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lunedì 14 ott
  • Sarà faticoso

    Genova ha 90 impianti sportivi la cui gestione costa 1,6 milioni con un provento di 1,1. Palermo ne ha solo 10 che costano 4,8 milioni con 0,65 milioni di proventi. Per biblioteche, museo e pinacoteche noi spendiamo 2,5 milioni contro 16,9 milioni; 0,888 milioni in funzioni turistiche contro 3,2; 20 milioni per asili contro 48,5 che servono 804 bambini contro 1786. Palermo e Genova sono due città di mare molto simili per abitanti e superficie. Questi sono numeri inquietanti, sono numeri che segnano più di mille altre riflessioni la reale distanza tra l’amministrazione comunale ed i suoi cittadini ed il loro quotidiano. Tra la città che siamo e quella che potremmo essere. E Genova non è Stoccolma o Berlino. Non sono parole d’effetto ne promesse ammantate da dolcezza retorica, sono solo un crudo numero che descrive un fatto.
    Qualche giorno fa parlavo con dei giovani universitari. Voteranno il sindaco uscente perché: «almeno qualche cosa ha fatto». Questa affermazione, mentre Palermo è sepolta dai rifiuti e migliaia di giovani e meno giovani lasciano la città troppo spesso per fame e disperazione, è forse il vero termometro della sconfitta culturale di Orlando che viaggia a fianco alle sue vittorie elettorali. Dei ventenni accettano questa Palermo come la migliore delle Palermo possibili, non provano neanche ad immaginare si possa fare diversamente, non riescono ad immaginare di avere un ruolo nella città che desiderano, forse non riescono neanche a desiderare altro. Palermo è stata governata dal sindaco uscente, ormai settantenne, in 17 degli ultimi 32 anni. Questa che vedete guardandovi attorno è la città che lui ha concepito, risponde alla sua visione, e questa è la sua visione del futuro che ci attende. E la sua impronta è talmente forte e radicata che anche per un ventenne sembra un destino ineluttabile. In 32 anni solo Orlando sopravvive ad Orlando, ed al di là della città che ci lascia, non esiste altro che un deserto di nani attorno a lui, nessuno sembra in grado se non lui di potere fare qualcosa per la città. Nessuno sembra in grado di immaginare qualcosa a Palermo che non sia Orlando sindaco a trovare le soluzioni e sempre le stesse. Nessuno sembra in grado di immaginare qualcosa a Palermo.

    Sabato Ugo Forello, candidato sindaco 5 stelle, ha aperto la sua campagna elettorale. Mi sono espresso varie volte non in suo favore, per timori più o meno legittimi.
    Il suo discorso mi ha convinto ed emozionato. Non credevo sarebbe successo nuovamente da quando una decina di anni fa sentii Orlando, a quel tempo candidato contro Cammarata, scandire, in occasione di un suo incontro al Teatro Al Massimo, ad uno ad uno le cifre che compongono il numero del centralino del comune di Palermo 0.9.1.7.4.0.0.0.0.0., un numero che lui affermò di chiamare ogni fine anno, anche da non sindaco, ovunque fosse nel mondo, per fare gli auguri ai centralinisti e con loro a tutta la città, a sottolineare il suo legame intimo con Palermo. Una immagine, dovete riconoscere, bellissima.
    Forello non ha scandito il numero del centralino di Palermo, e probabilmente neanche lui lo chiama ogni fine anno.
    Ha raccontato invece un metodo per fare le cose. Diverso da quello cui ci hanno abituati. Un metodo che non necessita della finzione di un programma partecipato del quale fregarsene bellamente concluse le elezioni (su come ha operato l’amministrazione sul tema partecipazione invito a leggere questo post), ma della necessità di procedere ad un governo partecipato, attivando concretamente quegli strumenti di condivisione all’atto delle decisioni, strumenti previsti ma mai resi esecutivi da questa o da altre amministrazioni; una partecipazione nel governo della città che si esercita trasferendo potere alle circoscrizioni, offrendo contesti nei quali possano prendere forma le richieste e le esigenze dei cittadini; ma anche dove possano esprimersi pareri ed opinioni. Tutto per dare senso ad una parola, che io amo molto, che Ugo ha usato poche volte, ed in modo straordinariamente efficace: insieme.
    Insieme, converrete, è l’esatto opposto de: “il sindaco lo sa fare”. Presuppone il dubbio sulle scelte, e l’esigenza di confrontarsi prima di renderle esecutive.

