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Sito: http://www.caliaesemenza.it/

e-mail: caliaesemenza@hotmail.it

Biografia: Sono nata 28 anni fa, in una notte di fine aprile, a Palermo, turbando gli equilibri della famiglia perfetta alla quale ero stata destinata dal cielo: mamma, papà, maschietto e femminuccia. Innamorata delle scienze, biologiche, tanto da studiarle ancora. Nel corso della mia formazione ho sviluppato un amore profondo per l'avifauna, svolgendo anche il servizio civile alla riserva di Isola delle Femmine, in gestione alla LIPU. La fotografia è un altro modo che ho per esprimere quello che ho dentro. Vivo con la speranza che un giorno anche qui le cose possano andare bene.

Serena Tudisco
  • Anatomia sicula (aggiornamento)

    Sapete che a novembre questa immagine inclusa nel post Anatomia Sicula è stata una delle più condivise di Rosalio?

    Anatomia sicula

    Quando in quel noioso pomeriggio domenicale ho creato Anatomia sicula non credevo di riuscire a fare sorridere e riflettere molti di voi sui termini che spesso qui in Sicilia utilizziamo per appellare delle parti anatomiche del nostro corpo. Continua »

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  • Ma che freddo fa

    C’è caldo in questi giorni a Palermo, è dicembre ma il termometro ha superato i 24 gradi Celsius .
    Queste giornate ricordano quelle di una calda primavera, che va verso l’estate.
    Ci si aspetterebbe di vedere per le strade, gente con un abbigliamento adeguato al clima, magari una camicia ed una felpa accompagnata da una giacca leggera.
    Cosa accade, invece? Tu intanto sudi, e sull’autobus sei circondato da gente che sembra appena tornata dal Polo Sud! Si alternano sciarpe, cappelli, piumini e ai loro piedi trovi anche gli immancabili stivali, magari quelli in gomma, per la pioggia. Non si sa mai, metti che gira il vento e ti trovi impreparato! Continua »

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  • Anatomia sicula

    Anatomia sicula

    Nel corso degli anni grazie ad amici, conoscenti e voci di strada, ho raccolto diversi dati “scientifici” su come possa essere la nomenclatura dello scheletro umano nel nostro dialetto.
    Le nostre ossa sono più di duecento, quindi sono pronta ad accogliere ogni vostro suggerimento, per attribuire ad ogni parte anatomica il nome corretto, così da rendere il mio scheletrino ancora più sorridente!

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  • A volte ritornano

    Sei anni fa una nave portava via mia sorella Simona da me e da Palermo.

    Come se fosse diventato ormai qualcosa di naturale, anche un’ altra parte di me andava lontano, da tutto quello che eravamo state insieme. Credevo, che anche per me prima o poi sarebbe arrivato il momento in cui lasciare la Sicilia, come se facesse parte di un naturale iter, crescere in una terra fatta di sole e di mare per poi finire nella nebbia.

    Da un giorno ad un altro non c’erano più le “Due Tudisco” per casa, ma solo Serena, così dal 2004 abbiamo dovuto iniziare ad adeguare il nostro rapporto, che come ingrediente base aveva la distanza.
    Ad esempio, la notte tra il 31 dicembre di quell’anno ed il I Gennaio, l’abbiamo passata al telefono, lei era da sola, ed anche i miei genitori ed io in fondo lo eravamo, cominciava così davvero a scricchiolare la nostra famiglia, ci mancava semplicemente la normalità, come il condividere la notte di San Silvestro. Continua »

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  • Strippenkaart o biglietto Amat?

    Eccomi qua, tornata nel nostro capoluogo dopo l’essere andata via su per l’Europa.
    Con qualche click del mouse ed un volo preso dalla calda Palermo sono arrivata nei Paesi Bassi, se ci si ferma a riflettere guardando semplicemente una cartina, sembra un posto così lontano, ed invece bastano due ore per raggiungere questo “mondo” che inizialmente non conosci.
    Quando si apre la porta dell’aereo e scendi dalla scaletta ti rendi già conto che ti trovi in un luogo che per un palermitano somiglia ad un miraggio. Te ne accorgi dal sentiero creato fisicamente da chi lavora sulla pista, per guidarti dentro l’aeroporto, inutile dire che qui non ho mai visto un servizio del genere.
    Da turista, ho preso subito dopo l’autobus che mi avrebbe portato alla stazione: ho comprato il biglietto a bordo, timbrato dallo stesso conducente che, avendo tutto lo spazio per fermarsi lungo la sua corsia, non ha avuto nessuno tipo di impedimento a compiere questa operazione. Continua »

