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martedì 16 apr
  • Un paradiso chiamato Fiji

    Prefazione: spero vogliate considerare un prossimo viaggio verso questi incredibili angoli del pianeta, prima che sia troppo tardi. È triste, ma per effetto del riscaldamento globale molti atolli del Sud Pacifico sono destinati a scomparire. Per prime le isole della Repubblica di Kiribati, 33 atolli di appena cinque metri sopra il livello del mare, dove l’oceano ne sta entamente sommergendo le coste.

    Per la nostra luna di miele abbiamo scelto di visitare le Fiji. Chi di voi ha letto “Vela bianca” di Sergio Bambarén ha avuto modo di immergersi nelle fantastiche descrizioni dell’autore, lungo il viaggio spirituale dei due protagonisti verso le isole del Sud Pacifico.
    Come infatti scrisse Bambarén, alle Fiji non esiste il senso del tempo. Sentirete spesso da chiunque una frase in iglese, dal cameriere dell’hotel agli impiegati aereoportuali, soprattutto quando farete domande del tipo “a che ora si mangia?, quando chiameranno il volo?, ci vediamo alle? ” e così via. La risposta saràsempre la stessa: “FIJI TIME”, che riassume tutto il concetto più profondo della filosofia di vita degli abitanti Melanesiani ed in genere del Sud Pacifico. “Fiji Time” vuol dire “non ti preoccupare, lascia che il mondo si affanni un attimo senza di te”.
    Qui ben altro è il senso della vita e del contatto umano. Qui tutto è libero e assai lontano dai nostri banali condizionamenti o taboo.
    Nell’isola di Malolo Lai Lai, feci il mio primo incontro con la magica (nonché “ansiolitica” ) bevanda nazionale della Kava. Fu portato un contenitore di legno dove furono adagiate al suo interno le radici sminuzzate di questa particolare pianta, e con dell’acqua fresca ed uno straccio, iniziò la solenne preparazione della “pozione”. Lo straccio aveva la funzione di “strizzare” bene la pianta per rilasciare nell’acqua l’aroma, il sapore (…di fango ! ), l’aspetto (pure di fango !) e soprattutto il principio attivo “narcotizzante”.
    Nonostante i fijiani siano un popolo gentilissimo e mite fino a quarant’anni praticavano ancora il cannibalismo. Verso la metà del XIX secolo. i primi missionari inglesi nella speranza di convertire i fijiani, approdarono su queste isole sperdute, vennero catturati e rosolati a puntino con aglio e olio: il reverendo Thomas Baker fu sgranocchiato nel 1867 e la sua scarpa è oggi esposta nel Fiji Museum.
    Vi consiglio di accettare la Kava…se non volete finire in padella!
    Ma no….nessuno si offenderà se non la berrete, ma se lo farete sarete considerati “più amici”…è un pò il “calumet della pace” delle Fiji.
    Seguirono molte altre tazze, nel sottofondo dei canti Fijani provenienti da un gruppetto di persone che in disparte si stava scolando un bidone di Kava e fumando chissà che cosa. Dopo qualche ora al villaggio di Malolo Lai Lai, marama Alice e turaga Dean Morrison (così ci chiamavano per dire signora e signor…) erano ufficialmente sbronzi di Kava. A questo punto giunge la parte più difficile: riuscire ad attraversare le mangrovie dell’isola per ritrovare il nostro capanno. Preciso che per nostra scelta, abbiamo preferito un atollo totalmente isolato e lontano da ogni barlume di civilità, ma in quel preciso istante, dopo avere ingerito almeno due litri di Kava, avrei tanto voluto una bella reception ad indicarmi la direzione del bungalow. Ed invece mi ritrovai a camminare di notte al buio pesto, tra palme da cocco e mangrovie melmose, nel tentativo di schivare i granchi notturni da sette chili, che se ti beccano un alluce te lo riducono in poltiglia con le loro chele! E come se non bastasse venne giù la pioggia. Uno di quegli acquazzoni tropicali ad intermittenza, come se qualcuno si divertisse a tirarti addosso gavettoni! Ci rifugiammo sotto un banano, con le nostre collane di fiori appassite ed i pareo fradici d’acqua, quando da sotto la sabbia sbuca un’esercito di granchi-guerriero. Queste creature sono grandi quanto un pallone da rugby e le loro chele talmente robuste da riuscire ad aprire le noci di cocco! Tutt’ad un tratto un pensiero davvero deprimente si fece strada nella mia mente. Dalla cronaca nera di CNN news, Becky Anderson annuncia in TV “Sposi novelli ritrovati sotto albero di banano in un’atollo delle isole Fiji, Malolo Lai Lai, con dita dei piedi mutilate dai granchi. Le loro dita vennero ritrovate dagli abitanti del luogo ed offerte in zuppa al capo villaggio.”.
    La Kava doveva avere risvegliato in noi qualche istinto primordiale, dal momento che con abilità degna di Yuri Chechi ci arrampicammo sul banano gigante in un nano secondo. Scoppiammo a ridere. Una risata isterica mista a sbornia da Kava e disperazione. Fummo ritrovati qualche ora dopo (con le dita dei piedi intatte) da alcuni bambini del villaggio, che ci accompagnarono sani e salvi al nostro capanno. Chiaramente la sera successiva, al fine di esorcizzare le nostre fobie, ordinammo per cena granchio al vapore…..
    Aneddoti tragicomici a parte, capita spesso che le parole rendano banali evenimenti allorché eccezionali, quando le emozioni provate sono troppo forti, tali da diventare esperienza vissuta, raccontarle significa screditarle del loro valore intrinseco.
    Alle Fiji il profumo dei fiori di frangipani è cosi intenso da rimanere storditi, l’alba è un’esplosione di luci, i tramonti appaiono come dipinti densi di colori: scompaiono tra onde dell’oceano molto velocemente, e ogni volta è un nuovo sogno.
    Approdare in questo angolo di paradiso è surreale e quando giunge il momento di ripartire si resta ammutoliti, ancora confusi dallo splendore che si è condiviso nei giorni precedenti. Poi puntuali arrivano magone e docchi lucidi mentre i fijiani intonano il loro “Isa Lei”, canto tradizionale d’addio per chi lascia le isole. Questo bellissimo rito viene celebrato con la massima serietà e solennità: donne e uomini del villaggio con i fiori tra i capelli scandiscono i nostri nomi…poi intonano, con molto orgoglio, questa bellissima canzone, che in italiano viene tradotta come segue:

