Fango!
“Cazzocazzocazzo”. Esattamente questo stava pensando al ricordo delle immagini viste alla tv: fiumi di munnìzza nella disperata città-col-nome-di-porto che lui stava amministrando.
“Cazzocazzocazzoeancoracazzo”.
E poi quella frana di fango così… così… così fangosa.
Cose di disgusto.
Gli stava passando tutto il prìo per il bello cocktail che s’era fatto preparare lì, in quello che chiamava con affetto “il mio ufficio” e che era in realtà un locale che serviva pesce crudo (e, sempre per amor di verità, era davvero l’unico luogo in cui era possibile incontrarlo visto che altrove, soprattutto nei luoghi istituzionali, era praticamente impossibile trovarlo). Osservare il ghiaccio dentro il bicchiere del cocktail era da sempre la sua terza attività preferita al mondo (la prima era ridere; la seconda era colpire con un pezzo di legno e nylon quelle palline che rimbalzavano così gialle e veloci). Ma adesso neanche il sottile tintinnìo del ghiaccio contro il vetro del bicchiere gli dava gioia. Era tesissimo. Aveva fatto una (altra) minchiata, ma questa era così colossale che se ne era reso conto perfino lui. Sì, certo, c’era voluto del tempo per comprenderlo appieno, ma ora ne aveva la certezza. Doveva andare a Belmonte Chiavelli e invece non c’era andato. Continua »
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