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e-mail: v.cipolla86@hotmail.it

Biografia: Vito Cipolla Maiorana è nato a Erice il 9 marzo 1986, ed è cresciuto nella campagna trapanese tra ville, bagli, ulivi e vigneti. Dopo la maturità classica si è trasferito a Palermo per frequentare Lettere Moderne e dopo aver vinto la diffidenza, non avrebbe voluto più andarsene. A Palermo ha conosciuto l’ amore e tante altre cose importanti per la formazione di un uomo. Ha collaborato con alcune riviste universitarie della Sicilia e adora viaggiare anche se, causa tempo, non può farlo come vorrebbe. Adora anche la pizza, il gelato, il cocktail di gamberi, stare con gli amici, e fare progetti.

Vito Cipolla Maiorana
  • Fare la spesa a Palermo, maschi e femmine

    Com’ è che noi maschi siamo diversi dalle femmine anche per fare la spesa? Proprio non lo capisco. La mia zita, senza fare conti in mano, senza fare liste, spende si e no dieci euro e ha mangiare per una settimana e io, con diciotto euro, accatto minchiate. Ammettiamolo, a fare la spesa siamo proprio due mondi a parte.

    Una volta ci abbiamo provato, a Palermo si intende, a fare la spesa separati e a mangiare ognuno le proprie cose senza prendere quelle dell’altro. Fatto sta che io sono rimasto a ddiuno e lei aveva ancora la dispensa piena. Continua »

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  • Gli italiani e la mafia

    Un siciliano in trasferta è sempre oggetto di attenzione e curiosità. Forse sono finiti i tempi della diffidenza assoluta, la verità, anche perché ora gli italiani sono tutti più impegnati a parlar male degli immigrati clandestini, brutti, sporchi e cattivi, come venivamo classificati noi quando emigravamo là sopra.

    Una cosa però rimane sempre, una specie di marchio di fabbrica che ci accompagna nostro malgrado ovunque andiamo e che quasi ci eravamo dimenticati di “possedere”: l’associazione Sicilia-Mafia. Non mi capitava da tempo. L’ ultima volta era stata ad una gita scolastica ad Atene in cui i camerieri appena sentivano “Sicilia” rispondevano a botta “Mafia!”. Parevano tanti robbò.

    Mi è ricapitato pochi giorni fa, in occasione di un viaggio in Veneto. Parlando del più e del meno con un tassista, il livello della conoscenza del fenomeno mafioso è apparso chiaro fin da subito. Mi scappa un innocente «qui è tutto pianura, non ci sono montagne». Una cosa detta così, tanto per fare conversazione. «Già», risponde prontamente il loquace tassista in dialetto veneto stretto che io non sarei in grado di riprodurre, «qui non ci sono le montagne, però la mafia c’ è lo stesso».

    Ah ecco, tutto chiaro. In Sicilia c’è la mafia perché ci sono le montagne. Quindi probabilmente il mafioso per una parte d’Italia è ancora il brigante ottocentesco ammucciato nella macchia.

    Il tassista continua in un quasi monologo dicendo che «comunque lì la mafia è più discreta, non uccide in mezzo alla strada come giù a Palermo», e alla fine, dopo aver fatto un quadro di tutta la situazione, parlando quasi con autocompiacimento della grave situazione veneta, fatta di intimidazioni e minacce, conclude con una perla di saggezza. «Comunque con la mafia bisogna conviverci, se non vuoi grane. Meglio far finta di non vedere nulla così campi tranquillo».

    No, dico così, senza polemica. Non sono solo i siciliani ad avere la mentalità mafiosa, nel caso ci fosse bisogno di ricordarlo.

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  • Arrivederci

    Ora che anche tu hai dovuto voltarti indietro e tornare, iniziano a riaffiorare a tratti i ricordi. Quelli di un’ avventura durata anni, in una città in cui non ci siamo sentiti mai estranei né ospiti. Bello è stato, e a stento tratteniamo le lacrime, a parlarne. Allontanati dalla distanza, uniti da un telefono. Si sente solo la voce, che da sola tradisce l’emozione.

    «’Un vìo l’ura chi mi nni vaiu di ccà», sentivamo ripetere spesso da altri ragazzi. E non capivamo. Noi ci trovavamo bene. E ce ne fregavamo di tutti quelli che dicevano che Palermo era lorda e accupusa. Per noi era bellissima. Ora capiamo solo quanto ci manca Lei e quanto ci manchiamo noi, lì.

