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domenica 13 ott
  • Palermo perché

    Sono nato in via de Gasperi nel settantatre, non ricordo il numero civico. Il fatto è che non ricordo quasi nulla di quei primi anni. Ricordo solo una casa dai muri rossi (o forse era solo un muro, che io poi ho fatto diventare la “casa rossa” del libro). Anzi, ho appena chiamato mia madre, che mi ha confermato che era un muretto divisorio del terrazzo al primo piano. Un’altra cosa però la ricordo: il registratore a bobine di mio padre, sul quale un giorno ho fatto la pipì. Non so che fine abbia fatto, né tantomeno se dopo quel “danno” il registratore funzionasse ancora. Mi ricordo il divano di pelle, e mi ricordo la voce di mia sorella. Ma ora non c’è più nulla, non rimane nulla di quei primi anni a Palermo. Ricordi e bobine smagnetizzati dal tempo e della memoria (che poi forse è la stessa cosa). «Ma perché vuoi scrivere di Palermo?», mi chiede mia madre ridendo. Già, perché. «Non ci abbiamo vissuto tanto tempo…», dice. Già. Perché Palermo?
    Palermo perché è la città dove sono nato, perché c’è scritto così sulla carta di identità, e ora e sempre qualsiasi impiegato di qualsiasi ufficio, chiedendomi un documento, lo vedrà inciso a lettere di fuoco. Palermo perché è la città che ho sempre guardato come la città, perché ci andavamo, una volta trasferiti a cento chilometri di distanza, a fare compere. Palermo perché quando sono nato mio nonno, prima di morire, era venuto a casa con la sua amica Rosa Balistreri e mi aveva fatto fare una dedica su un disco che ora si è perso. Palermo perché c’erano i negozi di dischi e di strumenti musicali. Palermo perché quando suonavamo, e si rompeva un MI cantino, dovevamo andare fino a Palermo. Palermo perché c’erano i concerti. Palermo perché, una volta trasferiti a mille chilometri di distanza, partivamo e arrivavamo al porto di Palermo. Palermo perché ci viveva e ci vive VR con la sua splendida famiglia. Palermo perché un giorno, avremo avuto tredici quattordici anni, io e F siamo andati a dormire nella casa (disabitata) di mio zio in via Dante, per vedere un concerto che era stato il giorno prima, e abbiamo passato due giorni a camminare ininterrottamente fino a farci spuntare le papole ai piedi. Palermo perché una volta siamo partiti di sera per andare a vedere questo gruppo sconosciuto allucinante (Litfiba), quando ancora Piero Pelù entrava sul palco con la bottiglia di tequila e Ringo De Palma era vivo. Palermo Perché quando GM e gli altri picciotti più grandi si erano trasferiti lì per l’università io li andavo a trovare, e passavo un paio di giorni con loro che mi sembravano secoli, leggevo libri che mi sembravano meravigliosi (Pompeo), e ascoltavo musica che mi sembrava meravigliosa (Talking Heads). Palermo perché un giorno, di ritorno da Palermo, per primo ho portato la notizia, ai miei compagni dello scientifico, che “a Palermo hanno occupato l’università”, e noi, e poi il classico, abbiamo fatto l’occupazione come a Palermo. Palermo perché lì ho comprato il mitico basso Sanox “imitazione Fender Precision” (quello dei Clash, per capirci), costato 225 mila lire, rivenduto quindici anni dopo a Milano per 150 euro. Palermo perché ho guidato la macchina (senza documenti e senza ammortizzatori) fino a Palermo per andare a suonare con i Kaos a Lettere Okkupata e al Centro Sociale Montevergini, e ci ha fermato la polizia subito, GI viaggiava accanto a me con gli strumenti ammassati, e FF e gli altri picciotti hanno dovuto prendere il bus portandosi pezzi di batteria, e io ero l’unico che aveva diciottanni e GI era praticamente un piccirìddu. Palermo perché al concerto all’università eravamo nuddu miscàto cù nènti, e mi tremavano le mani per la paura, e al centro sociale un gruppo di metallari di merda ci ha fatto suonare per ultimi, davanti a tre persone (ma abbiamo suonato da dio) e ci hanno pure fottuto i piatti della batteria. Palermo perché in quei giorni giravamo ubriachi di notte come ogni band che si rispetti e la vita ci sembrava una meraviglia, e ancora non avevamo litigato a morte, e nessuno era morto di overdose. Palermo perché mi sono ritrovato iscritto a chimica farmaceutica e sono andato a stare dietro la Vucciria, e il primo giorno abbiamo messo la chiave nella toppa e la porta è caduta. Palermo perché ho vissuto sei mesi in un hotel di lusso al porto, pagato dalla comunità europea per un corso di pubblicità dove mi ero innamorato di una delle tutor (S, mi pare). Palermo perché me ne volevo scappare pure da Palermo, ma al corso poi aveva incontrato MP, campionessa di atletica, di cui ero innamoratissimo (ma lei no). Palermo perché ero innamoratissimo anche di PL, campionessa di nuoto, che però stava con un’altra donna (ma chissà). Palermo perché un giorno AR mi è venuto a svegliare e mi ha detto che avevano sparato a Salvo Lima a Mondello. Palermo perché sempre con AR andavamo ad aprire la sede del Circolo Anarchico, e io vedevo questi tipi più grandi di me che discutevano di rivoluzione, e li ammiravo (ma mi rompevo terribilmente i coglioni). Palermo perché andavo a comprare dischi da Master. Palermo perché sotto casa incontravo il Signor Giordano, e lo salutavo “Buonasera Signor Giordano”, e lui mi rispondeva “Buonasera”, anche se era mezzogiorno. Palermo perché mio padre un giorno mi manda da un vecchio giornalista di un importante quotidiano, che mi mette subito alla prova con una insignificante notizia di cronaca, e l’indomani non ci sono più andato. Palermo perché dicevo che andavo a Palermo quando scappavo di casa e non andavo a Palermo. Palermo per Ciprì e Maresco. Palermo perché, di ritorno in treno dal concerto degli U2 a Milano, alla stazione è tutto immobile, non c’è un cane, e passa uno che dice “hanno ammazzato a Falcone”. Palermo perché poi me ne sono andato definitivamente, ma tutti i miei amici mi chiedono se un giorno ce li porto, a Palermo. Soprattutto Palermo perché quando qualcuno mi chiede di dove sono io non so che rispondere, e faccio prima a dire: sono nato a Palermo, in via de Gasperi nel settantatre, ma non ricordo altro.

