12°C
giovedì 25 apr
  • Il mio amico è un mafioso

    Qualche settimana fa mi sono imbattuto ne L’onore e il rispetto, la grottesca fiction di Canale 5 con Gabriel Garko che, ambientata in improbabili anni ’70 (sono numerosi i papocchi fatti con auto, aerei, numeri di targa, monumenti e altri dettagli che non potevano esserci), rappresenta una Sicilia con una mafia d’altri tempi e non ho riconosciuto i mafiosi. Nel senso che stento davvero a riconoscere Cosa nostra di oggi in quei pistoleri in gessato con un improbabile siciliano. Oggi Cosa nostra è fondamentalmente una “black corporation” con una struttura a rete, fatta di tanti colletti bianchi e in cui le generazioni figlie dei corleonesi e degli “scappati” negli Stati Uniti dopo la guerra di mafia degli anni ’80 (che stanno rientrando nei posti di potere a Palermo, l’anno scorso ad esempio ne hanno individuati alcuni) hanno studiato all’Università, erano accanto a noi e forse lo sono ancora oggi al bar, alle feste, nel mondo del lavoro.

    A volte gli stranieri mi chiedono: «Ma tu ne conosci mafiosi?». Direi di sì. Ovviamente non ho gli elementi per esserne certo (e quindi denunciarli) ma seguendo la lezione di Borsellino non basta non essere mafiosi nel casellario giudiziale, ma anche apparire non mafiosi. E da quelli veri e apparenti sto lontano.

    Ma a volte il confine è molto sottile e qui per gli onesti cominciano i guai. E subentra una specie di galateo per barcamenarsi. Ho chiesto ai miei amici: ma voi come vi comportate?

    Antonio è un imprenditore e ha avuto a che fare con il figlio di un prestanome di Provenzano. Il rampollo nel suo lavoro è molto preciso e ha successo, contrattualizza e fattura tutto (cosa tutt’altro che frequente) e non gli ha mai chiesto di fare nulla di illegale. Unico neo? Fare sempre riferimento a onorevoli di tradizione democristiana e con qualche piccolo o grande guaio giudiziario. Che cosa si fa in questi casi? Se è vero che la responsabilità penale è personale fare affari con lui è in un certo qual modo una forma di “collaborazionismo”? Antonio ha messo le cose in chiaro e ha detto: «So di chi sei figlio, finché non mi proporrai nulla di illecito tutto ok ma se sbagli…». Sentirselo dire, immagino, deve fare veramente male se hai deciso di intraprendere una carriera bianca e hai rotto col contesto in cui è vissuto tuo padre.

    Alisia ha sviluppato un suo personale criterio per selezionare i membri della sua comitiva di amici: «I figli non c’entrano niente…ma se usano i soldi dei padri allora niente». Come se fosse semplice.

    Ondina è stata invitata alla festa di compleanno della figlia di un mafioso in un posto superchiccoso e si chiede: «Dovrei andarci anche se lo so? Sono così gentili però…». Poi c’è andata.

    Lo scenario va dal frequentarli (anche per la giurisprudenza frequentare occasionalmente il parente o l’amico mafioso in situazioni conviviali non è reato) al cambiare strada (conosco un caso in cui diventa un requisito: i soci della cooperativa Placido Rizzotto che coltivano terreni confiscati non possono essere amici di qualcuno in odor di mafia; chissà come lo verificano).

    E voi come vi comportate se il vostro amico è un mafioso?

    (in collaborazione con L’Huffington Post)

    Palermo
  • 14 commenti a “Il mio amico è un mafioso”

    1. Il mafioso nel proprio territorio si riconosce sempre. È visibile in qualche modo.

    2. @Salvatore:
      forse a Firenze qui no. Ho trattato per anni con una società di cui uno aveva davvero l’aria del mafioso, mentre l’altro era la classica brava persona. Peccato che poi hanno arrestato per mafia “la classica brava persona” prosciogliendo completamente il socio che effettivamente non ne sapeva nulla!
      Il mafioso con il gessato e il guardia spalle non esiste più, ora anche il salumiere sotto casa potresti scoprire essere capo mandamento (fatto realmente accaduto!)

