Marc Zoro e l’Ambrogino d’oro
Ho qualche amico a Messina. Tutta colpa del pallone visto che da quando anche lì sono finiti in serie A il giornale ha preso a spedirmi (inviarmi mi pare troppo) a seguire le partite dei cugini giallorossi. È una squadra simpatica e anche se questo è un blog di Palermo mi va di parlarne. Per una ragione, in particolare. Perché tra quei pochi amici che ho a Messina c’è un ragazzo di 22 anni, nero come la pece fuori ma bianco come la purezza nel cuore. Lo so, è una frase da collezione Harmony ma, sinceramente, non me ne viene una meglio.
Questo tizio qui si chiama Marc Andrè Zoro, vive in Italia dal ’99 e parla la nostra lingua molto meglio di tanti di noi. Un congiuntivo, per dire, non lo sbaglia nemmeno sotto tortura. L’altra domenica, quando quattro cialtroni gridavano a Marc che è un «negro di merda», ero allo stadio e l’ho visto come impazzito. Si è preso il pallone e se lo voleva portare via: «Basta, non giochiamo più davanti a questi imbecilli razzisti», ha detto all’arbitro. Poi si è giocato lo stesso perché non si può mica spezzare un’emozione, no? Fatto sta che quel gesto, come sapete, è finito su tutti i giornali, se n’è parlato tanto e Marc è diventato, suo malgrado, un personaggio. Suo malgrado, davvero, perché chiunque conosca Zoro sa bene che tutto avrebbe desiderato tranne che finire in prima pagina per una cosa del genere.
Ma perché ho deciso di scrivere questo? Perché sono entrato oggi in redazione, ho aperto le agenzie e ho letto una dichiarazione del sindaco di Milano Gabriele Albertini. A Milano c’era chi voleva consegnare a Marc l’Ambrogino d’oro, ambito premio che si assegna a chi si è distinto nell’arte, la cultura, il sociale. Ora, io penso che il gesto di Marc sia stato più efficace di centinaia di inutili conferenze sul razzismo patrocinate dalla Presidenza del Consiglio. È stato un pugno nello stomaco a quei pezzi di merda travestiti da tifosi che si credono i Padreterni degli stadi soltanto perché fanno casino e dicono porcherie contro neri e poliziotti. E invece, ha fatto sapere il dispettoso Gabriele Albertini, l’Ambrogino d’oro a Marc Zoro lui non glielo dà. Motivazione? «Se si vuole contrastare una manifestazione di razzismo — spiega lo scienziato meneghino —si possono utilizzare altri mezzi. L’Ambrogino bisogna meritarselo, non lo si dà a chi si mette un po’ in mostra». Detto da uno che ha sfilato in mutande solo per finire sui giornali non è poco.
Ci sarebbe da ridere se non fosse che qualche giorno prima anche un collega di Albertini, il vice sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, “sceriffo” della Lega Nord, si era scagliato contro il mio amico Marc: «Ci si ricordi sempre che i giocatori extracomunitari vengono qui da noi non per lavorare in miniera o raccogliere cotone, ma per giocare a calcio e guadagnare milioni di euro, quindi ognuno faccia il suo», aveva sentenziato il simpatico Gentilini.
Leggo che la Lega di Bossi — con il beneplacito di Albertini — vuole assegnare ‘sto premio milanese nientemeno che alla scrittrice Oriana Fallaci, illustre collega che per raccontarci quanto odia i musulmani monopolizza pagine del Corrierone e manda in stampa best seller rassicuranti che parlano di rabbia, orgoglio e menate di questo tipo. E allora è giusto così. Dateglielo a lei l’Ambrogino, che se l’è meritato, mica si è messa in mostra come quel negro di Zoro. Dateglielo a lei che non ha mica paura di dire quello che pensa, costi quel che costi (specialmente a chi la paga profumatamente). Marc se ne farà una ragione e tornerà ad accollarsi fischi e insulti da quei buffoni delle curve che, c’è da giurarci, magari vanno pure a votare per la Lega Nord. E se non gli sta bene, se ne torni a raccogliere cotone in Costa d’Avorio. E la smetta di fare la vittima e rompere i coglioni. Così Gentilini è contento. Resta lo spazio solo per una domanda facile facile: «Ma in che merda di paese viviamo???».
L’altro giorno ho sentito una frase che non mi e’ piaciuta al supermercato. Alla fine mi sono chiesto anche ioo dove viviamo e se siamo li’ li’ per diventare razzisti. Qui, a Palermo.
Ho condiviso il gesto di Zoro è mi piace che qualcuno ne abbia voluto parlare in questo blog. Nella sua prima dichiarazione Marc giudicava intollerabile l’essere offeso a casa sua. Zoro a Messina si sente a casa sua. Questa è una conquista che i suoi conterranei devono difendere.
A presto
Se tra Palermo e Milano (intese come poli opposti del paese) c’è questo divario in termini di considerazione razziale, possiamo senza dubbio sentenziare che viviamo in un paese di merda.
Certo, non è neanche giusto generalizzare, ma resto convinto che noi meridionali non guardiamo tanto il colore della pelle di chi ci sta di fronte. Sono convinto che lassù dovrebbero cominciare ad aprire gli occhi e piantarla di sentirsi tronfi e belli. Quelli che si ritengono “superiori” sono solo ignoranti.
“I have a dream” gridava Martin Luther King.
Tra le tante parole che accompagnavano questa frase diceva:
“Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima”.
Non sarà un premio letterario a cancellare le gravi offese fatte a Marc Zoro, anche se, l’assegnazione di questo , sarebbe stato un pretesto per dimostrare che non tutti la pensiamo come degli imbecilli da stadio.
E’ vergognoso sapere che dei miei connazionali abbiano il coraggio di gridare, durante una partita di calcio, cori così deplorevoli.
Voglio essere con tutti coloro che hanno “parlato” in nome dell’uguaglianza.
La rabbia di Marc Zoro ne è stata una dimostrazione.
Perchè le “differenze”, cominciando dal colore della nostra pelle, dalla nostra religione,
dalla nostra cultura, ci devono unire per difendere insieme la nostra libertà.
“I have many dream” …un sogno solo per questo mondo pieno di ingiurie è troppo poco.
per me l’unico albertini degno di nota giocava a calcio nel milan, portava le mutande (i calzoncini) molto meglio del sindaco di milano ed è ancora impegnato socialmente.
forza zorò
Grazie per i commenti, Marc ne sarà felice. Molto divertente quello di Toni… peccato per quel nome che a Palermo ormai non va troppo di moda…