Vocabolario minimo di sopravvivenza per un polentone a Palermo
Vivo con un polentone da dieci anni, ormai.
Uno di sangue calabro-lucano, in realtà, ma cresciuto tra i ghiacciai dell’Alto Adige prima e la nebbia della pianura padana poi.
E poi sempre più giù, geograficamente parlando. Adesso vive a Palermo, per colpa mia.
Io sono convinta che ci abbia guadagnato, ma non lo ammetterà mai, una delle cose che ha imparato da noi, infatti, è lamentarsi. Io avevo una vecchia zia che mi ha insegnato un detto: «Lamentati e ti troverai bene». Mi è sempre sembrato una stronzata, ma se esiste, un motivo ci sarà.
Comunque sia, noi abbiamo fatto tutto al contrario: l’emigrazione contro corrente, la famiglia alternativa. Usiamo perfino l’autobus. Siamo trasgressivi, lo so.
Le cose normali a noi vengono malissimo, sempre che ci si metta d’accordo sul concetto di normale. Per me, per esempio, è normale camminare al buio e incazzarmi quando sbatto contro qualcosa, togliermi le scarpe per strada, guardare in silenzio le persone negli occhi.
Ognuno è come è.
Ad ogni modo, perfetti o imperfetti, strani o normali, questi siamo noi.
Con le nostre ovvie difficoltà. Continua »
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