    Il tram in via Libertà, ad esempio, risponde ad un’esigenza di mobilità sulla quale i tecnici potranno esprimersi e proporre tante soluzioni possibili. Spetterà alla città scegliere tra le proposte in campo, tram incluso, facendo una valutazione tra costi e benefici di ciascuna. Solo con il dibattito pubblico la scelta, qualunque essa sia, potrà essere sostenuta e rispettata da tutti. È il senso profondo della parola democrazia, un senso che abbiamo via via perso, convinti, come quei miei amici ventenni, che abbiamo solo la possibilità di scegliere il meno peggio e non il dovere di determinare il meglio.
    Dietro la favola del programma partecipato proposto dai vari candidati si cela ancora una volta la trappola della delega in bianco. La promessa velenosa è che possiamo disinteressarci di tutto per i prossimi anni, come se non abitassimo in questa città e non vi abitassimo ogni giorno, confidando che qualcuno che lo sa fare prenda per noi la decisione migliore.
    Io non voterò Forello. Non intendo dare a nessuno una delega in bianco. Io ho deciso che voglio fare parte di quell’insieme di cui Ugo ha parlato sabato e dare il mio contributo per costruire una Palermo diversa da questa che Orlando ci presenta come l’unica e la migliore possibile. E darò il mio contributo perché ho un interesse personale da difendere a qualunque costo, opero in conflitto di interesse, lo confesso: ho un figlio di 5 anni ed una figlia di 7 anni che devono potere scegliere se rimanere o andare via dalla loro città natale. Oggi la scelta non c’è.

    La città raccontata sabato da Forello è una città nella quale mi riconosco, prevede la partecipazione dei cittadini alle scelte che li riguardano; io ci credo, perché a differenza dell’attuale amministrazione, io ho fiducia nella maggior parte dei miei concittadini e sono certo che messi nelle condizioni di agire agiranno correttamente e prenderanno la decisione più ragionevole. Prenderanno la decisione che saranno poi disposti a difendere con lavoro e sacrificio.
    Per quanto posso sosterrò ed aiuterò Ugo, in quanto concittadino che sento animato dalle mie stesse urgenze. Le mie resistenze erano pregiudizievoli e sbagliate. Sabato mi ha convinto definitivamente. Spero che i miei amici ventenni riflettano sull’esigenza di essere parte dei momenti decisivi nella ripartenza di questa nostra città. Il momento è adesso. E le loro energie sono importantissime. Ma, sia chiaro, non faccio loro una colpa se sono arresi e rassegnati all’ineluttabile di un mondo senza alternative, fa parte del disastro culturale contro il quale occorre spendersi e lottare.

    Qualche giorno fa Fabrizio Ferrandelli, che ho votato alle precedenti elezioni, incredibilmente vittima della stessa trappola di ineluttabilità, ha sostenuto che in quanto politico deve vincere, e per vincere deve sapere mediare con tutte le forze politiche. Tra quelle forze, Fabrizio, c’è anche, per dirne una, il responsabile politico del collasso dell’Amia. Società che fu lasciata efficiente ed in attivo da Ettore Artioli e che in pochi anni si trovò a finanziare finanche i campionati del mondo di off-shore a Dubai, dilapidando risorse e solidità finanziaria, avviandola al fallimento i cui costi li pagano i miei ed i tuoi figli costretti a vivere in una città sporca ed indecorosa. Le cose le fanno gli uomini, e non è la presenza o meno del bollino di partito che dà o leva a questi le loro responsabilità.
    La politica del vincere a tutti i costi è quella che ha portato mediocri a posti di comando, retti da maggioranze inesistenti e fluide, incapaci non dico di procurare risorse, ma neanche di spendere fiumi infiniti di denari europei.
    Francamente non sono interessato a vincere a qualunque costo, mi interessa possa vincere un’idea di cambiamento che abbia la forza per essere realizzata.
    L’alternativa al nero, piaccia o non piaccia, è il bianco, non il non nero. Ed a mio figlio, che gioca a calcio ed ogni tanto perde e piange, sto insegnando che se vuoi vincere alle tue condizioni, devi accettare l’idea di potere perdere alle stesse condizioni.
    Quella lanciata da Ugo sabato è una sfida bellissima cui sarò contento di contribuire, e di perdere se necessario, perché ha comunque in se un seme importante, questo si ineluttabile, non può essere vinta a qualunque costo, ne soltanto da lui o da me o pochi altri, ma solo insieme ad altre 700.000 persone.
    Diversi anni fa camminavo per le campagne incolte di un’area verde al centro della città, ero con una bambina di nove mesi e le raccontavo che un giorno quello sarebbe stato un parco della città ricco di fiori, altalene e bambini. Non c’era motivo di crederlo ne di sperarlo.
    Le prime persone con cui parlai della cosa furono gli impiegati degli uffici regionali che hanno sede in quell’area e che cercarono di dissuadermi in tutti i modi dal proposito di proporre l’idea di farne un parco pubblico. Ci avevano provato, dicevano, non era possibile, li un giorno sarebbero nati uffici, questa l’idea del governo regionale proprietario dell’area.
    Non ascoltai quelle voci ineluttabili. Odio l’ineluttabile, i finali già scritti. Feci un post su questo blog, sono arrivate altre energie, è stato un processo complesso, nato il nome del fare insieme, un processo che non sempre ho condiviso fino in fondo, non è il parco che avevo sognato, complice anche la continua latitanza delle istituzioni, ma c’è ed è un patrimonio di tutti noi. È parco Uditore. Al di là del parco per la mia città, so di avere fatto un grande regalo a mia figlia, ha imparato che non esiste niente che puoi sognare che non puoi anche realizzare, ed ha uno straordinario parco in città sotto la finestra della sua stanza per ricordarglielo.

