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mercoledì 24 apr
  • Su comunismo a Palermo, palestinesi e israeliani

    Signor Walter Giannò, dopo i primi 33 anni della mia vita, trascorsi a Palermo, dove sono nato, l’azienda, per la quale lavoravo, mi trasferì a Como, città in cui risiedo da circa 30 anni.
    Questa separazione fisica dalla mia terra d’origine non mi ha impedito di seguire, con una certa assiduità, le vicende della mia città natale.
    Le comunico queste brevi note biografiche non perché le possano interessare, ma perché la lunga permanenza in Lombardia, mi permette di manifestarle talune preliminari considerazioni prima di affrontare il principale motivo che mi ha spinto a scriverle, a seguito del suo articolo pubblicato su “Rosalio.it” il 14 aprile u.s., dal titolo Palermo è comunista (ma i palermitani lo sanno?). Titolo di sicuro effetto emotivo, anche perché corredato da una grafica piuttosto singolare, ma suppongo che, allo stesso tempo, possa apparire fuori tempo massimo, cioè anacronistico.
    Preciso che, non disponendo di elementi di conoscenza solidi ed approfonditi, non entro nel merito delle sue legittime valutazioni sull’Amministrazione comunale di Palermo e dintorni, né, tanto meno, sui comportamenti e sulle situazioni attribuite alle persone da lei pure indicate nell’articolo in questione.
    Ritengo, infatti, che il secolo breve abbia, definitivamente, consegnato alla memoria storica il comunismo, i comunisti, insieme ad altre ideologie, ma soprattutto ciò vale ancor di più per Palermo, in modo particolare, perché nemmeno quando c’era Achille Occhetto (anno 1969 e seguenti) a dirigere la segreteria regionale dell’allora PCI, i palermitani, che allora “sapevano”, furono, per questo, vittime di inquietudini o lamentarono disagi di qualche natura. Né, le istituzioni, almeno quelle comunali, subirono sconvolgimenti o crisi di alcun genere. Tra l’altro, in Consiglio comunale, proprio tra i banchi del PCI, sedevano Renato Guttuso e Leonardo Sciascia che, credo, siano scarsamente confrontabili con i “comunisti” suoi contemporanei, nonché, presumo, suoi concittadini.
    Quelli che, a tutt’oggi, si ostinano a farsi chiamare “comunisti”, temo siano ridotti, ormai, alla stregua di membri di club elitari che, comunque, risultano molto più innocui rispetto a quelle formazioni politiche o pseudo tali che nell’arco degli ultimi 20 anni hanno condotto, non solo Palermo, ma l’Italia intera, per esempio, all’indecoroso primato di Paese più corrotto d’Europa!.
    Nella “mia” Lombardia non riscontro tracce di comunisti: o sono o si sono resi irreperibili, oppure sono entrati nell’oblio. Di contro, sono costretto a convivere con un movimento politico che con l’ipocrisia, con la demagogia, con il pregiudizio, con la discriminazione, con il razzismo, con la violenza verbale e, dunque, con una colossale supremazia dell’ignoranza, ha costruito ed alimenta la strategia del consenso popolare, con cui mi incontro e mi scontro quotidianamente.
    In questo quadro che, comunemente, viene camuffato, ricorrendo all’edulcorato stereotipo di regione virtuosa, operosa, ricca, produttiva, efficiente, accogliente, ecc., anche Como non è immune dal malaffare, né è esente da scandali. Secondo la G.d.F., nella provincia si registra una massiccia presenza della ‘ndrangheta e di molteplici attività a questa riconducibili, mentre a Como succedono scandali, anche a lei, probabilmente, poco noti, quali quello delle paratie al lago (analogo al mose di Venezia), quello della “ex Ticosa”, quello della “ex Fisac”, quello del “Dadone”, e via dicendo.
    Con ciò non voglio sottovalutare o, addirittura, negare che Palermo sia una città-problema, quanto piuttosto bisogna rendersi conto che Como, a dispetto della geografia e della meteorologia, risulta essere vicina, molto più vicina a Palermo, di quanto si possa immaginare!.

    Ultimissime.