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  • Normalità

    Due settimane fa, intorno alla mezzanotte ho seguito in tv “Correva L’Anno”, questa volta dedicato ai giudici Falcone e Borsellino.
    Guardandolo, come spesso faccio, in una coltre di silenzio, ho avuto una strana sensazione capace di fare venire a galla i miei ricordi di bambina.
    Quando ero piccola, sono nata nel 1979, fino all’esplosione di Capaci nel 1992 per me quello che accadeva per le strade della mia città era “normale”.
    Quella serie di volti, famiglie, figli, padri, bambini, che piano piano venivano inghiottiti da questa terra, facevano parte della mia realtà.
    Ascoltando i telegiornali, avevo paura, sentivo la terra tremare sotto i miei piccoli piedi ma capivo che questa fosse Palermo, come se tutte queste morti facessero quasi parte del costume della città.
    I miei genitori mi hanno sempre detto tutto, sapevo bene cosa accadesse qui, sono stata sempre la bimba più informata della classe, quella a cui chiedere, ma le influenze ambientali , se le vogliamo chiamare così, hanno il loro peso nella nostra crescita o forse non riuscivo ad arrivare alla soluzione del problema.
    Qui quando sei in giro per le strade convivi con le lapidi ad ogni angolo, per me le via Lenin Mancuso o la via Cesare Terranova erano solo le strade in cui abitavano le mie amiche e non mi chiedevo del perché avessero proprio quel nome.
    Mi osservo adesso, come se quella bambina non fossi mai stata io, atterrita dal pensiero che aleggiava dentro di me.
    Il 23 maggio 1992, tutto quello che appariva normale ai miei occhi ha cessato di esistere e la Serena che sono adesso ha cominciato a capire che quella parola era la più sbagliata che potesse rappresentare quello che accadeva e continua a succedere Palermo.
    L’eco di quelle bombe continua ad essere dentro di me, per sempre.

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  • Educazione stradale a Palermo

    Sarà perché siamo una regione a statuto speciale, che da noi l’educazione stradale è diversa dal resto d’Italia?
    Qui si guida in maniera “diversa”.
    Ricordo che molti dei miei colleghi all’università, dicevano che dal loro paese non sarebbero mai venuti nella nostra città
    con la loro macchina, perché avevano paura. Come dargli torto?
    Altri mi dicevano che se sai “guidare dalle nostre parti”, lo puoi fare in tutto il mondo.
    Come se in Sicilia ti dessero una licenza particolare.
    Questo non è un luogo comune però, come molti di quelli legati alla nostra terra, ecco alcuni esempi, che vedo quasi ogni giorno. Continua »

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  • La signora Rosa

    Esistono delle figure che, nella nostra vita, diventano dei veri personaggi storici, vuoi per usi e costumi della nostra città o più semplicemente perché li eleggiamo noi stessi a punto di riferimento del quartiere in cui siamo cresciuti.
    Uno dei miei è stato la signora Rosa, una donna piccola piccola che viveva in corso Calatafimi dai tempi in cui c’era la “funicolare” di Monreale, affacciandosi dalla sua persiana avrebbe potuto vedere quello che noi tutti oggi sogniamo, una linea tranviaria.
    A dividere la mia famiglia da lei solo pochi metri, capaci di rappresentare due mondi completamente diversi, uno rappresentato da chi aveva raggiunto quella zona di Palermo quando la città era in espansione e dall’ altro, chi da almeno sessant’anni viveva nella sua catapecchia, con due camere in cui vivere da sola, all’ interno della quale il tempo sembrava essersi fermato. Continua »

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  • Volevo solo andare dal dottore!

