Lonely Planet giardini
Da Palermo a Teheran (e ritorno).
In questi giorni di confusivo Natale chi è andato in giro per la città a naso all’insù, indeciso sui regali da farsi (o disperato per il quantitativo e la spesa) ha potuto ammirare i cartelloni che il Comune ha fatto per ricordarci una della grandi opere realizzate per la nostra città: il giardino della Zisa.
Non parlerò della Zisa, della Splendida, ma semplicemente del giardino. Succede a volte che allontanandosi dalle cose o persone per un periodo si guadagna nell’anelato distacco e si capiscono meglio. Succede, a volte.
La Persia di Ciro il Grande e di Dario, la Persia culla delle civiltà e paese di straordinaria bellezza e accogliente stupore è uno dei grandi bacini da cui hanno attinto i popoli arabi e mediterranei. Quando ancora noi camminavano carponi laggiù avevano sperimentato sistemi di poste e comunicazioni talmente veloci ed efficienti da far impallidire gli impiegati statali odierni. Ora, gli arabi che per circa 200 anni soggiornarono sulle nostre terre arrivarono già impregnati delle meraviglie persiane: arte, sistema politico-amministrativo, architettura. Una delle cose che portarono in Sicilia fu l’organizzazione dei giardini.
Oggi la capitale dell’antica Persia è Teheran una città di dodici milioni di abitanti per lo più caotica e inquinata, ma tra i casermoni di cemento armato ogni tanto spuntano dei tesori architettonici della dinastia Qagiar (fine 1700 – 1930 c.a.) parchi meravigliosi caratterizzati da alcuni elementi che da 3000 anni fanno la tipicità dell’architettura persiana: “La natura organizzata è continuamente presente dai tempi di Ciro fino a quando, con l’avvento del processo di occidentalizzazione, l’influenza del cosiddetto “giardino pittoresco inglese” si palesa nei parchi del periodo Qagiar a Teheran, come quelli di Zill ul-Sultān e Amīn ud-Dawlah rappresentati nella pianta di Teheran redatta da Sulaymān Khān nel 1891”. Gli ambienti centrali delle case Qagiar sono padiglioni quadrati con fontana al centro, chiusi a vetrate con muqarnas (raccordo decorativo fra le strutture portanti delle volte) agli angoli superiori o aperti da due lati con al centro del soffitto (sopra la fontana) una cupoletta le cui paretine sono aperte per fare entrare la luce.
Da questi ambienti, poteva partire un progetto di giardino comprendente il sistema di vasche, esattamente identico a quello che parte dall’Iwan della Zisa di Palermo. Suppongo: la conquista araba della Persia avvenne ad opera di tribù nomadi coalizzatesi, non essendosi mai stanziate non avevano certo potuto strutturare un sistema architettonico né uno stile artistico degli edifici. Insomma siamo stati contaminati da popoli che lo erano stati a loro volta. Potrebbe sembrare un di più, una supposizione da Indiana Jones de’ noantri. Beh, forse, ma viaggiando si tirano fili rossi tra popoli e arte, e quando si aggiunge un metro spostandoci più in la, ci si avvicina a posti e popoli. Quando poi i posti lontani in questo momento sono bersaglio continuo di ulteriori allontanamenti è bene concentrarsi un po’ di più sulle taciute vicinanze. La controvoce è quella culturale, più profonda, più antica, forte.
La nostra Zisa viene dal concetto persiano di giardino, dalla Persia delle mille e una notte, dei sufi e di Ahmadinejadh, dalla meravigliosa patria di Ciro il grande re, di Avicenna e di Khomeini. Contraddizioni? Si, anche quelle sono tipiche dei popoli meridiani. Noi abbiamo le nostre, come quella Splendente Zisa e i suoi giardini nuovi nuovi sorti in mezzo alla munnizza e ai casermoni.
Per chi volesse saperne di più sui giardini di Persia e di Palermo: Attilio Petruccioli (a cura di), Il giardino islamico. Architettura, natura, paesaggio, Electa, Milano, 1994.
ciao cristina
pensavo proprio a te in questi giorni! Staserà verrò sicuramente a salutarti all’expa!
Manlio
Oggi sul GdS ho letto che le fontane del giardino della Zisa sono rotte!
Qui di passaggio. Un abbraccio e ottimi passaggi…
“dei sufi e di Ahmadinejadh”
sufi.. e alle volte anche dervishi
Un abbraccio
Provinciale dell’Orsa Minore
Le contraddizioni non mancano mai (anche agli “altri”. Ma se riuscissimo a riprodurre la bellezza morbida dei giardini arabi, con lo zampillo che gorgoglia al centro e l’ombra che autorizza l’oblio provvisorio, saremmo davvero bravi. Una mia allieva iraniana sta sviluppando un progetto per fare rinascere i giardini di Ispahan, danze e musiche comprese …
michele puoi farmi sapere di più? scrivi pure – se ti va – alla mia mail…m’interesa moltissimo.
buon giorno, le sarei grata di mettermi in contatto con uno(a) storico(a) specializzata nello studio dei giardini arabi con particolare riferimento a quelli creati a palermo ed ancora esistenti durante il periodo di federico II. oggetto: conferenza su quest’argomento.
La ringrazio. Cordiali saluti, Anne Marie Clos