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Biografia: Eduardo Domínguez (1958), nato in Spagna e laureato in Lingue, è professore di lingua e letteratura. Ha lavorato in diversi paesi europei (Francia, Italia, Polonia, Ungheria). Attualmente lavora all’Instituto Cervantes di Palermo.

Eduardo Domínguez
  • Quaderno di Palermo 35 (ultimo)

    Noi essere umani abbiamo per fortuna nostra, tra altre facoltà intellettive, sensitive o conoscitive, la facoltà di amare e di odiare, o semplicemente di essere del tutto indifferenti alle cose, alle persone, ai luoghi. In altre parole, abbiamo la possibilità di prendere coscienza di quello che abbiamo davanti, o che ci sta attorno, e di confrontarlo con noi stessi. Sì, queste facoltà ci permettono di percepire la realtà esterna attaverso il nostro filtro sensoriale e di essere consapevoli della loro esistenza. Poi, piano piano, questa consapevolezza diventerà una vera e propria conoscenza, cioè una maniera di apprendere o d’intendere, di sapere per prova diretta perché ne abbiamo fatto esperienza, infine di riconoscere o di avere una familiarità con tutto ciò. Perciò, poiché previamente c’è stata questa volontà di conoscenza allo scopo di capire ciò che è altro, un individuo manifesta in maniera naturale le sue impressioni o emette il suo giudizio sulle cose da lui sapute. Che poi, alla prova dei fatti, la sua opinione risulti sbagliata o meno, non è tanto importante quanto lo è il suo punto di vista, che per forza non può coincidere con quello degli altri. Mano a mano che mi sono spostato per il nostro continente da una città all’altra, mi sono accorto che il fatto più essenziale è appunto rendersi conto dell’identità delle cose, voglio dire conoscerle come sono realmente. Poi uno cercherà di interpretarle attraverso la sua impressione, il suo sguardo, il suo immergersi nella loro identità fisica, materiale. E questa comprensione intellettuale dell’essenza delle cose sarà determinata dall’amore o dall’avversione o, certo, dalla mancanza d’interesse nei loro confronti.
    Io, che tra pochi giorni lascerò definitivamente Palermo per un’altra destinazione, io in questi modesti post ho cercato di trasmettere attraverso questi anni il mio parere su una città che posso affermare di conoscere discretamente e di amare immensamente. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 34

    Come avevo anticipato precedentemente, adesso che sto per lasciare definitivamente Palermo, mentre cammino per l’ennesima volta lungo le sue strade, il mio sguardo cerca di ritenere nella sua memoria tutto quello che in questi anni ha appreso sulla città. Come se dentro i miei occhi ci fosse un caleidoscopio di immagini accatastate che si riflettessero a vicenda e non mi lasciassero intravedere con chiarezza tutto il loro ventaglio, così il ricordo che porterò via con me e che cercherò di non perdere nonostante l’inevitabile patina del tempo sbiadisca la vivacità e innanzitutto l’intensità del loro battito. Ma non è il caso di fornire ora un elenco dei luoghi più o meno comuni che tutti conosciamo e nei quali ci possiamo riconoscere o meno (si può pensare alle endemiche montagne di munnizza che come una piaga s’abbattono sulla città da una stagione all’altra, o agli splendidi fiori viola degli iacaranda di piazza Castelnuovo, i quali sorprendono piacevolmente i viandanti ogni mese di maggio, così come al maestoso ed emblematico Teatro Massimo, orgoglio di tutti i palermitani). Comunque sia, in questo momento la mia mente si rivolge forse all’angolo più significativo e battuto del tracciato di quest’urbe, voglio dire ai Quattro Canti. Nonostante si tratti del luogo verosimilmente più ricorrente quando si parla della capitale siciliana, non è meno vero che questa piazza ottagonale rappresenta come nessun altro edificio la metafora stratificata di tutto quello a cui potrebbe aspirare Palermo. Nessuno dei suoi abitanti non è ignorante del fatto che i tre livelli sovrapposti che configurano il caratteristico monumento raffigurano, al primo livello il potere della natura, al secondo il potere politico e al terzo quello sacro. Ovviamente quest’ultimo livello si trova più in alto poiché più vicino al cielo, il quale rappresenta le quattro patrone palermitane prima dell’avvento pochi anni dopo la costruzione della piazza, dell’attuale patrona per antonomasia della città, la venerata, l’adorata, l’eccelsa Rosalia Sinibaldi, Santa Rosalia. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 33

