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giovedì 18 apr
  • Del cibo di strada palermitano

    Del cibo di strada palermitano, dell’urgenza di possederlo, consumarlo, gesto atavico e rituale, troppo se ne è dedotto e da penne migliori di me, con dietrologie più sottili e filosofiche, e altro inchiostro verrà versato, in tal proposito, ne sono certa: perché a quel cibo lì, con odori che invadono vicoli e vicoletti, irresistibili canti di sirena per il palato, non si resta indifferenti, a meno che non si venga tratti in salvo (come per la cera nelle orecchie di Ulisse) da un raffreddore capace di anestetizzare in toto l’olfatto. Sospetto che il cibo di strada e il cibo in genere, a Palermo, venga usato come forma di obnubilamento mentale. Nessuno ha pensato che per mantenere in scacco un’intera città e piegarla al proprio volere, invece di pistole, coltelli, razionamento dell’acqua e taglieggiamenti, sarebbe bastato mettere a cuocere un’enorme pignata di pasta con le sarde, immensa, che con i suoi fumi annebbiasse i vetri delle finestre e tenesse in perenne ostaggio i nasi dei cittadini, con minor spreco di violenza, e massimo sperpero di passolina, pinoli e finocchietto. La tirannia del cibo panormita, purtroppo o per fortuna, si mantiene più discreta, è una distrazione alla portata di chiunque. È una forma di bricolage, un hobby, acuisce l’ingegno, suggerisce varianti che moltiplicano in maniera esponenziale i contenuti calorici e prospettano incontrovertibili effetti anestetici e analgesici. Come si possono articolare pensieri logici dopo aver assaporato, masticato e poi ridotto in bolo un panino e mezzo con la meusa, per giunta maritata? Quale ingegneria di alta culinaria si cela dietro una frittata con la variante (aggravante per colesterolo e trigliceridi) della muddica atturrata? Chi ha fatto questa scoperta? Chi l’ha applicata? Immagino un genio, al pari di Michelangelo, Mozart, Leonardo, magari un enfant prodige dodicenne che si è prodotto ai fornelli per mesi al fine di progettare la caponata perfetta, regolare il punto di cottura delle stigghiola, scoprire l’ingrediente finale delle arancine. Mi chiedo non senza polemiche, come mai colui che per primo ha scoperto l’abbinamento sarde, pangrattato, foglie d’alloro e fettine d’arancia (leggasi sarde a beccafico) non sia stato insignito del premio Nobel per la chimica. Assaggiare e offrire rosticceria mignon non calma gli animi al pari di scambiarsi un calumet della pace? Se tutti si offrissero scambievolmente panini con le panelle e qualche crocché (anche piccoli, per non ostruirsi troppo le arterie) non ci sarebbe forse più pace nel mondo?

    Palermo
  • 10 commenti a “Del cibo di strada palermitano”

    1. “obnubilamento”? Ma parra come manci 🙂 eheheh, no scherzo, ma visto l’accoppiata non potevo tenermela :D.

    2. Propongo il nobel per la pace alla Gambino e, se non bastasse, anche la sua candidatura alle Nazioni Unite come rappresentante della Trinacria

    3. Basta frittola e pasta con le sarde! O no?

    4. Ma quant’è brava la mia Daniela?
      Un fascio di luce per ogni mattina grigia.
      Un bacio enorme.

    5. evviva lo sfincionaro ambulante e santa rosalia!
      “chi ciavuru!”
      “chisti sunnu cuosi ca si taistanu!”
      hai ragione daniela, il nostro cibo di strada è qualcosa che fa bene allo spirito e ci rende più buoni e probabilmente più propensi alla pace…
      che fame però ora che ci ho pensato! 😛

    6. ottimo!
      Equilibrato, ben cotto, sapido e croccante.
      Peccato che sàpi di picca!
      La prossima volta sia più abbondante con le porzioni.

    7. Uffa! adesso mi hai fatto venire voglia di pane e panelle…cavolo!!!Come la risolvo sta cosa che vivo a Venezia??? “Chi nerviiiiii!!!”

    8. sì, che noia vivere a venezia, tutta st’acqua, il cnale grande, vuoi mettere con Oreto River, il nostro Missisipì? E poi titti quei piccioni che scacazzano. Naaaaaa… e poi ti metti in macchina e in tre ore sei a Vienna.. vuoi mettere qui che in tre ore sei, se ti va bene, a messina?? Hai tutta la mia solidarietà Maria…

    9. Sig Billitteri,io Palermo cu venezia un cia scanciassi mai,qui in 60 minuti sei nella Valle dei templi,in due al teatro greco di taormina,in 3 minuti partendo da P.zz. indipendenza sei alla cattedrale,eppure Palermo lei la racconta benissimo,quasi da brividi.
      Quanto la invidio che lei vive a Palermo.

    10. Carissimi,
      con l’umiltà di un turista, vi segnalo che al cibo di strada palermitano ho dedicato un capitolo nel mio “Dire Fare Mangiare”. Se in libreria volete dare un’occhiata, sono curioso del commento di chi a Palermo ci vive…
      http://www.addeditore.it/dire_fare_mangiare.html

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