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mercoledì 24 apr
  • Ma ‘un v’abbuttò cu ‘stu SUCA???

    Il palermitano ci tiene e tanto pure.
    Il palermitano è da sempre attaccato alla sua terra. La ama, la adora e ne rivendica l’appartenenza ad ogni occasione.

    Il palermitano a volte tende a lamentarsi della spazzatura, del traffico, dell’assenza di lavoro e di servizi ma poi, una volta rinsavito, non resiste all’irrefrenabile richiamo della sua città e allo spasmodico bisogno di ricordare a tutti, autoctoni e non, che tutto ciò che la storia ci ha trasmesso, tutto ciò che l’arte ci ha lasciato, che tutti i segni di bellezza che questa città contengono non sono un patrimonio dell’umanità… Ma sono proprio suoi, del palermitano stesso.

    È sicuramente per questo che, lì dove la bellezza e l’arte la fanno da padrona, lì dove la storia si palesa con la presunzione di sentirsi immortale – ma anche dove l’occhio umano non percepisce altro che materia, quindi su fermate dei bus, su pensiline, su muri scrostati – il palermitano si sente quasi obbligato a lasciare il suo segno di appartenenza, ad imporre il suo sigillo storico di bellezza, a marcare il territorio sul quale gravano statue, affreschi, monumenti, rischiando di trarre in inganno chi osserva, mettendolo nelle condizioni di pensare di non essere più nella città che fu dei Basile, dei Florio, di Tomasi di Lampedusa, di De Seta, di Aldo Baglio, di Francesco Benigno e di Eva Riccobono…

    Ed è qui che per riportare tutti dentro il territorio cittadino, è qui che per rivendicare l’appartenenza e rinforzare il senso di possesso di tutto ciò che si erge dentro le mura, che appare come per incanto l’anagramma acronimo dello slogan preferito dai palermitani: “Siamo Una Città Antica”… Aka, SUCA.

    Puoi scorgere un suca in ogni dove. La città è piena di suca in tutte le sue forme: suca normale, suca forte, suca con la pompa, suca chi legge… È tutto un suca generale.

    Il palermitano ci tiene. Nel tempo è diventato un vero e proprio marchio di fabbrica, un brand identificativo a livello nazionale… Lo si capisce dall’utilizzo che se ne è fatto nel tempo a livello mediatico.

    Memorabile l’interpretazione di un giovane Benigno che, in quel capolavoro che fu “Mery per sempre” nei primi anni ’90 portò – a colpi di suca – alla ribalta nazionale le bellezze storiche della città e dei suoi giovani.

    Da quando il Palermo è tornato in serie A il richiamo calcistico ha fatto sì che suca sia anche diffuso e identificato con lo sport. Ad ogni rinvio del portiere avversario, il popolo rosanero non lesina energie per urlarlo a squarciagola all’Italia del pallone.

    Suca nel tempo si è ritagliato uno spazio importante anche nel mondo della simbologia. Un po’ per moda, un po’ per alimentare il senso di mistero e riservatezza che caratterizza il popolo palermitano, Suca ha assunto negli anni l’aspetto di un codice alfanumerico: 800A. In questa sua veste misteriosa, oggi nel mondo lo si può trovare in una stazione metro di Londra, in una panchina del Central Park di New York o inciso sul legno di un tavolino di un cafè de Paris, come a segnare il passaggio del popolo palermitano.

    Oppure può capitare di sentirlo dire nel mezzo di una passeggiata nella folla del carnevale a Venezia o mentre si è in fila per il check-in all’aeroporto di Dusseldorf. Lì assume valore di “richiamo” diventando quasi un sondaggio per verificare se e quanti palermitani ci sono nei paraggi. Il fine? Guardarsi, riconoscersi e salutarsi con un sorriso.

    Suca sta ai palermitani un po’ come la Torre Eiffel sta ai francesi e lo skyline di New York agli americani. È un simbolo di appartenenza e riconoscimento.

    Beh, posto che chi scrive è molto legato a questa città; posto che, se si manifestano insoddisfazione, rabbia o disagio per quello che si vede in giro, per le follie amministrative, per i disagi sociali e per la situazione economica probabilmente lo si fa sol perché vorremmo tutti poter dire che Palermo è il posto più bello in cui vivere al mondo e invece non ne abbiamo la possibilità; posto che per questo e per tanti altri motivi siamo ormai abbastanza riconoscibili nel mondo…
    Una volta giunti alla seconda decade del ventunesimo secolo…mi pongo un quesito: ma ‘un v’abbuttò cu ‘stu SUCA???

    #sucachiimbrattalacittà

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  • 15 commenti a “Ma ‘un v’abbuttò cu ‘stu SUCA???”