    Come che sia, quando uno si sposta alternativamente in città o in paesi diversi con lo scopo di soggiornare per un tempo indefinito, nel momento della partenza dall’ultimo luogo ormai concluso, si porta necessariamente qualcosa con sé, nonostante i dubbi iniziali che di solito lo assalgono quando si mette a pensare a quello che ha potuto “prendere” nel corso degli anni. Da una parte, uno riflette sul rapporto spaziale istaurato con il luogo vissuto, dall’altro su quello che deriva dalle persone che lo abitano e con le quali ha dovuto condividerlo e delle volte anche salvaguardarsene. Sì, adesso tocca abbandonare questo intreccio fitto di strati fermi e saldi che è la città di Palermo, così come dai suoi abitanti pure loro carichi di una venatura che serpeggia sulla pelle della loro memoria.
    In questa vita uno si muove per vari motivi, e risulta che un giorno arriva su una sponda del mondo spinto da qualcosa. E io, mi chiedo, perché sono sbarcato su questa riva del Mediterraneo? Continua »

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  • Quaderno di Palermo 32

    Ancora non c’è una data precisa, ma oramai posso affermare che tra qualche mese lascerò Palermo definitivamente. E, certo, è inevitabile dopo alcuni anni dentro questa ragnatela ingarbugliata (di definizioni per questa città ce ne saranno sicuramente a migliaia), è ineludibile, dicevo, farsi tutte quelle domande che di solito uno si pone prima di ogni partenza. Per esempio: cosa posso dire di portarmi dietro? Cosa mi ha donato questo luogo in tutto questo tempo che ci sono stato volutamente invischiato? Cosa ha destato in me questa rete di strade e piazze, di viali e vicoli (tante volte più che ciechi o bui), di fili sottilissimi intrecciati da secoli e che ancora reggono e continuano ad intersecarsi tra loro creando una tela sempre più densa e impenetrabile? Ma veramente ci sono venuto io a cercare qualcosa che credevo fosse perduta per sempre in questo labirinto fatto di pura memoria? O forse mi sono lasciato abbindolare dal canto che pensavo provenisse dalla prua immaginaria del Monte Pellegrino (ma chi era l’interprete che colmava le mie orecchie con suoni di richiamo)? In realtà, non nasceva questa voce remota da una mia sorgente inarrestabile, da una corrente interna che non acccenna mai ad esaurirsi e che ha come unico scopo attaversare tutti i luoghi memorabili purché servano di pietre miliari lungo il tratto di questa più che mai irruente e accidentata vita mia? E così via. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 31

    Avvalendomi della recente approvazione del registro delle unioni civili dalla Giunta del Comune di Palermo, vorrei parlare dell’omosessualità, una questione in questo momento così attuale e tanto scomoda. Perché in una città ancora chiusa non soltanto su questo aspetto, ma che piano piano sembrerebbe si stia aprendo (la mia migliore amica palermitana da qualche tempo mi dice che le cose stanno cominciando a cambiare), in una società, quella sicula, dove quasi tutto succede come in qualsiasi parte del mondo, ma dove tante cose rimangono perpetuamente trattenute sulla punta della lingua (soltanto gli occhi muti hanno il diritto di sapere), il gesto della Giunta comunale è quanto meno gratificante e innanzitutto speranzoso per tanti abitanti palermitani. Ma sarebbe d’obbligo e anche doveroso far riferimento a tutte quelle persone che stanno dietro sia al Sicilia Queer Film Fest, nato se non mi sbaglio tre anni fa, sia all’organizzazione nella capitale siciliana del Gay Pride nazionale per questo mese di giugno. Si direbbe che tutte queste iniziative stiano finalmente contribuendo ad alleggerire l’atmosfera regnante. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 30