    PS: mentre scrivo mi arriva un sms di T, che dice: “strano come lontano da tutto si ritrovino dei pezzi…”

    Bologna, novembre duemilasei

    Ospiti
  • 20 commenti a “Palermo perché”

    1. Una delle frasi che sento spesso dire da persone che viaggiano al loro ritorno in città è: “….eh questa o quella città è bella…ma Palermo è Palermo.” Come se bastasse riaffermarne il nome per fare capire all’interlocutore i motivi che lo adducono a preferire sempre e comunque la città. Palermo è la domanda e Palermo è la risposta.

    2. VIVA PALERMO!
      🙂

    3. parto da casa,

      giri concentrici,

      salto le linee,
      🙂

      ti vedo in ogni parola, e vedo Palermo, mai vista in realtà.

    4. A Palermo c’ho fatto le migliori merende on the road, immerso nel fumo degli stigghiulari addentando pani ca meusa o un pezzo di sfinciuni e poi la taverna di Garofalo.. che sapori!

    5. …ci sono anch’io!
      ti bacio in fronte vittoriuccio.

    6. palermo…mi viene in mente la lontananza da lei….e di quella bellissima sensazione che provavo ogni volta che tornavo…” sono a casa” mi dicevo…
      …per quel momento che affermo:
      “palermo è la mia città”.