    3. Tony, se ci dobbiamo sciarriare via web alzo subito le mani (dal tablet, cambiando sito). Ma non ti boicotto per i colpi di cerbottana della scorsa volta, e ammetto che questo post mi è piaciuto, primo perchè non si tratta delle tue canoniche e laconiche 2 righe (di numero), secondo perchè lascia spazio ai commentatori.
      Quando ero adolescente giocavo ogni tanto a calcetto assieme al figlio di Riina, Gianni, mio (e credo anche tuo) coetaneo. Noi brufolosi teenagers dell’Uditore lo conoscevamo come Gianni Bellomo, si vociferava con sommessa convinzione che fosse figlio di un mafioso di cui, però, non se ne conosceva esattamente il calibro. Qualche anno dopo, lo scoprimmo… E mi fece impressione vedere la foto del padre in tv e identificarlo come il boss dei boss, quando i miei ricordi dù Curtu erano legati al tabacchino sotto casa mia, dove comprava le MS e giocava la schedina al venerdì, con indosso ruvidi completi grigi o marroni e le scarpazze da contadino trasferito in città.
      Oggi effettivamente il mafioso, ad ogni latitudine, si è apparentemente ingentilito, forse con l’intento di riciclare non solo i propri soldi sporchi ma anche la propria immagine. Li vedo, i nuovi ricchi russi e ucraini (tutt’altro che dissimili ai mammasantissima di Cosa Nostra), quando vengono in Italia con il loro panfiletto di 42 metri mascherato da charter battente bandiera di qualche sperduta isoletta caraibica. E capisco dal tono che usano, anche con me che lavoro per loro, che sono abituati a comandare con arroganza ma non ad ordinare, soprattutto quando gli si pone una gamma di lussuose alternative. Il loro modo di chiederti un favore è ammiccante, ma sottende sempre ad una minaccia (anche se si tratti del solo fatto di non lasciarti un’adeguata mancia). Dare per avere, in continuo bilico tra parvenze di legalità e criminalità allo stato puro… questo è il mafioso oggi. E purtroppo li distinguo ormai dovunque, a Palermo hanno preso adesso in mano settori inimmaginabili per loro fino a poco tempo fa. Ma anche da noi non agiscono più da cosca, bensì come competitors apparentemente normali. Alla lunga è facile sgamarli, però, sia per gli atteggiamenti sia per l’improvvisa comparsa di risorse…

    4. Io ne vorrei uno per Natale….uno di quelli buoni ….;-)

    5. Nessun altro ha qualcosa da dire? Nessuno ha a che fare con i mafiosi in Sicilia?

    6. Ti aiuterei volentieri ma non tutti vantano un mafioso della porta accanto o del piano inferiore o superiore o di aver giocato con i figli dei boss da bambino.
      La mancanza di concrete conoscenze rende ancora più evanescente questo fenomeno di cui molto si parla e poco si vede. Certo non ci terrei ad approfondire e mi sta bene così, mi limito a sentire le notizie e ad osservare le foto di qualche arrestato.
      Spero che altri possano arricchire questo post, interessante senza dubbio.

    7. Ah ah.. “Canoniche e laconiche 2 righe”. L’eccezione che conferma la regola (su questo blog, of course, ma un po’ di prio in piu’ a chi guarda giocoforza i banner pubblicitari lo potrebbe pure fare). Conosco un tizio che ha un vistoso mega Suv, i figli vengono alla scuola privata vicino alla mia sede di lavoro (retta da 5000 euro l’anno). Ha poco piu’ di trent’anni, vestito benissimo e con discreto gusto; ma la tascioneria e’ un marchio indelebile, traspare da piccoli e inpercettibili gesti. Cosa ho scoperto che fa? Vende cozze e altri frutti di mare al mercato ittico (fattura, ricevuta e scontrino? Nooooo). Da dove vengono i soldi? Mah… Qualcuno conosce u’ Scintillune, arrestato 2 anni fa per associazione mafiosa? E’ il suocero. La puzza di tascio non mente mai.