    Quando uno arriva in quest’isola, una delle prime cose che scopre è che di Sicilie ce ne sono almeno due, vale a dire la parte orientale e la parte occidentale. Poi capisce che due città concentrano nel loro carattere le differenze più sostanziali di queste realtà regionali. Perché non possiamo dimenticare che le città, nonostante la loro anima sia esclusivamente urbana, sono nate intorno a un luogo, a uno spazio, a un paesaggio naturale e originario. Penso che molti di noi siano del parere che la posizione determini tanto la fisionomia quanto l’indole dei posti, così come certamente il carattere dei loro abitanti. Perciò tra Palermo che guarda verso Nord e Catania che si volta verso Est, già da questo semplice fatto che ha a che vedere con l’orientamento, sia lo scopo per il quale sono nate e le spinge a muoversi in uno o nell’altro modo, sia la maniera di essere di ognuna di esse, dicevamo che già da questo semplice fatto per forza devono essere ambedue città completamente diverse. Quella meta che diversamente e certo in modo inconsapevole si sono proposte di raggiungere fin dall’inizio, quel punto d’arrivo che anche se lontano, indistinto e sicuramente irraggiungibile non smette di attrarle, fa sì che i loro movimenti e le loro articolazioni si svolgano in maniera diversa e talvolta addirittura opposta.

    Il senso di tutto ciò – e questo vale per tutte le città significative – sembra riecheggiare misteriosamente nei nomi. E non mi riferisco tanto, o non soltanto, al significato etimologico di un toponimo, ma più semplicemente all’immaginario diverso che evocano in ognuno di noi. Nel caso in questione, per esempio, a me che non sono di queste parti, il suono di Palermo da sempre mi richiamava alla mente un luogo dove la storia si raccoglie in un accumulo disordinato di strati, che fittamente ne conservavano la memoria. Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Quaderno di Palermo 29

    Nelle nostre vite discordanti è sempre presente, che ne siamo consapevoli o meno, qualcosa di contrario a noi stessi, di opposto a quello che siamo e sentiamo; questo qualcosa conferisce necessariamente un senso diverso a ogni azione eseguita lungo il proprio percorso esistenziale. Possiamo affermare che questa, chiamamola, “remota e contraria presenza”, comunque un minimo la si conosca, anzi la si intuisca, condizione questa indispensabile per cogliere le sue caratteristiche primordiali. Ma altrettanto si potrebbe sostenere che codesta presenza non smette mai di essere incombente, e che nonostante la lontananza e l’incertezza in cui si colloca, questa sua vaghezza caratteristica persiste nella nostra quotidianità. E così succede con quasi tutto nella nostra vita, sempre costituita di idee opposte, di ragionamenti contraddittori, di presenze assenti. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 28

    Un lontano pomeriggio che eravamo in procinto di entrare dentro uno di questi grandi supermercati dell’ozio, dove ci si può trovare innanzitutto dei libri, ma anche dischi o gadgets, che da tempo invadono le strade centrali delle nostre città susseguendosi alla rinfusa con gli altri negozi di vestiti o di scarpe, un mio amico che era col suo cane mi dice: «Questo negozio è molto democratico perché permette l’ingresso agli animali». Io subito gli ho risposto che la presunta democrazia di questo negozio è alla pari del suo primo e unico scopo, cioè, badare ai propri interessi e cercare di vendere il più possibile i suoi articoli. E quindi, se la prossima tendenza del momento sarà quella di avere un coccodrillo come animale domestico, in questo negozio come negli altri le porte saranno spalancate a tutti quanti che porteranno questo rettile al guinzaglio o in braccio. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 27

    Ci sono dei periodi nei quali per motivi di lavoro devo lasciare Palermo per un’intera giornata o addirittura per alcuni giorni, e la mattina presto mi reco nelle vicinanze della Stazione Centrale e, come uno farebbe in qualsiasi parte del mondo, acquisto il biglietto, salgo su un pullman, mi siedo in un posto davanti e aspetto di lasciarmi portare in ogni angolo di quest’isola magica e maledetta. Di solito si parte con puntualità, di solito l’autista è una persona affabile e paziente, ma soprattutto di solito la radio è sintonizzata su qualche stazione commerciale. Sì, la sua voce imposta e sovrastante ci accompagna per tutto il viaggio con le abituali cretinerie degli speaker, l’immancabile pubblicità e, certo, il tormentone delle canzoni di moda. Ed io, che mi dichiaro soddisfatto col solo guardare dal finestrino accontentandomi di quello che incontrano i miei occhi sempre desiderosi di sentire (il paesaggio della Sicilia è sempre sublime in qualsiasi stagione dell’anno), io per poter sopportare la sfilza interminabile di stupidaggini che sentono le mie orecchie martoriate e rassegnate, io inconsapevolmente delle volte mi metto a giocare con le parole della pubblicità o delle canzoni, e spesso scopro che non c’è nessuna differenza tra quello che cercano di venderci gli imbonitori di turno e l’ennesima banalità dei cantanti sulla bellezza o sull’amore. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 26

