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martedì 23 apr
  • Le abbanniate palermitane

    Se ci fermiamo ad ascoltare il suono della città, ripulendolo dai rumori, ci accorgiamo che qualche venditore che abbannìa esiste ancora.
    L’uomo, il più semplice che esiste, è il cardine di tutto. Quell’uomo che si alza la mattina presto e cammina tutto il giorno per recuperare, se va bene, pochi euro al giorno. Allora l’uomo grida, a volte per rabbia, a volte per scherzo, spesso per mangiare.

    La curiosità per questa forma di pubblicità in poesia mi ha portato a raccogliere e registrare le abbanniate in giro per la città (e non solo).

    Abbanniatore

    Un primo contesto analizzato è il mercato del Capo. Qui si decantano le melanzane, specificandone il prezzo, «cinque milinciani un euroÆ, oppure l’uva specificandone la presunta bellezza, «che bella l’uva!». Un personaggio particolare di questo mercato è il pescivendolo tenore che nel suo lungo grido consiglia di cucinare il pesce «Alla diavola!« cantando allungando, fino quasi alla mancanza di fiato, la prima vocale “a”.

    Un altro pescivendolo ha trasformato la sua Fiat Uno in una bancarella mobile. In questo grido troviamo anche una specie di sfida ai clienti «…’riamo cu ci arriva a ‘u filettu!» come per dire che la merce decantata è così particolare e molto ridotta in quantità, che richiede una “corsa” tra i clienti per accaparrarsi il “premio” promesso.

    Un altro esempio particolare di venditore incontrato è un fruttivendolo che, nella zona di corso Calatafimi, canta la sua merce facendo diventare le pesche le protagoniste del rifacimento di una canzone di Paolo Conte, così gridando melodiosamente “Piesseche e nuvole!”, dove appunto i frutti hanno preso il posto di “Messico”.

    Il venditore di pannocchie bollite gira per i quartieri più popolari con la sua lambretta blu; nel pianale posteriore è posizionato un gran pentolone dove sono tenute in acqua calda le “pollanchelle”. Il grido tipico di questo venditore potrebbe essere frainteso: «Cavura l’ahju, tiennira!».

    Un altro grido interessante è quello del venditore di meloni, cocco e semi tostati, registrato a Porticello: «…Ma che è cavura stasira!».

    In giro per Palermo si sente spesso l’abbannìo di un ragazzo di circa trent’anni che vende accendini e fazzoletti. Il suo grido è molto malinconico, anche enunciando semplicemente la merce e i relativi prezzi. Avvicinandomi a lui e chiedendogli il motivo del suo grido, lui mi risponde con gli occhi bassi: «Se non faccio così non vendo, e ho un bambino di undici mesi…» in quel preciso momento ho capito il vero senso dell’abbanniata.

    Ospiti
  • Un commento a “Le abbanniate palermitane”

    1. Di abbanniate ne ho sentite di tutti i tipi ma ancora non sono riuscito a scegliere quella più bella perché sono, secondo me, la forma di poesia più genuina del popolo…

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