    7. Eh, Vittorio… Chi ha già letto “Il bravo figlio” come me sa che non tutto può essere autobiografia, ma molto sì… Mi chiedo solo se tutto quel sesso che attraversa la vita degli adolescenti (mannaggia, mai avuto una professoressa di matematica come quella che ieri…) è reale o non fa parte della fantasia-Palermo che hai coltivato in questo articolo, e cesellato nel tuo romanzo. In entrambi i testi c’è la spettacolosa oscillazione di questa età, un po’ dentro al mondo e un po’ fuori, che gioca e cazzeggia ma al momento buono sceglie per il meglio. O fose, solo, invecchia… Tantissimi auguri al tuo “Bravo figlio”, a quello sulla pagina e a quello vero: entrambi meritano fortuna!

      franco

    8. Il concerto dei LITFIBA. Non sarà mica quello fatto al Dante, molto tempo fa?
      Che bei ricordi.
      Ciao

    9. che bella Palermo leggendo queste tue parole!!! anche io penso di scappare molte volte, però solo l’idea di nn vedere il mare quando sono triste , mi fa quasi cambiare idea:)

    10. Belle parole caro cugggino V.! Sai che non sapevo che fossi nato a Palermo? Anche io sono nato nella grande P!

    11. Via de Gsperi é una forma di una certa palermo, anni ’70.
      La Palermo dei condomini recintati, la chiamo io. Una cosa che mia ha sempre stranito dell’edilizia anni’70, che si barricava, che aveva bisogno di recinti, sconosciuti prima. La cuktura dell’edilizia anni ’70 si tricera dietro caceli operimatrali, cosa sconosciuta sia agli insediamenti storici che alla città ardo-ottocentesca.
      Recinti in difesa di cosa? Continuo a non capirne le motivazioni, ma vedo che sono un dato caratteristico di certa urbanizzazione post- anni ’60’

    12. Palermo l’ho solo vista da lontano. O meglio di sfuggita. Ci arrivai con il traghetto da Napoli e il giorno stesso prendevo un aereo per Lampedusa. Ci ho girato intorno, l’ho annusata e l’ho guardata. Palermo ti impedisce di farlo distrattamente perché ci sono troppe cose che sono soltanto sue. Dal finestrino del taxi scorrevano i muri, le facce, i rumori. E non riuscivo a occuparmi d’altro. Nè dei compagni di viaggio, nè dei loro discorsi. Ma è stato per troppo poco. Forse è per questo che ogni volta che ho conosciuto un Palermitano, o uno soltanto nato a Palermo, l’ho sempre guardato con un occhio interessato, pieno di curiosità e di voglia di saperne molto di più. Questo affresco di Palermo che fai, più che saziarmi mi ingolosisce. Vittò, forse non ci vediamo mai perché avrei troppe domande da farti.

    13. Tutto d’un fiato.
      Ho bevuto Palermo senza respirare, velocemente, freneticamente e con le parole fuori dalle orbite.
      Alla fine del suo post sig. Bongiorno, ho fatto soddifatto:
      Ahhh! e mi sono stujatu l’occhi con la manica della camicia.
      La sua giovinezza è la mia giovinezza e i suoi ricordi sono in parte i miei ricordi.
      I suoi perché sono i miei perché ma io non scrivo.
      Io commento.

