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giovedì 14 nov
  • Vivere liberi senza le conoscenze

    Ultimamente presto più attenzione a quello che la gente dice, quando parla tra amici, tra colleghi, o tra familiari e non c’è discorso che non abbia come finale o intramezzo “parlo con il mio amico o chiamo un mio conoscente”.
    Per carità detto così, significa ben poco, ma quando tutto cio si riferisce ad un favore da fare o ad un lavoro, la questione cambia e di molto.
    Io in questa Palermo, sono un esempio atipico di emigrata al contrario e di una che i suoi lavori qui non li ha chiesti a nessuno. Mi piace rimettermi in gioco con me stessa e provo davvero una gran soddisfazione quando riesco ad ottenere quello che voglio solo per merito mio.
    Ho un’altra mentalità, non amo chiedere favori e se decido di farli è solo per spontaneità.
    Sarà perché sono cresciuta in un altro ambiente, dove vai avanti se vali davvero. Per carità anche da noi esistono i famosi raccomandati, ma di solito devono dimostrare di più degli altri proprio per la loro situazione iniziale, altrimenti…avanti il prossimo. Ma soprattutto non c’è miglior soddisfazione nel poter dire “mi sono fatto da solo”.

    A parte la questione di trovare un lavoro, tramite conoscenze, qui senza “queste fantomatiche persone che ti assistono in tutto e per tutto” le gente si senta persa anche in situazioni più semplici. Per esempio a Milano, se hai un problema di perdita d’acqua del rubinetto, prendi le pagine gialle guardi chi è l’idraulico più vicino a casa tua, lo contatti, speri nel frattempo che non costi molto e prendi appuntamento. Qui chiami il custode dello stabile e lui ti manda un suo parente. Tutto in famiglia. Più semplice da un lato, ma accomodante, mi sembra tutto meccanico senza uno spirito di reale ricerca.

    Capisco d’altra parte che avere l’amico sbrigatutto o il conoscente che di professione fa il medico e che ti fa evitare le code all’ospedale per una visita sia davvero comodo, ma se tutta l’esistenza di una persona deve basarsi sulle comodità e sull’appoggio perenne degli altri, che vita noiosa sarebbe?? Non ti fa crescere, sbattere la testa contro il muro, capire i propri limiti, capire se stessi, capire come poter interagire con la propria società e come risolvere il più piccolo dei problemi.

    Siete nati per crescere liberi ed indipendenti, non legatevi ai “conoscenti” solo per la comodità…è un consiglio sincero.

    Palermo
  • 23 commenti a “Vivere liberi senza le conoscenze”

    1. credo che tu abbia iniziato ad ascoltare la città ed i suoi abitanti … questo è da sempre il regno degli amici e degli amici degli amici….tutto in “famiglia” .
      liberi ed indipendenti?
      Siamo da sempre un popolo di sudditi ..di furbi….un popolo senza dignità….un popolo che ha avuto bisogno di EROI,ma spero, come te, che un giorno si affranchi e torni ad essere LIBERO
      ciao
      pequod

    2. Brava Beatrice, povera Beatrice.

    3. Santa donna, quante sante parole in questo tuo post!Capito perchè le cose vanno a rotoli?

    4. beatrice, col tempo ti renderai anche conto del fatto che il silenzio dei tanti “mi sono fatto da solo” non è per niente eloquente. qui va bene solo chi sta bene a qualcuno. ma di folla silenziosa che guarda e lavora sodo ce n’è in abbondanza, non pensare che ciascuno possa vantare primati di conoscenze e legami parentali inattaccabili, anzi… e poi ci chiediamo perché il meridione sia pieno di cervelli che preferiscono andare altrove…!

    5. se vi devo dire la verità….la prima stesura di questo post era totalmente diversa. mi sono resa conto che la rabbia non risolve nulla. è come gridare senza voce….nessuno ti ascolta.
      poi ho deciso di scriverlo in modo diverso.
      mi sono accorta di aver omesso un concetto importante su quei siciliani che hanno avuto il coraggio di emigrare in un mondo che capisce e apprezza i buoni propositi e la voglia di fare.

    6. Proporrei, a questo punto, di dare un’occhiata alla copertina del nuovo numero di “I love Sicilia”, peraltro segnalato anche su un altro post qui presente.
      Coraggio di emigrare? >.
      Punto.

    7. Mi spiego meglio: avevo scritto fra virgolette la frase “non solo cu nesce arrinesce” che è stampata sulla copertina della rivista, ma si è inspiegabilmente cancellata.
      Ripeto, quindi: coraggio di emigrare? Fate voi…

    8. Decisamente coraggio d’emigrare e di non tornare. C’è altro oltre l’orizzonte mondelliano. Recentemente è stata pubblicata su un giornale che non ricordo una serie d’interviste a palermitani che hanno conseguito successi nazionali ed internazionale nell’industria e nel marketing. Nessuno di loro è stato sfiorato dall’idea di tornare indietro, nessuno di loro è tornato se non per pochi giorni di vacanza. Molto decisamente.

