio spuntò che a momenti non lo riconoscevo. Aveva una cerata tutta gialla con un cappuccio ca sembrava un fratacchione e un paro di stivaloni ca sembrava un pescatore del Porticello che va a gamberoni dietro all’Ustica. “Eugenio – ci dissi – ma di dove stai venendo?”. Allora lui mi spiegò che era andato a controllare com’era la situazione nella strata che ci hanno messo il suo nome, via Eugenio l’Emiro. Perché che ci fu? Ci domandai. E lui: ci fu che ave due mesi che scarrica acqua ca pare che siamo torinesi invece di essere a Palermo. E danno ce ne fu? Mi informai. E lui: no, danno niente ma i palermitani non se la fidano più e si sciarriano col tempo come se fosse una persona. Ci dicono parole, lo taliano male di sotto a sopra, ci fanno le corna con le dita, lo incolpano di tutti i guai. Ma soprattutto ci passa la giornata a dire: lo vedi appena ci dicono che c’è la siccità e che gli invasi sono vuoti? Ci isu i mano! Continua »

    Il taccuino di Giafar
  • Eluana è morta

    Eluana Englaro è morta questa sera nella casa di cura “La Quiete” di Udine. Il decesso è avvenuto alle ore 20 alla fine di un pomeriggio che, a detta dei medici, era trascorso senza particolari allarmi. Ma poco prima delle venti la situazione è precipitata e la ragazza è morta. La Procura di Udine ha subito proceduto al sequestro delle cartelle cliniche e si è riservata di ordinare l’autopsia domani mattina. Va ricordato che due consulenti della Procura sono stati sempre a fianco dei medici responsabili del protocollo sanitario autorizzato con le sentenze giudiziarie sul caso. Alla notizia della morte di Eluana molta gente si è radunata di fronte alla clinica. In Parlamento, dov’è in discussione il Ddl, ci sono stati momenti di tensione. Il senatore Quagliariello (Pdl) ha parlato di “assassinio”, Il capogruppo del Pdl al Senato Gasparri di “eutanasia certa”. La senatrice Finocchiaro (Pd) ha accusato la maggioranza di “sciacallaggio”. Walter Veltroni ha convocato per stasera l’esecutivo Nazionale del Pd. Tutte le principali reti Tv hanno cambiato il proprio palinsesto per trasmettere il “talk show” sulla vicenda di Eluana.

    Palermo
  • La tappina semantica

    Giafar – mi disse ieri mio cugino Eugenio l’Emiro – questa della tirata delle scarpe è bellissima. In effetti ci feci caso pure io. Ora basta che c’è una contrarietà, una protesta, un che dire con qualcuno, uno ci va e, pronto accomodo, ci tira una scarpa che se quello non si canzia ci scorcia la matrice dei pidocchi. Continua »

    Il taccuino di Giafar
  • Femmine: se l’estradiolo fa la differenza

    La notizia è bellissima perchè è 1) curiosa, 2) insidiosa, 3) politicamente no scorretta: di più. In sostanza dice che una partita di miricani del Techisas, capitanati da una certa Katrina Durante scoprì che esiste un ormone che si chima estradiolo. Ora questa cosa capita che nelle femmine ce ne può essere di più e allora, in quel preciso momento loro dice che diventano più sdillinqui. Cioè a tipo che si vestono che si fanno vedere un poco di minne o le cosce, si annacano il culo, parlano tischi toschi e guardano ‘nsutta. Ma quel che è importante è che sono come il tassì che accende il cartellino “libero”. Continua »

    Purtroppamente
  • Facebook, cosa nostra e censura

    Come molti di voi sapranno sul social network più famoso del mondo vanno girando gruppi di fessacchiotti che inneggiano a Riina, Provenzano etc etc etc. La cosa si commenta da sola. Come le scritte sui muri dopo “Il capo dei capi”, le scuole “chiuse” con la colla nei catenacci e altre snargiassate del genere a dimostrazione che la cultura della violenza qualche proselito lo fa. Ma il problema è un altro: sulla base di questi episodi, che hanno smosso i commenti più svariati, da Veltroni a Pietro Grasso, emerge una richiesta di oscurare i “gruppi di sostegno” oggetto della polemica. Io penso che su internet si può imparare a costruire un’atomica in cantina, per non parlare delle molotov. Ci si può iscrivere a siti fondamentalisti di oscura composizione. E che dire di certi film (addirittura di certi canali televisivi particolarmente “votati” a questa “mission”) che osannano comportamenti da baby gang e indicano come “strafigo” l’adolescente che si fa giustizia da solo perchè “la vita a volte è tanto dura e quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. Quelli non li tagliamo? Allora io penso che no, i gruppi che sostengono i boss devono restare in rete. Anzi andiamo a trovarli e diciamo loro quello che pensiamo. La Rete è una giungla semantica con regole intransigenti: nessuno può vietare niente a nessuno. Ma non perché non si deve, ma proprio perché non si può (la moderazione dei siti, compreso Rosalio, è ovviamente un’altra faccenda). Ma questa è la mia opinione. Voi che ne pensate?

    Palermo
  • Grandine, misteri e cimiteri

    Mio cucino Eugenio la combinò veramente esagerata. Dico io: c’era bisogno di farci assaltare i vermi a tutti i palermitani con questa cosa di fare cadere la neve solo al camposanto dei Rotoli mentre nel resto di Palermo sembrava che ci potevamo andare a fare i bagni? Quando ci spiegai che non era esatto lui mi disse: “Giafar non c’era altro di fare. Così ognuno pensa che dall’aldilà stanno parlando con lui e si passa una mano sopra il petto. E ti assicuro che tutti, dico tutti, trovano un ostacolo. Prima di quello naturale che, almeno i maschi, incontrano di sicuro”. Continua »

    Il taccuino di Giafar
  • “Solo a Palermo” succede che…

    Venerdì 12 dicembre alle 21 all’atelier Montevergini di via Montevergini si presenterà il mio ultimo libro “Solo a Palermo” pubblicato dalla Pietro Vittorietti Editore. Sono 14 racconti che sembrano veri e che forse lo sono. Raccontano storie paradossali, quasi impossibili. Storie che possono accadere, come si dice, solo a Palermo. Appunto. Ora, nell’invitare tutti i rosaliani alla presentazione del libro, mi piacerebbe che, chi se la sente, lasciasse qui un post raccontando cosa, secondo lui, può succedere “Solo a Palermo”. Sceglierò i post che mi sono piaciuti di più e li leggerò durante la presentazione. Quindi fuoco alle polveri…. Un abbraccio a tutti voi.

    “Solo a Palermo”

    Palermo
  • Le cose nostre e le cose giuste/3: Never Mary

    Il palcoscenico è diviso in due longitudinalmente. Sulla destra c’è un tavolino scuro e una sedia. Sul tavolino c’è una lampada di stile antico, un blocco di carta, un bicchiere pieno di penne, Un telefono cordless.
    A sinistra c’è un tavolino bianco laccato, una sedia anche quella chiara. Sul tavolo c’è un modellino della Statua della libertà, carta, un sopramobile baggiano, una lampada di stile moderno. In scena, a destra, entra un uomo in pantaloni e maniche di camicia. Si avvicina al tavolo, si siede. Accende la lampada. Prende in mano il telefono e compone un numero. Dall’altro lato si sente suonare un telefono. Entra in scena una donna in jeans e felpa, pantofole a gattoni ai piedi, un asciugamani avvolto in testa a turbante.
    Continua »

    Palermo
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