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Biografia: 23 anni, studente a Scienze della Comunicazione (Giornalismo per uffici stampa).

Antonio Bonventre
  • Il paese reale

    I vegliardi nel piccolo paesino di provincia si svegliano, fanno colazione, si lavano, si vestono e si danno appuntamento in piazza per dispensare saggezza. Chi ffici, carìu Prodi? Ah, se? Buono! ‘U broccolo a quant’è? Due parole tra una briscola e l’altra sui cofani delle automobili, il matto uscito da uno studio di Rambaldi ti saluta, ti stringe la mano non senza interesse: qualche spicciolo ed è contento. Su’ tutti uguali, è ‘bbiero, ma è miegghiu ca sti comunisti sinni vannu a casa. ‘Un si po’ accattare cchiù nenti. ‘U Palermo cu pigghiò? La fontanella perde da settimane, facendo da sfondo muto ad un’assemblea di cappelli e sigarette che discute degli affari nazionali. Il pensionato porta fuori il cane e da sotto la visiera mi scruta e butta l’occhio sul giornale che tengo sottobraccio, preoccupandosi di capire quale sia la testata e di etichettarmi politicamente, fino al richiamo del guinzaglio. Uomini importanti sentono odor di elezioni e osservano e reclutano. Il ciclista della domenica si allena con due giorni d’anticipo, attento a evitare le auto guidate da gente impassibile. Bene non approfondire, nella convinzione che tutto, nonostante il cambiamento, resti uguale a prima. ‘U viristi chiddu ca sbinìu? Mah, sunnu tutti ‘na manata ri buffuna. Ti saluto, mi va pigghiu ‘u cafè. Po essere ca calò.

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  • “All’inglese”

    Il dubbio è sempre quello: lasciar parlare coloro che si riempiono la bocca di cattiverie gratuite, prive di senso, incassare e non degnar loro della minima importanza o dirgliene due giusto per non far passare l’equazione del silenzio-assenso? Avrei potuto non scrivere questo post solo per la voglia di non dar ragione a Simon Kuper del Financial Times, il quale sostiene che noi siciliani siamo un pochetto permalosi quando gli altri ci ricordano la “nostra tradizione di violenza”. Invece, state leggendo questo post perché non siamo affatto permalosi. Possiamo prendercela con uno che lega, parlando di coincidenze, la rinascita delle tre squadre siciliane con la cattura di Bernardo Provenzano? Possiamo puntare il dito e urlare in faccia, senza toccarlo, contro uno che scrive che non vuole offendere la Sicilia con stereotipi datati e che ritiene stupido comunque provocare persone in grado di fare offerte “che non si possono rifiutare”? Possiamo noi arrabbiarci con uno che non vede di buon occhio la presenza di Palermo, Catania e Messina in serie A perché si trova d’accordo con un criminologo secondo cui “le convenzioni della vendetta non sono seguite solo dai rozzi contadini siciliani, ma anche dalle squadre di calcio, dai politici, dai critici letterari etc.”? Possiamo non dormire la notte perché “il signor” Kuper ritiene che se la Sicilia può competere, seppure limitatamente al gioco del pallone, tale possibilità è da considerarsi nefasta, è indice di qualcosa che non va? No, non possiamo avercela con lui. E che possiamo fare? Nulla, se non ospitarlo amichevolmente in curva Nord per Palermo-Newcastle, il prossimo 2 Novembre. Almeno, per un’ora e mezzo, eviterà di scrivere.

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