    9. si potrebbe dire che i siciliani, prorpio per questo loro atteggiamento appiccicoso , siano più socevoli dei milanesi?
      e se si
      tutto questo è un male o ha anche dei risvolti positivi sulla vita di ogni giorno?

    10. Ce l’ha eccome il riflesso, salvo p. .
      La questione è molto più complessa del lamentarsi che solo i raccomandati vanno avanti, perchè questa è solo una manifestazione della nostra cultura, intesa come modo di concepire il mondo.
      Cosa significa?
      Semplificando fino al banale significa che se poi nella vita fuori dal lavoro non ti spari un colpo in testa è perchè hai una tonnellata di amici, e non sei solo, col tuo successo lavorativo, in una città di un milione di abitanti.
      Mi rendo conto che è un pensiero da spiegare, ma lo spazio è questo… 😉

    11. ma non capisco: perché rinunciare a tutti gli affetti e le cose care per andare via?
      io sono del parere che, così facendo, tutto rimarrà sempre uguale. bisogna resistere ed essere caparbi. a me non va di farmi condizionare l’esistenza dai raccomandati. già hanno troppe e gratuite soddisfazioni…!

    12. A parte questo discorso, il fatto è che è quasi impossibile ricostruire qualcosa da un’altra parte!
      Cmq a volte per restare bisogna prima andarsene.
      Sergio

    13. Rispondendo a D’Aquisto:appartengo alla folta schiera di siciliani di scoglio, quelli che una volta preso il largo cercano disperatamente di tornare indietro per non affondare. Fresca di laurea mi sono trasferita a Milano, complice anche un amore lontano, carica di aspettative, ma anche accompagnata da un triste sentimento di sconfitta, di perdita. Da Milano Palermo mi sembrava il sogno proibito, l’opportunità che mi era mancata, l’esistenza rubata. A Milano anche il mercato del lavoro cominciava a chiudersi, la lontananza era un aculeo pungente eil mio malessere cresceva. In un mese ho rivoluzionato la mia vita: ho lasciato Milano, il lavoro sicuro del mio compagno,venduto casa, per buttarmi capofitto, insieme al mio compagno, in una scommessa…abbiamo puntato tutto sulla ruota di Palermo (metaforicamente) abbiamo intrapreso un’attività insieme, abbiamo rischiato parecchio…lasciando il certo per l’incerto…ma che dire? Sono tornata da Gennaio e mi sembra proceda tutto bene…siamo stati fortunati è vero ma anche molto coraggiosi. Il coraggio non è solo quello di chi parte, ma anche quello di chi resta, barcamenandosi con tenacia nella giungla palermitana. Un bacio a tutti, e un grosso in bocca al lupo.

    14. Beatrice non parlava solo di lavoro ma di TUTTO. Sembra che in questa città qualunque cosa tu debba fare o abbia bisogno occorra l’amico…dall’idraulico al medico ospedaliero tutto è regolato da “amicizie” ..a voi sembra normale?
      che poi fossero “amicizie” ….è soltanto un continuo scambio di favori e chi non ha “santi in paradiso” è costretto a file estenuanti (vedi pronto soccorso villa sofia…)oppure prezzi salati per interventi ridicoli ( idraulici pagati profumatamente per nulla…)
      e sono solo pochi esempi…
      poi se come dite voi entriamo nel campo del lavoro ……….certo restare è importante ma siamo sicuri che vivere in questo contesto sia il meglio della vita??
      e non parliamo di…..
      certo siamo abituati appena nati a respirare la puzza della mafiosità e quindi sappiamo come muoverci senza rischiare troppo ma sapete bene che incontrare “la persona sbagliata” è parte della nostra quotidianetà…poi passa..siamo siciliani. no??
      c’è chi gli sta bene e ci sguazza e chi prova ad opporsi,a volta con cautela a volta no.
      ciao
      pequod

    15. L’amico spesso non è necessario, ma è molto utile. Se l’idraulico amico non ce l’hai fa lo stesso. Pagherai di più. Ma altrove paghi di più senza avere la possibilità di avere l’amico…
      Se prendiamo il discorso sanità è chiaro che senza “amici” e senza andare da un privato siamo quasi da terzo mondo. Non ci piove!!!
      E’ chiaro che la sanità di paesi in cui va avanti solo chi ha i meriti è sicuramente più efficiente. Tipo quella americana.
      O no?
      Là se non hai un lavoro non puoi andare all’ospedale xkè serve l’assicurazione medica. E se sei malato non ti assicurano.
      E sapete perchè? Perchè nella CULTURA non c’è l’idea di amicizia in senso lato. Perchè per essere meritocratico il sistema parte dalla base che ognuno è solo.
      E la mafia non è un fenomeno diverso.
      Altrove la criminalità non si chiama così e non è strutturata a mò di “famiglia”.
      Ma tranquilli che esiste.

