Matteo Messina Denaro è morto
Il boss mafioso Matteo Messina Denaro è morto stanotte nel reparto detenuti del carcere de L’Aquila. Era in coma irreversibile da giorni per un tumore al colon. Continua »
Il boss mafioso Matteo Messina Denaro è morto stanotte nel reparto detenuti del carcere de L’Aquila. Era in coma irreversibile da giorni per un tumore al colon. Continua »
È stato arrestato dai Carabinieri il boss mafioso Matteo Messina Denaro. Era nella clinica privata La Maddalena di Palermo per sottoporsi a terapie. Continua »
Sono stati affissi anche a Palermo dei manifesti che rappresentano il boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro travestito da donna. Continua »
A 23 anni dall’inizio della sua latitanza si arricchisce di un nuovo aneddoto la storia della primula rossa di Castelvetrano, ora accusato dalla procura di Caltanissetta di essere il mandante delle stragi di Capaci e Via D’Amelio in cui persero la vita i giudici Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino e gli agenti della loro scorta. Il superlatitante è stato, infatti, raggiunto da un provvedimento di custodia cautelare, emesso dalla procura nissena e notificato alla madre, che lo inquadra fra i boss di Cosa nostra che ordinarono le stragi del ’92. Dal 2008 i pm nisseni cercano di ricostruire la dinamica delle stragi dopo il pentimento del killer di Brancaccio Gaspare Spatuzza tentando di comprendere il ruolo ricoperto dall’ultimo padrino. Ma, per capire bene, bisogna fare un passo indietro nel tempo. Continua »
È stato diffuso un nuovo identikit del boss mafioso Matteo Messina Denaro.
Un confidente ha visto da vicino Messina Denaro, ricercato dal 1993, e ha aiutato a rivelare com’è oggi.
L’identikit è stato diffuso da la Repubblica.
La Scientifica ha diffuso oggi un nuovo identikit del boss mafioso trapanese Matteo Messina Denaro realizzato con la tecnica dell’age progression.
Messina Denaro è uno dei latitanti di massima pericolosità ed è considerato uno dei più autorevoli successori di Bernardo Provenzano. È nato nel 1962 ed è ricercato dal 1993; è soprannominato “Don Ciccio” ma anche “Diabolik” per la sua passione per il fumetto e si è discostato molto dai precedenti boss. Il suo stile di vita sembra aver incluso belle donne, corse in auto di grossa cilindrata, orologi e vestiti firmati. Oltre a essere ritenuto coinvolto negli attentati di Roma, Firenze e Milano dopo le stragi del ’92 avrebbe intrattenuto rapporti con i cartelli della droga e del traffico d’armi del resto del mondo.
È uscito S, il mensile che guarda dentro la cronaca.
Nel numero in edicola vengono pubblicate in esclusiva le lettere di Matteo Messina Denaro, il più pericoloso latitante di Cosa Nostra, che parla di politica, mafia, religione e affari ma anche di vita privata e del fatto che non avrebbe mai conosciuto la figlia.
Il boss mafioso Matteo Messina Denaro avrebbe avuto un covo a Palermo. L’ipotesi era già emersa i primi giorni dopo l’arresto ma se ne torna a parlare dopo che il fotografo Fabrizio Corona ha pubblicato sul suo canale Telegram alcune foto tratte, a suo dire, da chat private del latitante con delle amiche. Continua »
Il boss mafioso originario di Castelvetrano Matteo Messina Denaro, latitante dal 1993, potrebbe aver trascorso un periodo della sua latitanza a Palermo, nel cosiddetto “Palazzo di ferro” di via dei Cantieri sotto la responsabilità dei mafiosi dell’Acquasanta. Lo dice il pentito Vito Galatolo al processo Apocalisse. Continua »
Sono state pubblicate nuove intercettazioni del boss mafioso Salvatore Riina contro il pm palermitano Nino Di Matteo.
Riina, parlando col boss Alberto Lorusso della Sacra corona unita dice «Questo pubblico ministero di questo processo, che mi sta facendo uscire pazzo, per dire, come non ti verrei ad ammazzare a te, come non te la farei venire a pescare, a prendere tonno, ti farei diventare il primo tonno, il tono buono…» e ancora «Ed allora organizziamola questa cosa, facciamola grossa e dico non ne parliamo più… perché questi, Di Matteo, non se ne va più, gli hanno rafforzato la scorta».