    Il bello è che ricordiamo solo i momenti buoni, e sono tanti. Le cose tinte ce le siamo scordate, ne parliamo poco. Eppure ne sono successe. Persone squallide ne abbiamo incocciate assai. Ma noi che ce ne fregava. Eravamo insieme, lì. C’è tanto da ricordare, ma mettersi a farlo è come innescare una bomba a orologeria. Per chiudere gli occhi bisogna avere poi il coraggio di riaprirli. Continua »

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  • Vicini, condomini e passanti

    Bello avere dei vicini, la verità. Per chi come me non era abituato a vivere in condominio può risultare un piacevole diversivo: puoi scambiarci quattro chicchere sul balcone mentre fumi una sigaretta o ritiri robbi stinnuti, puoi farci affidamento quando ti serve qualcosa all’ultimo minuto e nessuno dei tuoi coinquilini ce l’ha, e cose varie.
    Come ormai saprete, data la mia variegata frequentazione di case palermitane in formato studentesco, una certa dimestichezza con i vicini di casa l’ho acquisita, e sicuramente avrò occasione di rinfoltirla negli anni futuri. Certo, essendo studente, mi sono evitato tutto il siddìo delle famigerate “riunioni di condominio”, che sanno tanto di film di Benigni e Fantozzi, ma comunque una bel pò di tipi, diciamo “originali”, li ho conosciuti, e proverò qui, in via non del tutto esaustiva, di analizzarli… Eccone alcuni.

    LA SIGNORA DELLO STESSO PIANEROTTOLO
    Che arriva con la figlia e un quaderno di matematica in mano. E che ne so io di matematica? Ho fatto il classico! La signora inizia tutta una pappardella sul fatto che lei paga un sacco di soldi per mandare sua figlia ad una scuola privata, e quindi è giusto chiedere agli insegnanti quando non ha capito qualcosa, e io, dopo la malafiura di aver balbettato quattro scuse e non esser riuscito a capirci nulla dell’esercizio, la appoggio in questa sua battaglia. Anche l’altro mio coinquilino ha fatto il classico e manco ci prova. Un altro ha fatto ragioneria ma non si ricorda niente. La signora dello stesso pianerottolo deve essersene andata schifiata dando ragione al più vecchio dei luoghi comuni sugli studenti: sparte sturìano! Continua »

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  • Studenti e ospedali

    Avendo vissuto cinque anni a Palermo e avendo fatto una vita sregolata condita da alimentazione accomegghiè, non mi sono fatto mancare nemmeno delle simpatiche incursioni all’ ospedale. Anzi, agli ospedali, mica uno soltanto.

    Io che in vent’anni di vita vissuta, in ospedale ero stato solo una volta da piccolo, mi sono ritrovato assiduo frequentatore di questi ameni luoghi palermitani. Ora vi racconto.

    LA PRIMA VOLTA
    Me la ricordo bene. Era una fredda mattina d’inverno in cui mi ero beccato chissà quale virus, e avevo inchiappato tutto il piumone di una mia amica che mi aveva preso in cura con dello zampillante e profumato vomito. Sorvolando sui dettagli, i miei amici decidono che forse era il caso di andare al pronto soccorso (ma c’era bisogno? di stare stavo male, però..).Comunque sia, con la macchina mi accompagnano all’ospedale. A parte che non si è capito bene che codice mi avessero affibbiato, mi sono messo lì ad aspettare seduto con decine di malati. Stavo male, la testa pesantissima, passavano le ore. Ad un certo punto vomito di nuovo e allento. Una signora molto affettuosa che era vicino a me mi accarezza «chi beddu, pari me’ nipute..statti tranquillo, ora ti chiamano». Rincuorato dalle parole della signora, che ancora ringrazio per le cure, finalmente, dopo qualcosa come quattro ore di attesa, mi chiamano. Entro con un mio amico esperto di linguaggio medico, io ero una pezzanterra e non avrei capito nulla. Continua »

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  • Food&beverage: vademecum per i non avvezzi

    Una delle attività che gli studenti fuori sede praticano più spesso oltre studiare, è, manco a dirlo, mangiare. E bere, di conseguenza.

    Sembra non si possa fare altro. Perché quando si è concentrati su un libro particolarmente ostico le pause, per i non fumatori, gira vota e firrìa, riguardano sempre quell’antico, indispensabile e nobile elemento, senza il quale la nostra vita avrebbe fine: il cibo.