    Da casa mia, fuori dalle mura della vecchia città al centro attuale, in potenza solo sei chilometri, da percorrere, in atto una vera odissea!
    L’unico dato certo è dato dall’impossibilità di prendere un autobus per raggiungere in orario la mia destinazione.
    L’altra alternativa è rappresentata dall’automobile ma i nodi, putroppo, vengono subito al pettine, infatti basta visualizzare il mio mezzo di trasporto per accorgermi che davanti a lui è “sbocciata” un’ altra macchina, ma la colpa è mia, visto che abito vicino a due bar e abbandonare il proprio mezzo di locomozione per il palermitano è naturale, tanto da sentirmi dire, quando arriva il suo proprietario a spostarla: “E per cinque minuti, come fa”! Continua »

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  • “E tu come ti chiami?”

    Sin dai primi giorni della scuola elementare, si creava una grande confusione in classe: suonava la campanella, ognuno di noi prendeva posto e la maestra cominciava a fare l’appello.
    Spesso il compagno di turno, al 99,9% di sesso femminile, dopo avere arricciato il naso, alzava il ditino ed oltre a dire di essere presente, diceva come sarebbe voluto essere chiamato: cioè con un altro nome.
    Sono svariati i modi in cui si aggirava il problema:
    A volte bastava cambiare una sola vocale, come molte “Concette” che sono diventate “Cettine” o consonante: “Pietro” in “Piero”. Altre cambiando la lingua: Maria, “Mery”, le innumerevoli Giuseppa diventate “Giusy”.
    In diversi casi avveniva il fenomeno detto “dell’inversione” in cui il secondo nome diventava il primo con relative giustificazioni del tipo: “Non mi hanno messo la virgola” o “ mi hanno messo la virgola”, ancora non ho capito quanto peso all’anagrafe possa avere questo dannato segno di interpunzione. Continua »

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  • Faccio outing, anche io avevo “il gruppo”

    C’era un tempo in cui il venerdi sera si usciva, mi ero fatta anche una teoria al riguardo ero convinta che “il gruppo”, entità della quale ho fatto parte per un paio di anni, si risvegliasse nel crepuscolo di questa giornata per poi ripiombare in un sonno quasi letargico la domenica sera. Da solo ognuno di noi non aveva un senso, né uno scopo ben definito.

    Il primo giorno di risveglio era il più tranquillo infatti eravamo in pochi ad uscire, quello di totale ripresa invece era il sabato, interamente proiettato alle 22: bisognava collocare gli amici nelle macchine anche se non eri tu a guidarle, quando scattava l’ora X, riunirsi sotto casa della fortunata che stava in centro, la quale quando apriva il portone era accolta, come una regina da tutti noi sudditi. Eravamo almeno una ventina con delle “guest stars” che ogni tanto apparivano, facendo aumentare a dismisura il numero gia’ elevato del gruppo, da lì si sceglieva un posto grande, spazioso, adibito a certi tipi di amicizie allargate. Molte volte si finiva nei famigerati discopub, posti che personalmente ho sempre detestato e che forse adesso non sono più in voga.
    Odiavo stare in piedi per delle ore, con i tacchi alti, che in passato usavo, era davvero una tortura cinese.
    Per alleviare la sofferenza mi davo alle bevande alcoliche, ero una delle poche ragazze che consumava grammi di alcool a differenza delle brave ragazze che non bevevano o di quelle che erano fissate con la linea (ancora non lo ero).

    Il mio negroni ed io, insieme attraversavamo la pista. Continua »

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  • Perdere i documenti a Palermo

    Che non vi succeda mai, così com’è successo a me, di essere scippati o di perdere i documenti a Palermo.
    La trafila che ne segue ha dell’incredibile.
    Vado alla polizia, verso le 19, per fare la denuncia e mi mandano a casa dopo questo scambio di battute:
    Io dico: “Dovrei fare una denuncia perché ho perso i documenti”.
    Poliziotto: “E la patente ce l’ha”?
    Io: “Ho perso i documenti, tutti”.
    Poliziotto: “Allora non la può fare la denuncia, senza documenti non si può! E noi con l’anagrafe non ci parliamo e poi visto che sono le 7…senta se la ferma qualcuno glielo spieghi! Domani va al Comune e si fa dare il numero del documento perché senza documento la patente non si può fare, sempre che sia duplicabile!”.
    Io: “E da cosa dipende che sia duplicabile o meno?”.
    Poliziotto: ……………….. (silenzio, sguardo perso nel vuoto). Continua »

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