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  • Status di “Va’zappa” (WhatsApp) a Palermo

    Status di “Va’zappa” (WhatsApp) a Palermo

    Che noi palermitani tendiamo a farci riconoscere ovunque andiamo, si sa, è un dato di fatto. Sarà che la scuola poetica siciliana da anni è motivo di vanto per noi abitanti della Trinacria, ma il palermitano tende a rivendicare quella capacità linguistica a tal punto da universalizzare perfino il proprio dialetto.
    Nell’era dei social network, anche i più conservatori si sono dovuti adattare a parole come hashtag, facebook, selfie e il tanto fantomatico WhatsApp che – tra i più intimi- ha suscitato risa nella sua formula palermitana “Va’zappa”.
    Sembrano passati secoli da quando la vecchia chat di Msn (Messenger) richiedeva di scrivere sotto il proprio nickname, uno status.
    Poi è arrivato WhatsApp e nel rituale d’iscrizione è comparsa – puntuale – la stessa richiesta di scrivere questo famoso “stato”.
    La seguente richiesta che sa molto di “ufficio anagrafe” ha così decretato la distinzione dei palermitani-cyber nelle seguenti categorie. Alcuni hanno perfino preferito mantenere la propria impronta del sud, altri invece preferiscono l’italiano dantesco.
    Basta scorrere tra i propri contatti per distinguere i tipi:

    • Gli indifferenti: piccola categoria di nicchia che ha sorvolato sul proprio stato, lasciando con perfidia e freddezza il testo predefinito che il software propone. Che vogliano dimostrare che – in fondo – per loro è solo un mezzo di comunicazione? Non lo sapremo mai, né saranno loro a dircelo.
    • I filosofici: se Verga avesse avuto WhatsApp i Malavoglia sarebbero stati riuniti in un unico gruppo. In questa categoria, i palermitani sono famosi nel loro recitare brevi proverbi o frasi quasi come fosse la scritta sotto la loro lapide (tanto la foto in miniatura già c’è). Ecco qui che sfioccano stati come «si su rose…» «riscuri i cafè» «finchè dura è fuittuna». Apprezzo la difficoltà che avranno avuto nel palermitanizzare proverbiali detti combattendo contro il T9 dello smartphone che di certo non intuirà mai certi “epiteti”.
    • I linguisti: ancor più furbi dei filosofici, loro vantano anni di studio di linguistica e fonetica applicata al dialetto. Abili oratori, possiedono talmente il dialetto palermitano, che gli status li scrivono direttamente con la pronuncia, intrattenendo il malcapitato lettore anche con giochi di parole. Ecco che «compàmattacchiutacco» o «agneddu e sucu» sostituiti dalle emoticon e non scritti a parole sono invenzioni linguistiche degne di lode. Una volta compreso il gioco fonetico, il sorriso è assicurato, insieme a un sano «perché?» che lascia un retrogusto di amaro dubbio.
    • I melodrammatici: questa categoria mette un po’ a rischio la propria capacità comunicativa. La cosa buffa è che queste persone vantano di essere impegnati h24 senza ricordare che noi li conosciamo e sappiamo che il massimo impegno che hanno è caricare il cellulare o cambiare canale con il telecomando. Quindi i loro status da uomini d’affari come «solo chiamate urgenti» vengono vanificati dai loro reali stili di vita. Imperdibile poi la ventata di schiettezza palermitana che dà vita ad Acronimi personalizzati inneggianti al non “voler essere disturbati”. Per loro l’accademia della Crusca avrà sempre una porta aperta.
    • I burocrati: gli amanti delle scartoffie ben si apprestano alle richieste di “compilazione”. All’interno si potrebbero ben distinguere due sotto-cattegorie: chi prende alla lettera la parola “stato” scrivendo come risposta: celibe/nubile/schiettu/zitato (storie vere). Poi c’è chi invece recepisce una quasi beffa del destino sotto questa parolina e risponde come se a leggere ci fosse il presidente del Consiglio in persona. Ecco che fioccano stati con scritto «un cinn’è travagghiu», «disoccupato» e chi deride perfino il proprio paese scrivendo «italiano, ma minni scappassi». Spieghiamo a questa gente che non stanno compilando un modulo da presentare al Centro per l’impiego.

    Tante sono le categorie di persone, quelle che riportano citazioni da fonti diverse, quelle che pongono domande ad un interlocutore immaginario («chi ci talìì?») facendoci sentire quasi spiati, chi si finge narcolettico a vita perché a conti fatti, «sto dormendo» è perennemente scritto lì. Ma cosa ci spinge in fondo a personalizzare perfino uno status di un sistema di messaggistica? Sarebbe ingegnoso mettere a confronto le varie regioni dell’Italia e vedere se anche in altre parti c’è questa versatilità. Sarà che da noi non c’è lavoro quindi abbiamo perfino il tempo di personalizzare il superfluo o semplicemente perché siamo palermitani, patriottici ed allegramente “schiffariati”.

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  • Un commento a “Status di “Va’zappa” (WhatsApp) a Palermo”

    1. Secondo il post, io rientrerei nella categoria generale degli indifferenti, ma aggiungo nella sottocategoria dei nichilisti, quelli cioè che cancellano pure il messaggio standard e lasciano un bel campo bianco.
      Perché?
      Mi piace la pulizia.

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