    Si sa: la memoria è una funzione dell’essere umano che attiva dei meccanismi non sempre adeguati alla percezione del nostro passato (e scusate se insisto ancora sulla memoria, ma si tratta di un punto stabile e vitale che dà senso al nostro decorso esistenziale e, certo, anche di un’idea mia prevalente, persistente, ricorrente.) Diciamo che la memoria è un’arma a doppio taglio, per non dire che di tagli ne ha almeno quante sono le persone. E poi, come tutti sappiamo, la memoria è piena di trappole, di sabbie mobili, le quali agiscono a seconda sia delle convenienze del momento sia dei rischi che si presentano a vicenda dentro di noi. Infine la memoria può essere vissuta tante volte come un contributo alla libertà, ma poi subito dopo sentita addirittura come una tenace tenaglia. Sì, la memoria è contradittoria di per sé, onnipresente e sfuggevole al tempo stesso, cangiante. Mai la stessa, nonostante le origini da dove proviene siano fisse, immutabili e, per di più, atemporali. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 25

    Mi capita spesso in questa ferma città sorprendente, che gli amici mi propongano di andare al cinema con loro perché da soli “non ce la fanno”. All’inizio questa proposta mi sembrava strana, per non dire stramba, abituato com’ero nelle diverse città europee dove ho vissuto, a frequentare le sale cinematografiche da solo, o in compagnia, perché no: il punto è che non mi sono mai chiesto se al cinema bisognasse andarci con qualcuno. Certo, questo atteggiamento mi ha fatto riflettere ancora una volta sulla condotta dei palermitani, in questo caso sul loro rapporto con la famigerata solitudine. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 24

    «Palermo è in procinto di cambiare». Con questa frase finivo l’ormai lontana seconda puntata e anzi, alcune righe prima, spiegavo che si trattava di un vero falso cambiamento. Ma è lontano dal mio proposito fare riferimento alla ricorrente frase di Tomasi di Lampedusa, ormai nella memoria di tutti i siciliani e non solo. La mia intenzione è di inoltrarmi nel presente della nostra città (anche mia perché vissuta e a volte amata e a volte odiata, como accade con le persone che più ci stanno a cuore) in questo momento non tanto cardinale, poiché ogni periodo della vita e della storia è importante per qualsiasi motivo, ma quanto cruciale perché peggio di così c’è solo lo sfinimento a vita e fino alla fine dei tempi. Pensate che sono troppo pessimista? Continua »

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  • Quaderno di Palermo 23

    Dicevo nel testo precedente che l’unico e maltrattato pianeta che abbiamo di città nuove o storiche ne ha per tutti i gusti, di città che hanno avuto un lungo, un breve o addirittura un tronco percorso. Ma se ci limitiamo alla nostra vecchia e decadente Europa, sappiamo tutti che è piena di città la cui memoria almeno fino a poco tempo fa sembrava non smettesse mai di trasudare, non soltanto dal materiale con il quale sono state costruite (dalla primaria terra al vetro più contemporaneo), ma sicuramente ancora di più dal, per così dire, labile impeto con il quale gli abitanti, secolo dopo secolo, hanno cercato di travolgere e al tempo stesso di mantenere per mai tradire l’anima che c’è in ognuna di loro. Dico “sembrava” perché se oggi andiamo a fare una passeggiata nella maggior parte di queste città, ormai tutte collegate e raggiungibili attaverso i loro affollati aeroporti, se facciamo una scappatina per il centro e le strade principali, ce ne accorgiamo subito che una a una esse stanno diventando tutte uguali, voglio dire le stesse nella loro monotonia, uniformità, asepsi senza scambio. Come se la differenza o, per meglio dire, diversità microorganica, fosse incompatibile con il momento storico che viviamo e al quale stanno contribuendo, sia i politici con la loro rozza mediocrità, sia i mass media con la loro assenza critica. E poi, in modo contraddittorio, queste città diventano sempre di più dei luoghi autoreferenziali, chiusi, narcisisti; come se gli abitanti dentro la loro unica scenografia recitassero per i visitatori invece di vivere per loro stessi. Ma c’è bisogno di qualche esempio? Per rimanere nel mio paese, un modello evidente e alla portata di tutti è la città di Barcellona, “scoperta” non da molti anni dai palermitani. Io che ci ho vissuto più di trent’anni fa, ora che ci vado di rado mi rendo conto di come ricordi una cartolina, di come – al pari di tante altre città di qualsiasi paese – rassomigli sempre meno a se stessa e sempre di più a un luna park. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 22