    14. Palermo ormai la porto solo nel cuore vivendo a Torino, ma non potrei mai dimenticarla questa città così bella

    15. Anche io come Vittorio sono nato a Palermo. Solo che, a differenza di VB non amo cosi’ tanto Palermo.
      Direi che il mio rapporto con Palermo e’ piu’ di amore e odio. Piu’ odio che amore a dire la verita’. Sara’
      perche’ di Palermo ricordo solo i tristi anni dell’universita’, passati a fare lezione nei cinema, dovendo sgomitare per trovare un posto, sara’ che odiavo i colleghi che dovevano “sbobinare”, odio tutt’ora i professori dell’uni di Palermo, per inciso facolta’ di Giurisprudenza forse i piu’ sopravvalutati d’Italia, il casino per le strade, la sporcizia della citta’, la totale indisciplina dell’automobilista palermitano, il non rispetto per le piu’ elementari norme
      di circolazione stradale, il dannato parcheggiatore in ogni-dove che ti stressa non appena fai cenno di aver
      bisogno di lasciare la macchina, i mezzi pubblici sporchi e mai puntuali, la zona stazione che sembra beirut .. Non lo
      so, proprio non riesco ad amare questa citta’ che ai miei occhi e’ un vero casino… Forse mi manca la poesia
      che agli occhi di Vittorio fa apparire questa citta’ cosi’ bella, o molto piu’ semplicemente non sono fatto per
      vivere a Palermo e fortunatamente non ci vivo.

    16. Effettivamente per vivere e sostenere i ritmi frenetici di questa città ci vuole poesia….Ma una volta conosciuti i giusti meccanismi di sopravvivenza al caos palermitano la dipendenza alla città diventa una vera droga. IO la amo, non mi esimo dal criticarla e maledirla talvolta ma altrove non sarei capace mettere radici. W Palemo e Santa Rosalia!!!!

    17. cioè, come dire… questa domanda “perchepalermo” me l’ero (o m’elero?) fatta anch’io, visto che quando tu, all’età in cui il Nino del romanzo cavalcava motopiritere in due senza casco e giocava a pall’one su campetti in salita, non stavi a PA.
      e manco io.
      ma la questione non è sull’aderenza parziale o totale alla realtà vissuta dei fatti del tuo romanzo (…che mi ha entusiasmato), la palermo che racconti è uno stato m’entale, un luogo dell’anima in cui mi riconosco pur non essendo un grande app’assionato della Città.
      forse perchè (o poiché) da ragazzo cresciuto in provincia, il leviatano Palermo sembrava più quello della piovra 1-2-3-4-5-6…. che la Città sanguigna che poi ho conosciuto e che di cui ho riassaporato il gusto in un venerdì di sole splend’ente la scorsa primavera.
      è giusto che la città di Nino e Turi sia Palermo, per tanti motivi, e il tuo racconto in blog è una risposta convincente alla domanda chiave.
      da amico sono molto contento per il romanzo che hai scritto,
      tanto che vorrei organizzare una partitella lì sul campo in salita, ora subbito, porta un portiere, sennò vabenelostesso, facciamo a turno…
      ci vediamo alle cinque?

    18. “Perchè Palermo” si legge d’un fiato ma senza ansia, come il romanzo, perchè vuoi sapere se nino e turi si incontreranno più. Mi piace il tuo modo di scrivere perchè è generoso, frase per frase escono fuori le emozioni dal tuo cuore dove sono ammassate (mi sembra così). la penso con ferri: la tua palermo è un posto dell’anima,del cuore. grazie vittorio.

    19. vittorio bongiorno!
      era il 1991, esami di maturità; dopo 15 anni so che fine hai fatto

    20. Palermo è Palermo…quali “sante” parole!

      PALERMO…o si ama o si odia…!

      A volte verrebbe voglia di scappare per andare a vivere nelle città considerate “vivibili” dai sondaggi del Sole 24Ore…ma poi quando stai fuori ti accorgi di quanto ti possa mancare Palermo con il suo disordine ordinato…con i clacson che strombazzano appena ti fermi al semaforo giallo…Palermo con i suoi colori e i suoi profumi…lo stigghiolaro all’angolo …Palermo e il suo mare…

      PALERMO hai mille difetti ma anche infiniti pregi..ti critico con i concitatidini ma ti difendo a spada tesa contro chi parla male di te…

      PALERMO difficile da definire, città dalle molteplici controversie.

      PALERMO SEI UNICA!!!

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