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lunedì 11 nov
  • Un sogno proibito

    Non ho vergogna a confessarlo: sono un vanaglorioso.
    Mi ritengo perciò condannato senza speranza alle pene dell’Inferno. Condanna inflittami già dall’Ecclesiaste “vanitas vanitatum et omnia vanitas” vale a dire l’infinita vanità del tutto.
    E poiché vanità viene da vano cioè vacuo, vuoto, potete immaginare già quanto mi costino queste righe che equivalgono a una pubblica confessione della mia pochezza. Confessione liberatoria che mi permette di mettere a nudo, di scoprire finalmente il mio sogno proibito. Quantomeno il mio segretissimo sogno nel cassetto.
    No, non sogno assolutamente un “Premio Pulitzer” che, come sapete, è l’Oscar del giornalismo. Penserete che aspiri al Nobel per la letteratura per la mia “opera omnia”, magari postuma edizione di tanti articoli sparsi fra quotidiani e riviste?
    Non ci penso neppure; confesso però che c’entrano i cavalli…
    C’entrano in modo assolutamente speciale e neppure come fruitore delle loro prestazioni, dei loro servizi, ma come fare a spiegarvi?…
    Tenterò più chiaramente con qualche esempio.
    Aleksej Grigorevie Orlov, fratello del più conosciuto conte Grigorij, amante della Grande Caterina di Russia, a metà del ’700 azzeccò le giuste correnti di sangue da cui nacque quel famoso trottatore che porta il suo nome.
    Justin Morgan, fu un albergatore americano (ma con il pallino della musica) che tutti conosciamo certamente più del suo omonimo Thomas (Nobel 1933 per la medicina).
    Il suo unico merito fu quello d’essere stato il proprietario di Figure, un baio robustissimo, che finì con l’essere chiamato con il cognome del suo padrone, dopo avere dimostrato di saper procreare dei soggetti assolutamente simili a lui.
    Il maresciallo sovietico Budionny diede il proprio nome a quella famosa razza russa nata dall’incrocio del sangue inglese con il cavallo del Don.
    Mentre l’italo-argentino Falabella riuscì a dare il proprio nome a quei cavallini, veri cavalli bonsai che non servono assolutamente a niente.
    A questo punto mi tolgo la maschera: ebbene, pure io vorrei vedere il mio nome legato a quello d’un cavallo da me inventato.
    Invidia, ambizione sfrenata, bassezza morale, chiamatela come volete…
    Da qualche tempo studio segretamente genetica interessandomi a geni ereditari e DNA.
    Il mio sogno proibito è un cavallo che galoppi da novanta all’ora oppure che salti i due e cinquanta. Al limite mi contenterei d’un trottatore da 1,05….
    Sto tentando di far nascere una tenera amicizia fra una deliziosa cavallina araba e un ghepardo… Avete presente quei gattoni che fanno i cento all’ora e saltano i tre metri come niente?…

    Palermo
  • 7 commenti a “Un sogno proibito”

    1. ahhaha chissà che esemplare vien fuori dall’incrocio tra la cavallina araba e un ghepardo. aspetto di i piccoli cuccioli gaetano basile. Auguri

    2. Parafrasando Einstein, e se invece ne venisse fuori un gattone affamato di quattrocento chili che trotta invano dietro ad una gazzella?
      Ciao Gaetano,
      un abbraccio

    3. Ma dove vuole andare a parare il sig. Basile? Che metafora e’ la sua del cavallo e del ghepardo? Avesse almeno concluso la favoletta magari con una lezioncina morale o un’aforisma, una battuta di spirito … horror vacui confortato dal niente!

    4. @orazio :-O

    5. @marid@: ???????

    6. Gent.mo Gaetano per un trottatore da 1.05 si potrebbe provare a incrociare il mitico Varenne con Moni Maker, già sua degna avversaria in un famoso Nazioni a Milano, e vedere che cosa ne esce fuori. Semplice no? Con affetto Vicè.

    7. E, parafrasando Eduardo, chi lo dice che sia un male il gattone di 400 kg. Specialmente visto dall’ottica della gazzella.
      Comunque sia, a tiru luangu si viri u cavaddru.

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