    Ad ogni modo, l’argomento sul quale intendevo attirare, principalmente, la sua paziente attenzione è quello relativo alla sua convinzione, confermata anche nel suo precedente articolo del 18 luglio 2014 (Rosalio.it), allorché esemplifica, a mio avviso, la configurazione del conflitto israelo-palestinese, identificandolo con «una sanguinosa battaglia tra Hamas e Israele».
    Atteso che lei si assume il gravoso impegno di rappresentare “per tutti” che Hamas è terrorismo, la inviterei a leggere alcuni dati che qui di seguito le sottopongo e a guardare alcune foto, da me personalmente scattate, nel corso di un viaggio effettuato nel 2012, ospite di una cooperativa di artigiani, a Betlemme (Palestina), non con lo scopo di contrappormi alle sue opinioni, degne di ogni rispetto, ma più semplicemente per offrirle, ove possibile, un altro punto di vista secondo il quale Hamas non è la Palestina e la Palestina non è Hamas, così come, allo stesso modo, nel conflitto anglo-irlandese, l’IRA non rappresentava l’Irlanda, né questa coincideva con l’IRA, al di la, ovviamente, di qualunque connotazione, compresa quella terroristica, si possa conferire ad entrambe le formazioni armate.
    Sotto questo aspetto, ritengo imprescindibile recarsi in quei luoghi, nel tentativo di capire, compiutamente, il complesso ed articolato contesto.
    Io stesso, durante e dopo questo viaggio, francamente ho dovuto correggere e rivedere alcuni miei giudizi, riconoscendo la superficialità, la parzialità e la inadeguatezza di taluni miei convincimenti.
    Il tragico bilancio dell’ultimo conflitto (2014), in termini di perdita di vite umane, è illustrato anche da questi numeri:

    PALESTINESI ISRAELIANI
    Totale morti: 2101 69
    Civili: 967 4
    Bambini: 493 1
    Miliziani/militari: 641 64

    (Fonte: United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs. 8/8/2014).

     Prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane: Totale 6200
     Prigionieri politici israeliani nelle carceri palestinesi: Totale 0
    (Fonte IPSC settembre 2014).
    Sarebbe, altresì utile, oltre ogni pregiudizievole propaganda, fornirsi di notizie vere ed accertate sui reali trattamenti che le carceri israeliane riservano ai loro ospiti palestinesi, uomini, donne e bambini, non essendo disponibile, per ovvi motivi, conoscere ciò che accade, invece, nelle carceri palestinesi.
    Le foto, che ritraggono alcuni pezzi del muro che circonda Betlemme, fanno parte di un sistema di vero e proprio assedio/isolamento presente in tutte le zone della Palestina. Prendendo a comparazione, magari per curiosità, l’ex muro di Berlino, osserviamo che questo era alto metri 3,60, mentre quello eretto da Israele misura in altezza metri 6; il muro di Berlino era lungo complessivamente Km.155, quello che delimita i territori palestinesi, misura Km.723.
    E’ certamente da condannare l’attacco ai civili con i missili lanciati su Israele da Hamas e non solo, ma sono convinto che tanto più occorre chiedere ad Israele di fermare la costruzione delle colonie in Gisgiordania e non solo (una delle mie foto fa vedere la abnorme colata di cemento che viene fatta su uno sperone roccioso, privo di ogni servizio urbano e con lo scopo di sottrarre spazio, insediando coloni israeliani, alle terre della Palestina), ritenuta, tra l’altro, illegale dal diritto internazionale; di fermare la frantumazione e la divisione del popolo palestinese; di cessare, sul serio, l’assedio a Gaza; di fermare la distruzione della già fragile economia palestinese; di annullare i provvedimenti di revoca della residenza per migliaia di palestinesi; di liberare i prigionieri palestinesi in detenzione amministrativa; di smettere di demolire case ed evacuare palestinesi.
    Netanyahu, subito dopo essere stato rieletto, il mese scorso, invece di occuparsi del costo della vita, dei costi proibitivi della case, della necessità di redigere l’enorme budget militare, che assorbe il 6% del Pil, dei bisogni dell’educazione, della sanità e dello sviluppo, ha preferito annunciare: «Con me primo ministro, non ci sarà uno Stato palestinese».
    Verosimilmente, è prevedibile che la lunga e, purtroppo, atroce storia di colonizzazione iniziata nel 1948 con la formazione unilaterale dello Stato di Israele, se condotta ancora con questa preoccupante lucidità, manifestata così inequivocabilmente dalla leadership israeliana, possa durare ancora per molto tempo.
    Gli Accordi di Oslo del 1993, le innumerevoli Road maps, la risoluzione dell’Onu del 29/11/2012, il consenso crescente da parte della comunità internazionale sul riconoscimento dello Stato palestinese, sono stati e sono tutti tentativi, molti dei quali falliti o inapplicati, che si dimostrano indubbiamente importanti, ma non sufficienti finché, usando le parole dello storico israeliano Ilan Pappè, non si porrà termine “alla pulizia etnica della Palestina”.
    Credo, che l’unico “tifo”, per usare adesso una sua espressione, sarebbe di farne uno proficuo per un ritorno ad una convivenza non violenta e pacifica, fondata sul rispetto di ogni singola persona, a qualunque Stato o religione appartenga, così come suggerisce lo scrittore israeliano Gideon Levy, quando scrive: «Gli israeliani dovrebbero abbandonare le loro convinzioni di base ed accettare i palestinesi come esseri umani, il che è ben diverso da ciò che accade oggi».
    Grato per la cortese attenzione e augurandole buon lavoro, le invio cordiali saluti.