    In questo pianeta che ancora regge e ci sopporta e per sfortuna nostra ancora non insorge completamente, qui non c’è città dove non ci sia come una spaccatura tra il centro e la periferia, non importa se se tratti del primo, secondo o terzo mondo. E la mia prima intenzione era di dire che Palermo non è diversa da tutte le altre città che più o meno uno può conoscere perché quando il forestiero arriva, sia dall’aeroporto che in treno o in pullman, mentre lui attraversa tutti i quartieri per giungere alla sua destinazione, ha l’impressione che anche in questo Palermo come tutto il mondo è paese. Ma cosa s’intende veramente quando si parla del centro e della periferia di una città? Continua »

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  • Quaderno di Palermo 21

    Uno dà uno sguardo a qualsiasi angolo del nostro scombussolato pianeta, e non può non considerare l’influenza che da sempre hanno avuto gli idoli nei pensieri e negli atteggiamenti delle persone di ogni cultura e razza. Dalla preistoria all’universo classico, dal medioevo al mondo contemporaneo, dagli antipodi al nostro bacino mediterraneo, l’essere umano ha sempre avuto bisogno di essi e non ha mai potuto farne a meno. Si tratti di durature immagini religiose o pagane o, come succede adesso, di mediatiche e scolorite figure “lampo” (perché si eclissano lo stesso giorno che sono nate), queste immagini saranno sempre presenti nello svolgersi della nostra vita quotidiana. Prendiamo per esempio la ciclica polemica che suscita la presenza del crocifisso nelle scuole italiane, scuole che dipendono, tra l’altro, da una Repubblica apparentemente laica ed europea. Il putiferio che si crea è sempre garantito dai due schieramenti opposti e inconciliabili, dove per i credenti il crocifisso è ovviamente carico di senso, mentre per i veri laici soltanto un idolo in più. Ebbene, questo simbolo cattolico per eccellenza si può chiaramente affiancare agli altri simboli religiosi, come le solite nicchie delle madonne cristiane, le quali hanno soppiantato quelle figure pagane che nel nostro inconscio ancora fanno parte del substrato greco e anche romano che ci regge. E se, come dicevamo prima, ci riferiamo alle odierne figure televisive della musica, della moda o del calcio… vediamo pure come sono idolatrate anche esse da certi ceti perché per loro hanno la stessa valenza divina, nonostante l’ambito tremendamente irreligioso, consumistico e fuggevole da cui provengono. Sì, in un certo senso sono le loro guide. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 20

    Se noi umani dessimo un’occhiata sia al lungo passato che abbiamo dietro, sia alla breve vita presente che appena appena si colloca davanti, dall’alba delle nostre origini possiamo vedere che tutto è sedimentazione e ovunque il proprio sguardo si rivolga. Così è per la terra, per esempio, sulla cui superficie, i popoli strato dopo strato, in ogni epoca e in ogni spazio con la loro volontà e il loro atteggiamento e la loro cultura hanno creato un suolo diverso dove poter camminare e reggersi e anche cadere quando alla fine non c’era più sostegno perché altri tempi incalzavano. Così è per l’aria che si respira e quella ormai spirata dagli stessi popoli, che nonostante l’invisibile apparenza non è mai la stessa poiché rinnovata e ricambiata e ancora una volta riassorbita, mentre si aspetta un nuovo soffio che ancora non si sa da che parte potrebbe venire. Così per i fiumi con la loro fluida corrente che non smetterà mai di percorrere il suo variabile tragitto trasportando, accumulando, infine depositando sul fondo e sulle sponde il materiale in sospensione strappato in silenzio da quelle civilizzazioni che si sono stabilite sulle loro rive. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 19