    Deliziarsi con una brioche col gelato, gustare un panino alla piastra, o sorseggiare una birra o un bicchiere di vino rosso diventa quasi un appuntamento imprescindibile al quale pochi sono in grado rinunciare. E così va a finire che oltre ai pasti canonici, che assomigliano solo vagamente ai pasti normali che tutti fanno nelle loro case d’origine, ne spuntino fuori, pi ddiri picca, almeno altri tre.

    Ma andiamo con ordine. Continua »

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  • Chi sconfiggerà la mafia? Un esercito di maestri elementari

    Parlare di Falcone nell’anno del ventennale della sua morte e non essere banali può risultare difficile. Il rischio di cadere nel già detto e nel retorico condiziona non poco. Non l’ho mai fatto prima, a parte qualche discorso tra amici o parenti. In questi anni, da quel 23 maggio 1992, la mia curiosità si è nutrita prevalentemente di documenti letti su internet e video su YouTube, di documentari in tv, racconti e opinioni.

    Quel giorno me lo ricordo bene. Fu la prima volta che sentì ripetere la parola “mafia”.
    Frequentavo la seconda elementare. Ricordo le frasi di circostanza che si è soliti rivolgere alla tv in occasione di un evento luttuoso. Ricordo le discussioni degli amici dei miei genitori. Non osavo chiedere, vedevo facce scure, mi ero fatto un’idea tutta mia. Credevo che la moglie dell’agente della scorta Schifani fosse, nella considerazione spesso distorta che hanno i bambini di fronte alla televisione, la moglie di Falcone. Me lo spiegò l’indomani la maestra che quella non era la moglie di Falcone, lei era morta nell’attentato. Continua »

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  • Cercare casa (a Palermo!)

    Dopo il diploma di maturità generalmente allo studentello/ella che vuole intraprendere gli studi universitari, che pensava di aver già dato il massimo sui libri e di aver raggiunto vette inaudite toccate solo da Marie Curie, Leonardo o Pirandello, si aprono tre strade:

    • C’è chi continua a studiare disperatamente per entrare in un corso di laurea a numero chiuso. Vede il mare col binocolo e a settembre sembra ancora una mozzarella. Con la differenza che la mozzarella gronda acqua, nella migliore delle ipotesi latte, mentre gli studenti che studiano da aprile per i precorsi e in più per gli esami di maturità, arrivano a settembre chi ‘ettanu sangu.
    • C’è chi ancora ad agosto è attanagliato dall’atavico dubbio: meglio Giurisprudenza che mi dà lavoro (ah ah ah) o quello che mi piacerebbe davvero fare?
    • E poi c’è chi ha già deciso da tempi immemorabili, complice una sana chiarezza di idee, o una professione paterna (o materna, o ecc.) già avviata, o ancora per moda. Sì, per moda, perché qualcuno fa anche scelte simili.

    A qualunque categoria voi apparteniate, per tutti gli studenti fuori sede, presto o tardi (per la prima categoria un giorno dopo aver saputo di essere stati ammessi), arriverà il fatidico momento. Un momento importante, quasi come la scelta della facoltà da seguire, perché condizionerà non poco il vostro stile di vita, si pensa per i prossimi tre o cinque anni (seee, ottimisti!): la ricerca della casa. Continua »

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  • Studente a Palermo

    Inauguro il mio “ingresso” su Rosalio premettendo che non sono palermitano. Sono nato in una città “in the west of Sicily”, come si scrive nelle composizioni di inglese delle medie. Ovvero a Trapani (per la precisione ad Erice, ma sarebbe troppo lungo spiegare che l’ospedale fisicamente si trova a Trapani ma politicamente appartiene ad Erice). Palermo ovviamente la conoscevo, ma superficialmente, e non ne ero particolarmente attratto. Poi è arrivato il momento del trasferimento: avrei vissuto la città da studente universitario. Il primo quartiere dove sono andato ad abitare, dove sono stato i primi anni e da dove sognavo di scappare, non era particolarmente esaltante. Una via anonima dell’Albergheria senza particolari pretese artistiche, una come tante, fatta per lo più di squallidi casermoni in cemento, microcosmo palermitano ma che comunque(e per fortuna) non esauriva l’ intero universo palermitano. Continua »

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