La scorsa settimana il ministro Maroni ha consegnato la una villa del complesso dove fu latitante Totò Riina prima del suo arresto all’Ordine dei Giornalisti di Sicilia. L’intento simbolico è chiaro: un bene che fu della mafia viene assegnato a chi la combatte come “contrappasso”. Ma viene da chiedersi: il giornalismo siciliano oggi quanto contribuisce a combattere la mafia?
Le coraggiose inchieste e le parole di Beppe Alfano, Cosimo Cristina, Mauro De Mauro, Pippo Fava, Mario Francese, Peppino Impastato, Giovanni Spampinato, che hanno pagato con la vita, sono ormai lontane e, a parte casi rari come quello di Lirio Abbate (non a caso più volte minacciato di morte), mi sembra di poter affermare che la produzione giornalistica sia spesso legata al contesto processuale (anche con dei buoni esempi come S diretto coordinato da Claudio Reale), arrivi dopo che i fatti siano avvenuti e non smuova le acque quiete in cui Cosa nostra agisce contrastata non senza fatica dalla magistratura, dalla Catturandi e da tanti cittadini che, con l’eco dei boati che portarono via Falcone e Borsellino ancora nelle orecchie, dicono NO e ancora NO. Continua »
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