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martedì 19 mar
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    Passante ferroviario e ritardi: i vecchi mali dei lavori pubblici

    Il mondo dei lavori pubblici è da tempo in crisi, a livello nazionale; non solo in Sicilia, non solo a Palermo. Una crisi di dimensioni tali che, a mio avviso, il completamento del Passante ferroviario di Palermo va accolto con soddisfazione, pur in assenza di alcune opere previste in progetto. Di questi tempi, come spiegherò, è tutto grasso che cola.
    Nel merito, sappiamo che gli stralci sopra citati sono serviti a compensare, nell’ambito di un contenzioso con Rfi, gli extra-costi lamentati dall’impresa esecutrice Sis. A cosa saranno dovuti questi aumenti del costo dell’opera, non più sopportabili da parte dell’impresa esecutrice?
    Errori progettuali? Non direi, dal momento che proprio il Sis, nella qualità di general contractor ha in carico la progettazione esecutiva, regolarmente vistata ed approvata prima dell’inizio dei lavori.
    Perizie di variante? Non è possibile, dal momento che le stesse sono state tutte regolarmente finanziate all’interno del quadro economico o con finanziamenti trovati ad hoc: in tal senso, spicca la variante richiesta dal Comune di Palermo per oltre 125 milioni di euro al fine di evitare lo scavo a cielo aperto in viale delle Alpi e prolungare l’interramento fino a S. Lorenzo.
    Sorprese geologiche? No di certo, dal momento che l’unico grande problema di questa natura verificatosi in vicolo Bernava (non entriamo nel merito delle cause, per carità di patria) dovrebbe essere risolto con un nuovo finanziamento da Sis o chi per essa: si parla di “soli” 18 milioni di euro.

    In realtà, esiste una parolina magica che spiega tutto, o quasi: TEMPO. Una cosa che abbiamo tutti a portata di mano ma che ci sfugge inesorabilmente. E che, come dice la canzone, «brucia in fretta quello che ieri era vero»: in questo caso le risorse economiche. Se è vero, come è vero, che l’appalto risale al 2004, e che il relativo progetto si basa su prezzi dell’anno precedente, si comprende come le lamentele di Sis non siano affatto campate in aria. Conoscendo questo mondo, e le imprese che lo frequentano, c’è da chiedersi, casomai, quante imprese avrebbero condotto a termine, bene o male, un’altissima percentuale delle opere (si stima il 95%) a prezzi vecchi di 10-15 anni.

    Va sottolineato, per una miglior comprensione del problema, che le opere vere e proprie, e con esse i pagamenti a fornitori e prestatori d’opera (a prezzi non certo del 2003…), sono iniziate, al più, nel febbraio 2008 se non addirittura, nel caso della tratta B, nel dicembre del 2013. A proposito di quest’ultima tratta si consideri che, con tutti i rinvii del caso, la stessa è stata completata in meno di cinque anni pur presentando difficoltà geotecniche non indifferenti con oltre cinque chilometri di doppio binario interamente in galleria. A dimostrazione che i problemi non sono derivati certo da carenze tecniche dell’esecutore.

    Quel che salta agli occhi in tutta la sua drammaticità è che si arriva all’inizio dei lavori dopo quattro anni dall’appalto, se va bene, o dopo quasi 10 anni nel caso della tratta B!! Ovvero: si impiega tra varianti e lungaggini burocratiche più del doppio del tempo che si impiega per eseguire i lavori. La colpa, in tutto questo, sarà anche di esecutore ed appaltatore, ma ci si mettono di mezzo, e pesantemente, anche gli “enti terzi”: la variante su viale delle Alpi sopra rammentata è stata chiesta, si badi bene, dal Comune di Palermo dopo che lo stesso aveva già approvato, in conferenza dei servizi, il progetto già mandato in appalto. Non è stato da meno il Comune di Capaci, se è vero che sul suo territorio si sono verificati incomprensibili ritardi nella messa a disposizione delle aree per il completamento della fermata di viale Kennedy.

    Purtroppo, a pagare come al solito è sempre il cittadino; che, nel frattempo, per compensare i maggiori oneri, si è visto sottrarre non solo le fermate Lazio, Belgio, Capaci e Imera, ma anche il prolungamento di viale Francia, l’allargamento di via Tranchina, e l’intera sistemazione superficiale dell’ex sedime ferroviario, rimasta clamorosamente priva di qualsiasi ipotesi di utilizzo in chiave di riqualificazione urbana. Lussi che, evidentemente, non ci si può permettere, in tempi in cui bisogna accontentarsi pur di ottenere, in qualche modo, l’infrastruttura funzionante.

    Rimedi? Non ce ne potranno essere, finché la politica non la smetterà di guardare al piccolo interesse di bottega piuttosto che a quello collettivo, all’immediato (elettoralistico) piuttosto che alla prospettiva futura; ciò che ha permesso di rimangiarsi i pareri resi o di subordinare il cantiere di una infrastruttura strategica al mercatino rionale adiacente. Quando ci si renderà conto di ciò, si potranno magari introdurre piccoli aggiustamenti normativi che tendano a semplificare la fase antecedente l’esecuzione, anziché complicarla.

    Un esempio: semplificare i passaggi approvativi dei progetti, riducendoli magari a due livelli in luogo degli attuali tre, ed evitando di richiedere tutti i pareri ogni volta: un passaggio amministrativo ed uno tecnico sarebbero più che sufficienti. Magari dando dei veri tempi di risposta alle Conferenze dei servizi, divenute ormai, per i convenuti, occasioni di esercizio del proprio potere di diniego, piuttosto che luoghi di sereno esame ed approvazione dei progetti. Così come tempi certi andrebbero assegnati, in fase di appalto, alle Commissioni di gara per pervenire all’aggiudicazione. Sperando che non intervenga il solito, onnipotente Tar ad annullare tutto.

    (in collaborazione con Palermo in Progress)

    Palermo, Sicilia
  • Un commento a “Passante ferroviario e ritardi: i vecchi mali dei lavori pubblici”

    1. Analisi attenta e condivisibile. Complimenti all’autore Roberto Di Maria

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