    1. ….. a prescindere dal corpo dell’ articolo ….ma è normale mettere un TITOLO del genere ??? ma Rosalio che lo pubblica….. è una cosa indecente !!!
      saro’ strano io bho !!!

    2. rileggendo bene l’ articolo poi …. ma che articolo è ? centrato su una parolaccia ?
      ….e per favore non me la rigirate su una tipica tradizione palermitana da proteggere !!!
      sempre piu’ strano io …. bho !!!

    3. Acronimo, non anagramma.

    4. Marco per noi è ok, vogliamo rappresentare la città.

    5. oddio! Una parolaccia!!!

      È un articolo che esprime in maniera divertente un sentimento o un risentimento comune a molti

    6. Oh, un altro bel post sull’argomento preferito del sito, a quanto pare.
      Ormai e’ chiaro che Rosalio e’ divenuto l’enciclopedia della succhiata, il dizionario del blow job, il manuale di come porre la propria cavita’ orale al servizio dell’apparato genitale altrui.
      Urge quindi cambio immediato del nome con uno piu’ aderente all’argomento succhiato..ops, trattato: “Rosalio, me la faccio succhiare pure io”.
      Ecco.

    7. Per essere persone serie, impariamo a prenderci meno sul serio…mi spavento di più di chi si batte il petto in chiesa che di chi scrive un articolo su una parola che, come i cinesi, ha contaminato un mondo! Ridiamo! Che per fare le persone serie esistono altri luoghi e sedi all’interno delle quali sono quasi certo di non trovare il 99.9% dei moralisti e moralizzatori che ci sono “in commercio”.

    8. David potrebbe essere un’idea. Grazie! 😀

    9. Divertentissimo! Complimenti

    10. signori David e Marco,

      credo che l’articolo voglia essere uno sprono a superare la brutta abitudine di mettere un SUCA dappertutto, e di lanciarsi verso una crescita culturale e sociale dove il SUCA sia solo un apostrofo rosa fra le parole PALERMO T’AMO.
      Certo non esiste palermitano che almeno una volta nella vita non abbia detto, scritto, pensato di utilizzare il SUCA verso qualcuno, o qualcosa che in quel momento lo meritava, ma è anche vero che l’atteggiamento che ho ravvisato nelle vostre parole, stride un pochino con la crescita culturale e sociale che anche voi auspichereste.
      Palermo è sempre stata altro che le scritte di SUCA sul muro, o il SUCA urlato allo stadio, Palermo è la città che ha pagato troppo i propri errori, che ha lasciato che il cancro la divorasse, e che ancora la divora, Palermo è la città che nel mondo si riconosce solo per cose negative, magari quei SUCA sono la consapevolezza del palermitano del proprio ruolo per quelle cose negative che ci identificano.SUCA il palermitano lo dice più a se stesso che agli altri……quindi ANTONINO SUCA!!!!!

    11. Personalmente, vivo all’estero da anni e ogni volta che sento un “Sucaaaaa!” o mi giro e faccio finta di essere turco o albanese, altro che “riconoscersi e salutarsi con un sorriso”…

    12. Mmmm …. mi avete convinto urge un articolo su un’ altra parola da proteggere ….. Mavascassacciaaminchia !
      (meno volgare di Suca secondo me)

    13. Siete sicuri che il palermitano dica solo e sempre S_UCA???
      ho trovato un sacco di parole che finiscono in uca, ci vuol poco a capire male.
      I soliti maliziosi!!!
      Chissà magari qualcuno in vena voglia scrivere una filastrocca a rima… ***ata

      d uca
      l uca
      n uca
      abd uca
      add uca
      ded uca
      fel uca
      ind uca
      rid uca
      ril uca
      sed uca
      cond uca
      samb uca
      fest uca
      prod uca
      trab uca
      trad uca
      verr uca
      arcid uca
      gianl uca
      grand uca
      mastr uca
      massas uca
      fanfal uca
      introd uca
      noctil uca
      ricond uca
      riprod uca
      ritrad uca

    14. A me pare un ironico autocompiacimento per qualcosa di linguisticamente autoctono che caratterizza un modo di essere del palermitano. L’intervento di Marco può essere condivisibile solo per chi il suca non l’ha mai “vissuto!” l’articolo è solo la teorizzazione storica di qualcosa vista, sentita e vissuta in modo naturale durante la propria vita a Palermo. Certo oggi un giovanissimo rischia di vedersi anteporre il commento storico al vissuto originale del fenomeno!…. Ed allora la cosa rischia di perdere di significato! Ma per chi ha un’età ed ha per anni usato questa parola sia nel linguaggio che nelle letture murali può anche scattare un minimo di orgoglioso ,forse stupido, autocompiacimento quasi autocelebrativo del fenomeno! Forse che altre città non ricamano parimenti su proprie terminologie o modi di dire identificativi della propria identità , diciamo folk?

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