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martedì 16 apr
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    Scuole

    Colgo al volo l’ultimo commento del mio precedente post ed entro nel merito.
    Quante (e quali) sono (per esempio, a Palermo) le scuole in linea con le normative che le riguardano? Già, perché, è un bel dire la protesta contro i tagli al personale, per poi accettare di lavorare in condizioni inaudite all’interno di luoghi al limite della legalità. Una cosa non esclude l’altra, ma bisognerà ben sapere in quali luoghi ci si troverà ad operare.
    Mi spiego: quest’anno (lo sanno molti genitori e molti docenti) con l’accorpamento delle classi ci si è trovati dinanzi ad uno stato di fatto surreale: da un lato gli istituti scolastici utilizzano meno aule per farci entrare un numero di allievi maggiore, che so, dello scorso anno e dall’altra, per via di tale concentrazione, vengono a mancare, necessariamente, gli standard minimi di vivibilità all’interno delle aule, in termini di mq/alunno. Tali standard sono previsti da normative che precisano quale debba essere il massimo affollamento consentito.

    Ma non basta. La Legge Finanziaria dello Stato 2007 (n.296/06) aveva disposto un rinvio del previsto adeguamento delle scuole alle normative di sicurezza (che doveva essere il 30 giugno 2006) al 31 dicembre 2009. E la Finanziaria 2008, all’art.2, prevedeva per tale messa in sicurezza finanziamenti che si sarebbero definiti in un Decreto Legge del marzo 2008, per la ripartizione delle risorse. DL che Marzo non ha partorito, essendo tutto occupato a sgravidare il TU 81/08, il Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro (mai come adesso di stringente attualità). In tale documento la scuola viene indicata come luogo privilegiato per la promozione della cultura della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Al cui art. 11 è previsto l’«inserimento in ogni attività scolastica di specifici percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza nel rispetto delle autonomie scolastiche». Per la realizzazione di tali attività dovrebbero essere previsti finanziamenti ministeriali da integrare con «risorse disponibili degli istituti».

    Eppure, per quanto io sappia, dovessimo tener conto delle indicazioni del legislatore e delle normative di minima per un buon uso di un luogo di lavoro “privilegiato” com’è la scuola, molti istituti dovrebbero provvedere da adesso a chiudere diverse sedi oppure a rivederne gli usi secondo precise pratiche di vivibilità. Gli stessi studenti dovrebbero saperlo. All’art 8 dello Statuto internazionale che li riguarda, e che in Italia è stato accolto da un DPR nel 1998 (e di recente aggiornato) “La scuola si impegna a porre progressivamente in essere le condizioni per assicurare: (al comma a) un ambiente favorevole alla crescita integrale della persona e un servizio educativo-didattico di qualità, (e al comma d) la salubrità e la sicurezza degli ambienti, che debbono essere adeguati a tutti gli studenti, anche con handicap.” Nessun ministro della Pubblica Istruzione è stato plaudito dalle varie parti in opera nel momento in cui ha posto in essere una riforma, in Italia, negli ultimi dicasteri (che io ricordi), ma non sarebbe il caso anche di verificare in che modo gli apparati locali, cui fa riferimento la gestione di molti istituti scolastici (comuni e province), abbiano orientato i fabbisogni e le risorse?

    Palermo
  • 6 commenti a “Scuole”

    1. Lo stato degli edifici scolastici di un territorio è lo specchio della società che ci vive, in quel territorio. Cosa vogliamo verificare? Se siamo o no socialmente falliti?

    2. L’altro giorno ho notatao una cosa assurda, secondo me contro ogni logica architettonica…Avete mai visto la struttura del Volta di V.le dei Picciotti?? C’è un palazzo adagiato sulla scuola!! Praticamente il tizio del piano terra, vive a 6°/7° piano!! …Sulla scuola!! Senza parole!

    3. …già.
      in questi casi, ma non solo, mi chiedo dove siano i genitori che dovrebbero protestare e pretendere servizi adeguati, per i loro figli e per il futuro comune. molti pensano che i problemi della scuola siano legati solo alle motivazioni sindacal-pretenziose di chi ci lavora o alle balzane idee di qualche sensibile tecnico che ogni tanto bacchetta.
      quando capiranno che la formazione pubblica e la vivibilità del patrimono comune è un diritto, forse sarà troppo tardi.

    4. E non finisce qui. Nella scuola in cui lavoro sto facendo un sopralluogo classe per classe per documentare lo status quo ma, giuro, sono talmente tante le cose da “riparare” che si farebbe meno fatica, e forse si spenderebbero meno soldi, ad investire nella costruzione di un edificio ad hoc. Un commento, ascoltato al volo, sulla situazione degenerativa delle aule è: “ma che aggiustate a fare? tanto animali sono, e poi spasciano tutto lo stesso” oppure “la scuola va a pezzi? non ci fa niente, sono abituati”. E invece no. Penso che, alla faccia di Brunetta, bisogna far di tutto lo stesso per cambiare le cose, gli spazi, i luoghi di chi a scuola ci vive mezza della sua vita.

    5. Cosa nota la contraddizione fra gli nstandards di spazio utile per utente scolastico (da normativa almeno 1,8 mq a persona), e la concentrazione Gelmini imposta dal taglio cattedre.
      Ovvio che in una classe dai 25 alunni in sù contenuta in spazi ristretti si lavora male (per ovvio motivi da animale in gabbia), il senso di restrizione diventa alto, reciprocamente fra insegnanti ed alunni.
      Alternativa? fare lezioni all’aperto, forse.
      Più sopralluoghi esterni, in giro per la città, più lavoro in aulee multimediali, se esistono. A questo punto rifiutare a logica del contenimento in spazi non adeguati.

    6. Portiamo la scuola fuori dala scuola.

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