Guardateli in faccia i vostri candidati!
[…] La fotografia elettorale è quindi prima di tutto riconoscimento di una profondità, di un irrazionale estensivo alla politica. Nella fotografia del candidato non troviamo trasfusi i suoi progetti, ma i suoi motivi di presa, tutte le circostanze familiari, mentali, anche erotiche, tutto quello stile di essere di cui egli costruisce insieme il prodotto, l’esempio e l’allettamento. È manifesto che la maggior parte dei nostri candidati nella loro effigie danno a leggere esclusivamente una posizione sociale, il comfort spettacolare delle norme familiari, giuridiche, religiose, la proprietà infusa dei beni borghesi, quali per esempio la messa della domenica, la xenofobia, la bistecca con le patate fritte e la comicità del cornuto, insomma quella che si chiama un’ideologia. Naturalmente la fotografia elettorale presuppone una complicità: la fotografia è specchio, dà a leggere elementi familiari, noti, propone all’elettore la propria effigie chiarificata, magnificata, superbamente portata allo stato tipo. Tale maggiorazione, del resto, definisce molto esattamente la fotogenia: l’elettore si trova espresso e insieme eroicizzato, è invitato a eleggere se stesso, a caricare il mandato che si accinge a dare di un vero e proprio transfert fisico: egli delega la propria “razza”. […]
Roland Barthes – Mithologies – Paris, 1954.
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