(foto di A. Romano)
Dopo l’amicizia con Mauro Lauricella, figlio del boss Nino detto “‘u scintilluni”, il capitano del Palermo Fabrizio Miccoli è di nuovo al centro delle polemiche per l’amicizia con Francesco Guttadauro, nipote del boss latitante Matteo Messina Denaro.
In una intercettazione della Dia Miccoli dice a Guttadauro: «Non venire al campo, ci sono gli sbirri nuovi». Miccoli ha ospitato Guttadauro in casa a Lecce e lo avrebbe incaricato di recuperare alcuni crediti di una società che gestisce una discoteca.
Ieri è intervenuto il presidente Maurizio Zamparini: «Quanto successo a Miccoli è la dimostrazione che per lui è meglio lasciare Palermo. Adesso ha bisogno di cambiare aria, può andare negli Emirati. Non conosco bene la situazione, ma purtroppo non poteva certo sapere che il suo amico fosse il figlio di un mafioso».
Il pubblico ministero Antonino Di Matteo è stato minacciato di morte in due lettere anonime recapitate qualche giorno fa alla procura di Palermo.
Le lettere parlano di un piano del boss latitante Matteo Messina Denaro per uccidere il magistrato che rappresenta l’accusa nel processo agli ex ufficiali del Ros Mario Mori e Mauro Obinu e che con Antonio Ingroia ha condotto l’indagine sulla presunta trattativa tra lo Stato e Cosa nostra.
Nelle missive sarebbe scritto: «Amici romani di Matteo (Messina Denaro ndr) hanno deciso di eliminare il pm Nino Di Matteo in questo momento di confusione istituzionale, per fermare questa deriva di ingovernabilità. Cosa nostra ha dato il suo assenso, ma io non sono d’accordo».
Il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica ha rafforzato la scorta al magistrato.
Il questore di Palermo Alessandro Marangoni ha parlato anche di arresti nella conferenza di fine anno: «Arresteremo anche il boss latitante Matteo Messina Denaro, ma non so quando. Non è infallibile. Si tratta solo di cogliere il più piccolo errore. […] Si tratta di persone falsamente mitizzate che sbagliano, anche per questo assistiamo alla presa di coscienza della società civile che ci è vicina».
(foto di Vassily Sortino)
Un nuovo murales ispirato ad Andy Warhol e raffigurante il boss Matteo Messina Denaro è stato avvistato a Palermo in via dell’Università, nei pressi della Facoltà di Giurisprudenza. Nel murales c’è un’immagine del boss in giallo e rosso, la scritta “Messina Denaro”, il simbolo del dollaro (“$”) e la sigla “F.A.”.
Un altro murales si trova nei pressi della Cattedrale.
AGGIORNAMENTO: un ulteriore murales è stato individuato a Castelvetrano, dove Messina Denaro è nato, sul muro degli uffici comunali.
(foto tratta da Antò’s photostream)
La stampa italiana e, di riflesso, quella del resto del mondo sta pubblicando un murales che si ispira ad Andy Warhol e che raffigura il boss Matteo Messina Denaro, tuttora latitante (l’immagine è quella di una vecchia foto). Nel murales che si trova nei pressi della Cattedrale è compresa la scritta «MESSINA DENARO L’ULTIMO!», il simbolo del dollaro (“$”, forse ironizzando sul cognome) e la sigla “F.A.”. L’immagine era presente in Rete da mesi.
Michele Catalano, 48 anni, latitante e ritenuto dagli inquirenti una figura di primo piano del clan Lo Piccolo nella zona di San Lorenzo, è stato arrestato ieri sera in casa di una donna che lo ospitava a Palermo mentre assisteva alla fiction Il capo dei capi sulla vita di Totò Riina.
Catalano era l’unico sfuggito a una retata lo scorso 12 novembre. Gli vengono contestati i reati di associazione mafiosa, estorsione, traffico di stupefacenti.