    “Isa, Isa, mio unico tesoro,
    devi lasciarmi e sono così triste che
    vorrei che il sole non sorgesse più.
    In ogni momento il mio cuore ti bramerà.
    Isa, Isa, l’ombra color porpora cadrà,
    quando albeggerà, vicino al mio dolore.
    Oh! Non dimenticare, quando sarai lontana,
    i bei momenti passati nelle amate isole Fiji.”.

    Palermo, Sicilia
  • 3 commenti a “Un paradiso chiamato Fiji”

    1. Convinto! Quest’anno niente Ficarazzi prendo Concetta e me ne vado alle Fiji.
      Del Ficarazzi time cominciavo ad averne le scatole piene!

    2. Ti consiglio di visitare la Nuova Zelanda,un pò più sotto.
      E’ bellissima,anche a causa della pioggia,frequente.
      E ti consiglio di ascoltare(su you tube,se vuoi)la bellissima canzone dei Crowded House(i Beatles della NZ)’Four Seasons in one day’,che così romanticamente descrive il clima neozelandese(Quattro stagioni in un giorno).Le isole Fiji sono appunto la meta preferita dei neozelandesi(che d’altronde non hanno dove andare,infatti al confronto la Sicilia è al centro del mondo!),e mi pare che in queste isole si usi appunto il Dollaro neozelandese.Ciao!

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