    «Ma Palermo non ha nulla da invidiare a Firenze», ha ribadito tutto a un tratto l’altro giorno la mia migliore amica palermitana a proposito di una discussione sulle due città italiane, una discussione tra l’altro misurata che si teneva con un’altra persona straniera come me, un giovane signore europeo che la stava scaltramente provocando (un esteta, prigioniero come tutti non solo della forma, ma anche della consapevole impossibilità di raggiungerla in qualsiasi maniera). Il fatto è che tutti sanno cosa rappresenta la capitale del Rinascimento, voglio dire tutto il mondo non solo interessato all’arte, ma anche minimamente curioso, come viene dimostrato dai milioni di persone che ogni anno la visitano. Sì, la città toscana nessuno la mette in discussione. Ognuno di noi è d’accordo sulla sua eccellenza architettonica, sulla sua bellezza senza confronto, sull’armonia di uno spazio che delle volte ci appare come irreale perché sublime e quasi ideale. Ma Palermo, che per il momento e per fortuna non ha tanti turisti come meriterebbe, in nessun modo può dirsi città minore rispetto alla presunta superiorità di qualsiasi altro centro. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 18

    Il mare è un elemento che ha a che vedere con lo spazio infinito e astratto che generosamente concede la terra ferma nella sua impossibilità di inoltrarsi al di là dell’enigmatico orizzonte. Si tratta di un’idea che gli uomini si fanno nel loro instancabile sguardo pieno di speranza e di illusione e anche di una grande e smisurata incertezza. Sì, il mare come un dono che ci hanno consegnato nelle mani, un dono inesauribile di immensità indecisa e oscillante, che nonostante tutto ognuno di noi si sente incapace di raggiungere completamente. Perciò quando uno ce l’ha davanti agli occhi, alla maniera delle onde che senza tregua emanano dal proprio pensiero traboccando sul nostro atteggiamento esistenziale, quando uno ce l’ha di fronte a sé il mare non può fare a meno di rispecchiarsi. E una delle manifestazioni del suo esprimersi è scagliandosi contro il nostro intimo e segreto entroterra, il quale nel suo costante subbuglio riesce attraverso questo contatto, più che a mescolarsi in maniera greggia e sconnessa, consegue ad unirsi ed amalgamarsi per poi poter sgorgare tutta l’acqua ferma accumulata nella memoria immane che hanno lasciato sulla terra tutti gli essere umani che, appunto, hanno preteso di oltrepassare l’ignota linea dell’orizzonte. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 17

    Adesso che siamo alla fine del periodo più cospicuo dell’anno rispetto a tutto quello che riguardano i tanto attesi e desiderati e sognati saldi, adesso – ma anche molto prima – ho capito che i saldi sono comunque fasulli. In verità, dopo le solite mie passeggiate lungo le strade di Palermo, ma questa volta cercando di non lasciare sfuggire i prezzi che mostravano, diciamo con sfacciataggine, le vetrine di tutti i negozi di abbigliamento che incontravo nel mio svagato deambulare – non direi che le sbirciavo con noncuranza ma sì con certa apprensione -, dopo queste camminate cittadine sono certo che i prezzi variati sono rimasti quasi invariati e cambiati solo nella forma e non nel contenuto nella maggior parte dei negozi. Ma adesso che ho visto come dal primo giorno che è partita questa finta gara dei saldi, tutti i palermitani si sono riversati nelle strade alla ricerca della loro pretesa pepita d’oro, adesso e ancora per l’ennesima volta mi dico che abito in una città dove tutto si sa che è un’autentica finta commedia. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 16

    Da dove cominciare? Dall’assenza di targhe stradali in parecchie piazze e vie di Palermo, proprio come se ogni cittadino conoscesse a memoria la pianta della città o avesse la scienza infusa o non ne avesse bisogno perché in fin dei conti una strada vale l’altra e quindi non è importante il luogo dove uno va o torna o permane. Forse sarebbe meglio iniziare questa volta, magari per contrapporsi a questa mancanza d’informazione sui nomi delle strade, dalla profusione di cartelli o avvisi che sono sparsi e fissati per tutta la città, i quali in modo didascalico invitano chiunque sia a diventare un po’ più civile. Un fatto magari futile e inosservato dall’abitante che è nato qui, e quindi abituato o forse meglio, assuefatto a questi inadempimenti. O si tratta invece di una cosa che soltanto colpisce l’intrepido forestiero che osa muoversi con normalità per il labirinto palermitano? Continua »

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