Sul Giornale di Sicilia di oggi è stato pubblicato il necrologio nel nono anniversario della morte di Francesco Messina Denaro, padre di Matteo che sarebbe uno dei più pericolosi capimafia ancora in libertà. Il necrologio potrebbe essere un segnale per gli appartenenti alla cosca.
La polizia scientifica ha realizzato un identikit di Matteo Messina Denaro, considerato come uno dei più autorevoli successori di Bernardo Provenzano (di cui ricorre in questi giorni l’anniversario della cattura). Per la realizzazione ci si è avvalsi di indicazioni fornite da informatori della Polizia e collaboratori di giustizia.
Messina Denaro è nato nel 1962 ed è ricercato dal 1993; è soprannominato “Don Ciccio” ma anche “Diabolik” per la sua passione per il fumetto e si discosta molto dai precedenti boss. Il suo stile di vita sembrerebbe includere belle donne, corse in auto di grossa cilindrata, orologi e vestiti firmati. Oltre a essere ritenuto coinvolto negli attentati di Roma, Firenze e Milano dopo le stragi del ’92 intratterrebbe rapporti con i cartelli della droga e del traffico d’armi del resto del mondo.
L’avvocato del foro di Palermo Marcello Marcatajo, che dalle intercettazioni si autodefiniva la “minna” (il seno) da cui i mafiosi attingevano quando avevano bisogno di denaro, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti agli inquirenti in ordine ai fatti che l’hanno condotto in carcere lo scorso 12 gennaio quando, all’alba, i finanzieri del nucleo speciale di Polizia valutaria hanno suonato al campanello della sua villa di Mondello per arrestarlo con l’accusa di riciclaggio aggravato dal favoreggiamento alla mafia. Secondo gli inquirenti, infatti, il civilista palermitano avrebbe curato gli affari immobiliari del clan mafioso dell’Acquasanta attraverso l’acquisto e la vendita di appartamenti e ville dei costruttori Graziano, per l’attuazione di una serie di operazioni finalizzate ad evitare che i beni della stessa famiglia venissero sequestrati. Continua »
Nel marzo del 2005 scrissi per la prima volta sulle pagine regionali di Milano Finanza un’idea che portò in seguito, nel 2008, un gruppo molto trasversale di palermitani sostenuti attivamente da Rosalio a lanciare la petizione on-line, Chiediamo i danni a Cosa Nostra, raccogliendo, oltre a circa 20.000 firme da tutta Italia, due risultati importanti: la Regione si obbligò da allora (ne aveva solo la facoltà) a costituirsi parte civile nei processi di mafia e in quelli contro politici e burocrati collusi. E poiché la crisi finanziaria della Regione Siciliana è ben nota ed è così drammatica da legittimare il ricorso a soluzioni straordinarie, ho pensato di riproporla in vista dei lavori di Sicilia 2.0 voluta dal sottosegretario Davide Faraone. Continua »
Il nuovo assessore regionale all’economia, Alessandro Baccei, designato dal Governo nazionale con le stesse modalità con cui, negli anni ’80 all’epoca dei Brady bond, gli Usa designavano i ministri dei Tesoro dei grandi paesi debitori latino-americani, ha finalmente svelato l’entità del buco dell’allegra finanza siciliana: 3,6 miliardi. Per comprendere come si sia giunti a tanto, Lelio Cusimano sulle pagine del Giornale di Sicilia ha messo semplicemente in fila, senza commenti perché i dati si commentano da soli, i più importanti e mai ascoltati rilievi della Corte dei Conti, di economisti e opinionisti assieme a citazioni ufficiali della Regione stessa. La lettura è fortemente consigliata non solo ai contribuenti siciliani che si preparavano a pagare per i prossimi 30 anni le massime maggiorazioni delle aliquote fiscali su un mutuo ipotizzato ieri in uno, oggi in due e domani chissà in quanti miliardi di euro, ma anche ai contribuenti delle altre regioni che potrebbero ritrovarsi a pagare indirettamente questo risanamento finanziario, pur non avendo mai ricevuto analoga solidarietà fiscale da parte dei contribuenti siciliani il cui gettito di imposte, per prerogativa dello Statuto autonomistico, viene quasi interamente incamerato dalle casse regionali. Continua »
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