    Ospiti
  • 4 commenti a “Su comunismo a Palermo, palestinesi e israeliani”

    1. Probabilmente il miglior post mai apparso su questo sito.

    2. A mio parere, il comunismo e’ in teoria il miglior sistema socio-economico possibile, in pratica il peggiore. Perche’ vede l’uomo come dovrebbe essere, non come realmente e’.
      Infatti, per il comunismo, tutti gli uomini sono uguali, e quindi anche intercambiabili nelle loro funzioni, ma cio’ e’ palesemente falso.
      Infatti, ogni individuo e’ diverso da qualunque altro, e conseguentemente anche il suo apporto alla societa e’ diverso. Ci son persone naturalmente laboriose, ed altre che preferiscono oziare. Ci son individui ambiziosi, ed altri per i quali un tozzo di pane va piu’ che bene. Ci son persone che hanno un codice morale elevato, ed altre molto meno oneste. Ecco perche’ il comunismo, quando adottato su larga scala, ha sempre fallito: perche’ ha messo sullo stesso piano persone valide e meno valide, col risultato finale di danneggiare quelle che avrebbero potuto dar un grande contributo alla societa’, e di favorire invece coloro i quali non avevano le caratteristiche giuste per ricoprire i posti che han poi ricoperto.
      Infatti, secondo me, i migliori sistemi socio-economici son quelli dell’Europa settentrionale, che presentano una societa’ capitalistica (e quindi dove il merito e l’intelligenza posson trovar piu’ spazio) corretta da forti interventi di stato sociale, che si prende cura di chi, per un motivo o per l’altro, non riesce a sfondare nella societa’.
      Per quanto invece concerne il conflitto israelo-palestinese, beh, e’ come addentrarsi in un ginepraio.

    3. D’accordissimo con Luigi Casella. Se fossi nel responsabile di questo blog chiederei al signor Biagio Corselli di scrivere molto ma molto spesso!!

    4. Botta di Giannò e risposta di Corselli alla quale aggiungo qualche modesta riflessione. Comincio col dire che, nonostante il voto quasi plebiscitario per l’odierna giunta palermitana, si rileva una palese non coincidenza fra sentire della gente e azione politico amministrativa. Ciò che significa che la gente di Palermo ha altro sentire. Una discrasia accentuata dai comportamenti palesemente propagandistici della giunta Orlando. Detto questo, non credo che Palermo sia comunista, nel senso che chi la governa sia comunista nell’ignoranza dei cittadini. Piuttosto direi che siamo di fronte ad un’a ministrazione che immagina di fare cose di sinistra cavalcando luoghi comuni e frasi fatte che una sinistra moderna e responsabile non si sognerebbe di praticare. Direi, visto che parliamo di comunismo, che ci si trovi di fronte a quello che Lenin definiva infantilismo espresso attraverso la manifestazione di un sentire scollato dalla realtà. Bandiere, marce , manifestazioni spettacolari utili solo a riempire un vuoto, che è anche vuoto culturale, sempre più evidente.

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