Chiesa della Gancia, le bellezze da scoprire
La mia ricerca dei tesori di Palermo mi porta in via Alloro, nel cuore della Kalsa, il quartiere arabo dove aveva sede il Palazzo degli Emiri. È una via importante, vi risiedevano le più alte cariche della città: numerose le dimore nobiliari, tra cui il Palazzo Abatellis, il Palazzo Diana di Cefalà, il Palazzo Calvello, il Palazzo S. Gabriele e tanti altri. Vi insisteva anche il Palazzo Bonagia, crollato nel 1982, mentre vi si affaccia, attraverso piazza Croce dei Vespri, il Palazzo Valguanera-Gangi nel cui sontuoso salone Luchino Visconti girò, per “Il Gattopardo”, le famose scene del ballo. In questa via, dove sono, si trova la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, nota come Chiesa della Gancia (Gancia: ospizio per malati e bisognosi). Fu edificata verso la fine del XV secolo per volere dei Frati Osservanti Riformati di San Francesco, desiderosi di avere un punto di appoggio entro le mura della città per i pellegrini forestieri e per gli stessi frati francescani.
Il prospetto principale è costituito da un portale con arco (il termine tecnico è archivolto) a tutto sesto sostenuto da peducci pensili del 1530, al di sopra una lunga monofora.; quello laterale da un portale con arco a sesto ribassato, sopra il quale vi è un bassorilievo raffigurante la Vergine degli Angeli.
All’ingresso mi affianca una ragazza: mi farà da guida nella dettagliata visitazione che intendo compiere. La Chiesa è a croce latina con le cappelle, e relative arcate, ai lati della navata. Sopra la porta centrale, sorretto da due colonne in marmo, risalta il rinascimentale coro ligneo su cui è collocato un organo di grande valore storico-artistico costruito dal famoso organista Raffaele La Valle nel 1615 su commissione del senato cittadino. Il sottocoro è decorato con rosette al cui centro vi è un ottagono con ritagliata una colomba, simbolo dello Spirito Santo.
Dall’organo il mio sguardo passa allo splendido originario soffitto ligneo, costituito da formelle dorate, che copre la navata e il transetto. Sopra le cappelle tra le arcate vi sono dei magnifici affreschi che raffigurano dodici santi francescani.
Le cappelle, dedicate a vari Santi, veri scrigni d’arte, presentano importanti tele, tavole, stucchi, affreschi, manufatti lignei, sculture, decorazioni a marmi mischi, sarcofaghi funerari, bassorilievi, di illustri artisti quali Vincenzo Bongiovanni, Antonello De Crescenzio detto il Panormita, Antonino Grano, Olivio Sozzi, Filippo Tancredi, allievi del Gagini, Vincenzo da Pavia, Pietro Novelli detto il Monrealese, Gaspare Firriolo,
Sul lato destro vi è un pulpito marmoreo, un capolavoro rinascimentale della scuola del Gagini: vi sono rappresentati la Resurrezione, Cristo nel Limbo e gli Evangelisti.
Nel transetto di destra spiccano una tavola del Cinquecento raffigurante la Madonna di Loreto e una tela di Vincenzo Bongiovanni del 1730 con l’apparizione della Vergine di Guadalupe. A destra dell’abside la cappella di Nostra Signora di Guadalupe contiene affreschi di Giacomo e Procopio Serpotta e dipinti di Vincenzo Bongiovanni, Vincenzo da Pavia e Mario di Laurito. Tra le lapidi sepolcrali di inquisitori spagnoli dell’arco d’ingresso si trova la tomba di Don Juan Lopezde Cisneros, la cui storia è stata raccontata da Leonardo Sciascia nel libro Morte dell’Inquisitore.
Nell’altare maggiore campeggia una croce lignea con Crocifisso di Venanzio Marvuglia con scene dell’antico testamento. Gli scultori Giuliano Mancino e Bartolomeo Birrittaro sono gli autori del gruppo marmoreo della parete di fondo che rappresenta la Vergine col Bambino e San Francesco. Le pareti e la volta sono affrescate da Filippo Tancredi.
Nella parte sinistra del transetto, nella cappella dell’Oratorio, è collocata una tela attribuita a Giuseppe Salerno detto lo Zoppo di Gangi che raffigura San Francesco. Ai lati due monumenti funebri attribuiti a Ignazio Marabitti. All’esterno della cappella, a sinistra, un affresco del Tancredi che raffigura Santa Chiara e la Pisside. Dentro la cappella possiamo ammirare la tela del Beato Salvatore d’Orta opera di scuola fiamminga, un crocifisso ligneo e una pietà in marmo, una scultura di scuola del Gagini.
Accanto all’altare, la cappella dello Sposalizio presenta, nella volta e nelle lunette e ai lati delle pareti, grandi affreschi di Tancredi con scene bibliche. In alto una grande opera di Giacomo Serpotta; il famoso puttino in saio francescan (il Monachino); sopra l’altare lo sposalizio della Vergine di Vincenzo da Pavia e il gruppo in stucco della “Sibilla Cumana” di Giacomo Serpotta.
La ragazza-guida dà uno sguardo al mio block notes. Ha parlato per oltre un’ora e mezza. Ha un lieve sorriso sulle labbra. È difficile imbattersi in un visitatore attento come lei, dice. Grazie, rispondo. Se l’aspettava tanta messe di capolavori? La Gancia, per i tesori che racchiude, non è conosciuta come merita, aggiunge. Ne sono convinto. Nessun altro visitatore in giro. La magnificenza barocca di Casa Professa e della Chiesa di S. Caterina d’Alessandria è più appariscente, ma la Gancia, col suo stile austero, non è da meno.
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