    8. Mafioso = tascio… Bobo ti consiglio di andarti a spulciare da qualche parte come la pensa la magistratura a proposito …. i cozzarie i pecorari da soli non sanno gestire potenti network internazionali .

    9. A Giuseppe: il tuo ragionamento fila… Quello che io intendevo e’ che il cozzaro o il capraro stesso si e’ evoluto. Per vendere le cozze a 3/4 dei ristoranti della Sicilia occidentale il metodo mafioso deve per forza essere coniugato con una strategia di marketing, dall’approvvigionamento del prodotto alla capillarita’ della diffusione e alla fidelizzazione del cliente, passando dall’opportuna gestione del trasporto, spesso affidato a corrieri terzi. L’aspetto logistico e’ altresi fondamentale, magari non avranno frequentato corsi di microeconomia ed asset management ma sanno di sicuro come gestire gli ordinativi in entrata e in uscita, per non creare eccedenze di prodotto o, viceversa, evitare di rimanerne senza e non soddisfare pertanto la domanda.
      Ci saranno poi commercialisti che fanno quadrare i conti, consulenti bancari che investiranno i proventi del riciclaggio e avvocati pronti all’assistenza per le questioni legali; il network locale e’ realizzato, proiettabile su scala nazionale o transnazionale a seconda della tipologia di traffico, meglio se con collusioni di stampo politico
      Sull’equazione iniziale da te posta, evidenzio che si tratta di una brutale semplificazione (mea culpa, probabilmente, le mie affermazioni intendevano essere contestualizzate) in quanto non verificabile invertendo i sostantivi.

    10. @ Adria. Non mi sono “vantato” di aver giocato con il figlio del boss. L’ho solo narrato, seguendo il tema del post. Per doverosa e opportuna precisazione, dato che le parole sono importanti.

    11. Jaymar in questo caso scherzavo, ho scritto vantare in forma ironica. Mi fa piacere leggervi, se avete esperienze e conoscenze, la mia era una risposta ironica al post di Tony.
      Io nonostante le mie letture in tema di mafia devo ammettere che ne comprendo poco e c’è qualcosa che non mi convince nella storia della mafia siciliana, anche se non sono in grado di esprimere i miei dubbi, quindi leggere conoscenze dirette lo trovo interessante.

    12. Quel che faccio io?

      Ci vado pure a cena, se proprio deve capitare.
      Ma non mi metto mai nè a chiedere nè a dare oltre la normale, un pò barocca, cortesia.
      E’ inutile fare finta che non esistano, o che la popolazione li consideri “estranei”.

      L’esperienza insegna che i “mafiosi” sono perfettamente in grado di capire che non vuoi mischiarti a loro, pure se ti offrono un caffè.
      Non c’è bisogno di mostrarti inorridito dalla loro esistenza: sono i primi a tenerti lontano dal giro.
      Sono i primi ad esser consci della loro “impresentabilità sociale”.

      Se poi però ci vuoi entrare, in quel giro, fosse solo per un piccolo favore… beh allora sono cazzi tuoi.
      Perchè, secondo una certa logica, diventi uno che ha accettato le loro regole….

      Questo è tutto quel che ho imparato.

    13. Abate di Thélème sono d’accordo con te al 100%. Mio padre mi diceva sempre più o meno le stesse cose con una raccomandazione: non chiedere mai niente a questa gente, perché prima o poi verranno a chiederti di saldare il “debito”.

    14. Io ogni giorno vedo tantissimi mafiosi che chiedono il pizzo alle auto posteggiate…se non è mafia questa ditemi voi!!!

  • Lascia un commento (policy dei commenti)

    Ricevi un'e-mail se ci sono nuovi commenti o iscriviti.

x
Segui Rosalio su facebook, Twitter e Instagram