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venerdì 26 apr
  • Chiude Fiorentino, ma se fosse in vita il commendatore Alfredo…

    Alfredo Fiorentino

    E ci risiamo. Nonostante l’epilogo possa sembrare il medesimo, il prologo di questa storia ha un marchio inconfondibile che profuma di storia, garbo e cortesia. Ha il colore dell’oro e l’abito del galantuomo.
    Io lo ricordo bene il commendatore Alfredo. Se dovessi descriverlo a chi non lo ha mai conosciuto direi che era il classico nonno tenero. Nonno lo era per davvero, non essendo arrivato al traguardo centenario per un pelo, ma nei suoi gesti si poteva riconoscere la carezza di chi, nonostante tutto, nonno di sangue non fosse. Mai il tono della voce alto, sempre elegante, mai una parolaccia né una parola in dialetto. Era un uomo d’altri tempi, metodico e garbato, discreto, di quelli venuti fuori da una fotografia in bianco e nero.
    Ogni mattina, puntuale come il canto delle cicale d’estate, faceva ingresso alle 9:30 al civico 315 di via Roma di fronte l’edificio delle Poste. Prendeva posto nella sua scrivania, allocata strategicamente tra il bancone di vendita e la cassa. Una vista privilegiata la sua perché, sebbene stesse spesso con il capo chino e la sua fedele lente d’ingrandimento, al signore dell’oro non sfuggiva mai nulla. Nella sua scrivania c’era un cassetto, una sorta di scrigno segreto proprio a pochi passi dal reale caveau, forziere di ben altri preziosi. Da quel cassettino del suo scrittoio tirava fuori sempre qualcosa in grado di stregare chiunque. Che fosse un monile di poco valore o una caramella, non v’era differenza: con quei regali avrebbe reso felice persino un musone. Era un gesto delicato, avulso agli altri commercianti. Forse era proprio per questo che colpiva.
    Ricordo i gelati nella sua villa di Mondello in compagnia di sua moglie Irma, donna dall’eleganza senza tempo. Prezioso il suo animo prima ancora del corredo di gioielli che indossava. Ricordo questo e tanto altro, a volte in modo chiaro, a volte in chiaroscuro essendo tuttavia le memorie di una bambina. Ma oltre ai ricordi personali che mi accompagnano, ricordo qualcosa che penso fosse tangibile ai più. Ricordo l’amore per quell’azienda, un amore sentito dentro e fuori la storica sede di Fiorentino in via Roma. Ricordo anche l’amore per i suoi dipendenti, già tanti allora, ma mai troppi per poterli considerare membri aggiunti della sua già ricca famiglia.
    Una vita cadenzata da avvenimenti importanti, momenti di buio alternati a successi ineguagliabili. Molte rapine, ma anche guai giudiziari e il sequestro lungo quasi due anni di uno dei nipoti, l’apertura di molti punti vendita (il più noto in via Libertà a Palermo), fino all’esclusiva boutique Cartier, sono stati nulla in confronto al dolore provato per la prematura perdita del nipote Massimo e del primogenito Elio.
    Oggi cala il sipario su una storica ditta in città, ma che per oltre quarantanove famiglie ha significato lavoro, sacrificio e anche amore. Quarantanove come il numero dei dipendenti che ad oggi resta senza lavoro. Crisi, sì la chiamano crisi. Un nome che ad oggi risuonerebbe d’orrore alle orecchie di chi ha avuto un posto nel salotto buono di Palermo in piena Belle Époque.
    Sono certa che quel vecchietto di nome Alfredo, innamorato della sua azienda, così come dei suoi figli e dei suoi nipoti, oggi sia un po’ triste da lassù. Sono certa che abbia visto tutto. Abbia visto sperpero e potere, imperizia e incapacità. Dispiacere di alcuni versus malefatte di altri. E non ci sono vincitori e vinti, certo ci sono ricchi (o arricchiti) e poveri. Ma qui hanno davvero perso tutti. Perché la storia recente ci racconta che questa città è davvero sul lastrico, ma se l’insegnamento di chi ha condotto per quasi un secolo un’avventura di prim’ordine avesse affondato radici, la corsa al successo sarebbe stata inarrestabile.
    Commendatore Alfredo. Il 22 maggio, a quasi dieci anni dalla sua scomparsa, viene annunciata la messa in liquidazione della sua azienda. Essendo il giorno celebrativo di Santa Rita, beata a cui era devoto, non credo si tratti di una coincidenza. Anzi. Credo proprio sia stato lei stesso a coinvolgere dalla volta celeste la protettrice delle cause impossibili. Spero possa darle tutte le risposte di cui ha bisogno.

    (il quadro è di Loretta Surico, tecnica mista su tela, cm. 90×120)

    Ospiti
  • 6 commenti a “Chiude Fiorentino, ma se fosse in vita il commendatore Alfredo…”

    1. Non e’ facile per qualunque negozio restare in attivita’ per decenni o addirittura secoli, sono in pochi nel mondo quelli che ci son riusciti e ci riescono, probabilmente perche’ alla qualita’ della merce uniscono una fama che li rende meta continua di compratori da ogni dove.
      Riuscire a superare crisi, mode e rovesci vari per lungo tempo non e’ da tutti, specialmente quando si vende merce di non prima necessita’, perche’ nei momenti difficili e’ proprio quella che ci si astiene dal comprare per prima.
      Leggendo queste continue chiusure si ha la sensazione di una citta’ che sta morendo d’inedia e poverta’, ma come m’insegnarono all’universita’ talvolta esiste il fenomeno della distruzione creativa, cioe’ si distrugge l’esistente per far spazio al nuovo.
      Speriamo che il mio vecchio professore di Storia delle Dottrine Economiche e Finanziarie non si sia sbagliato.

    2. Ma che resterà a Palermo? Dov’é finito il benessere?

    3. Eccomi!

    4. insomma, che dire…una smielata diabetica all’ennesima potenza.

    5. è davvero tutto molto triste…dove andrà a finire questa città?

    6. Anche a me la notizia della chiusura di Fiorentino ha sconvolto, come tutte le volte che ho letto della chiusura di altri nomi “storici” di questa nostra città; il bar Mazzara per esempio. Sono contenta comunque di aver letto questo commento perché anche io ricordo molto volentieri il sig. Alfredo e per quelle poche volte che l’ho visto, posso confermare rigo per rigo ciò che hai scritto. Il ricordo è l’unica cosa che riesce a tenere in vita le persone e se i ricordi sono buoni è doveroso raccontarli e condividerli.

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