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venerdì 19 apr
  • Note dal Mali: un colpo di stato inaspettato

    Sono passati dieci giorni. I putschisti, come chiamano qui i soldati appartenenti al Comitato Nazionale per il Ristabilimento della Democrazia e la Restaurazione dello Stato (CNRDR), iniziano ad avere i primi problemi. Beh, in verità, ancora non sono riusciti ad imporre la loro linea. La BCEAO (la Banca Centrale degli Stati dell’Africa Occidentale) ha deciso di sospendere in maniera preventiva le transazioni finanziarie (minacciando un embargo totale) e la comunità internazionale quasi al completo, oltre a condannare il colpo di stato, ha in concreto chiuso i rubinetti agli aiuti bilaterali, fondi sui quali lo stato maliano alimenta le sue spese. E tra qualche giorno c’è da pagare gli stipendi, ed in particolare quelli degli stessi soldati pro-colpo di stato.

    Ma facciamo un passo indietro. Mi trovo in Mali. Lavoro per una Organizzazione Non-Governativa italiana che si occupa, tra le altre cose, di sicurezza alimentare e di rafforzamento alle organizzazioni contadine e di allevatori. Il Mali è uno degli stati africani più poveri. Si trova nella fascia saheliana, una zona fortemente dipendente dalle precipitazioni e, in fase ciclica, da periodi di forte insicurezza alimentare. Proprio prima del colpo di stato, stava per partire un programma di emergenza delle Nazioni Unite per contrastare la siccità e l’insicurezza alimentare nelle regioni nord del Mali. Erano previste distribuzioni di sacchi di cereali e voucher alimentari, che purtroppo sono per il momenti sospesi.

    La notte tra il 21 ed il 22, in seguito ad una manifestazione spontanea, alcuni soldati maliani del CNRDR, stanchi di come il Presidente della Repubblica del Mali Amadou Toumani Touré (ATT) stava gestendo la guerra contro il Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad (MNLA) presente nella zona nord del paese a maggioranza etnica Tuareg, hanno preso il controllo dello stato. Da circa trent’anni, infatti, differenti movimenti Tuareg chiedono maggiore autonomia e, alcuni, parlano anche di secessione. Secondo i militari, ATT non aveva interessi a chiudere la guerra al nord, e per questo non forniva i giusti armamenti e il sostegno necessario. Ma nessuno si sarebbe aspettato un colpo di stato a circa un mese dalla data di svolgimento delle elezioni.

    I militari, hanno preso il potere occupando il palazzo presidenziale e la sede della tv e radio nazionali da cui hanno dato i primi comunicati audio/video. Hanno imposto il coprifuoco nelle ore centrali della giornata ed hanno chiuso e frontiere aeree e terrestri. Che fine abbia fatto il presidente ATT non si sa: alcuni dicono sia in una caserma militare a progettare il contro–attacco, altri che sia al sicuro in un’ambasciata in capitale, altri ancora che sia comodo in una villa della capitale ad aspettare l’intervento dei caschi blu delle Nazioni Unite o quelli della BCEAO.

    Cosa succederà nei prossimi giorni nessuno lo sa. I dati certi sono che il capitano Sanogo, a capo del CNRDR, accorgendosi che, di fatto, non può salvaguardare l’integrità al nord, abbia richiesto in particolare al Burkina Faso e alla BCEAO gli aiuti necessari per contrastare l’offensiva Tuareg. Di sicuro, con questo colpo di stato, seppur non violento (c’é stato un morto e circa quaranta feriti), il Mali ha fatto un balzo indietro in quanto a democrazia, sicurezza e peso internazionale. Mettendo forse fine alla parola sviluppo, o almeno per un lungo periodo, all’arrivo di aiuti internazionali e di turisti. I putschisti potrebbero avere preso un paese in grave difficolta ma, ancora più grave, lo potrebbero portare al completo sfinimento, soprattutto perché il bilancio della guerra al nord si fa sempre più preoccupante e incerto: i militanti dell’MNLA hanno preso il controllo del capoluogo di regione Kidal, hanno invaso e conquistato Gao e iniziano ad attaccare Timbuctu. I Maliani, seppur ancora abbastanza a favore del colpo di stato, potrebbero scendere in piazza contro i putschisti. La benzina è infatti aumentata di circa il triplo, i bancomat della capitale sono quasi a secco, e la paga degli stipendi è, alquanto, insicura.

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