    Io sosterrò con tutte le mie forze la candidatura di Ugo Forello a sindaco di Palermo, e metto le mie competenze al servizio di una visione alternativa per questa città. Perché insieme a mia figlia ho imparato, a Palermo e grazie a Palermo, la mia città, che odio ed amo allo stesso tempo, che non esiste niente che puoi sognare che non puoi anche realizzare.

    Le ultime parole di Ugo sabato sono state: «Sarà faticoso, sarà bello e…torneremo a sorridere». Mi sono piaciute, la fatica prima del sorriso, senza sconti e false promesse.
    Io ho voglia di tornare a sorridere, sono disposto a faticare… Non dobbiamo vincere a tutti i costi, dobbiamo rieducarci a sognare ed immaginare il mondo attorno a noi, ed è una cosa che non possiamo fare da soli…che dobbiamo fare insieme.
    Ora, come sette anni fa ho chiaro che abbiamo sempre le energie e le forze per non essere rassegnati alla mediocrità, mi scuso con me stesso per tutte le volte che ho perso questa certezza, è successo fin troppo spesso in questi anni. Probabilmente complice il fatto di avere visto sabato qualche migliaia di persone euforiche e contagiose, disposte a una sfida faticosa, per creare un posto migliore nel quale vivere, ritengo valga la pena di provare, anche senza che vi sia apparente motivo per crederlo o per sperarlo.
    Concludevo il post con cui chiesi collaborazione per quel progetto, anch’esso senza speranze su Parco Uditore con parole che mi sento di scrivere ancora una volta, forse l’ultima, ma con la stessa speranza nel cuore e con un senso di responsabilità, se possibile reso ancora più intenso da sette anni di paternità, passati, lo confesso con un po’ di vergogna, a progettare come andare via da Palermo.
    Se c’è qualcuno che vuole spendersi, adesso, per un progetto concreto che non gli renderà niente se non la sensazione di essere un uomo libero in una città che aspira semplicemente alla normalità, batta un colpo. E cerchiamo insieme di capire come si può fare.

    Palermo
  • 5 commenti a “Sarà faticoso”

    1. “Le ultime parole di Ugo sabato sono state. Sarà faticoso, sarà bello e … torneremo a sorridere. Mi sono piaciute, la fatica prima del sorriso, senza sconti e false promesse.”
      Giuseppe Callea, una domanda… ma ti costa tanto rileggere i tuoi post prima di inviarli? Eviteresti strafalcioni del genere…

    2. Pardon, Giovanni Callea

    3. no settimo, è questione di democrazia, lascio sempre qualche “strafalcione” così chi non capisce i contenuti si può dedicare alla sintassi e fa bella figura comunque…

    4. pardon, Ottavio.

    5. Certo, sicuramente per me è molto importante far bella figura, visto che posto con nome, cognome e foto, dunque se qualcuno in città mi vede dice: “Guardalo! E’ quel ganzo che ha corretto Giovanni Callea!”

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