    16. Poi sta a ciascuno scegliere di stare dove alla fine dell’anno capisci di aver vissuto meglio. E di tentare di cambiare ciò che non va.

    17. A volte per restare bisogna prima andarsene? Si! Per tentare di far
      qualcosa per la Sicilia prima di tutto bisogna tagliare il cordone ombelicale, vivere e lavorare per alcuni anni come minimo a Milano, meglio ancora se in Germania o in Inghilterra. Non è una regola generale, vale solo per chi “si pone il problema”. Perché andarsene? A Palermo qualunque novità o nuovo modello culturale ed organizzativo degno di nota è importato, arriva con anni di ritardo rispetto a Milano, che a sua volta è in ritardo di almeno tre anni rispetto a Londra o Leeds ma che talvolta produce degli stili e modi autonomi che s’impongono sulla scena nazionale e magari internazionale. Questo non significa che a Palermo non possa nascere niente di autentico e innovativo, nell’arte per esempio lo stile unico del mio amato Enia che in fondo ha ereditato “u cuntu” e l’ha sublimato in una forma attuale, o il mix stratosferico di Giovanni Sollima, non di meno sono artisti con orizzonti internazionali. Le nostre visioni e le ambizioni personali si realizzano con maggior o minor successo grazie al quid di fortuna che ci compete ed al contesto storico ed economico del tempo. Milano love story per me inizia col boom delle telecom, tempo eccellente per il settore in cui volevo inserirmi, il marketing hi-tech: nel primo mese di permanenza ho cambiato lavoro tre volte. L’inizio è stato durissimo, non mi vergogno a dire che a volte per strada mi venivano le lacrime agli occhi, ore 13 mangiavo il panino guardavo le papere nuotare nella darsena tra la nebbiolina grigiastra, pensavo al mare etc, mi sono reso conto che non era quello attuale ma quello della mia infanzia, altra cosa. Col tempo sono nate le amicizie, alcune delle quali eccezionalmente cordiali e profonde. La maggior parte dei miei amici milanesi era molto stimolante intellettualmente, li rimpiango. Ammetto che l’ecosistema culturale e lavorativo era favorevole, forse tratterò l’argomento in un mio post perché penso che esso si ricollega a quella carenza di “mediocrità” di cui s’è scritto su Rosalio di recente.

    18. il palermitano è orgoglioso ma ancora non ha capito di che cosa. si lamenta di tutto e si illude che nel resto del mondo vada meglio. quando dici a un milanese che i suoi concittadini sono freddi e indifferenti o a un romano che sono rozzi e poco rispettosi o a un torinese che sono bigotti, ad un veneto razzisti etc, ti rispondono tutti la stessa cosa “tornatene al tuo paese”. se dici a un palermitano sei mafioso e terrone si apre un dibattito sulla necessità di emigrare. riconoscere chi siamo col coraggio di abbracciare anche ciò che non ci piace è l’unica strada per non farci colonizzare per l’ennesima volta. Valorizziamo la nostra identità. Non disperdiamo uno dei patrimoni culturali più ricchi del mondo. non dico di odiare chi ci giudica (come se un/a milanese può insegnarmi, a mia, come relazionarmi con gli altri!)ma non invidiamoli caz..! va bene misurarsi con le critiche ma come dice mia nonna “ci nni vuoli ventu n’chiesa, ma no a’stutari i cannili!”
      ORGOGLIO TERRONE
      p.s. conoscete qualcuno, ché ci ho il lavandino attuppato? 🙂

    19. “…ma soprattutto non c’è miglior soddisfazione nel dire : mi sono fatto da solo….”
      il più illustre esempio italiano del self-made-man ha una lista di amici che l’hanno aiutato che neanche provenzano!!!!

    20. un’ultima cosa.
      rispetto allo stile di vita delle metropoli moderne (come milano, per fare un esempio) io spero in un mondo un po’ più comodo e solidale, un po’ più palermitano!
      BACIAMO LE MANI

    21. Aziz, concordo al 101%.
      Tutto.

    22. emigrare e restare a palermo è uguale ovvero coraggioso! la verità che ognuno deve trovare il proprio equilibrio ovunque sia. non è vero che chi emigra è più forte psicologicamente di chi resta.a milano sono stato sembrano 3 milioni di robot che lavorano e pensano ai soldi e basta. umanita’ zero assoluto

    23. Volevo lasciare anch’io un commento ma poi ho letto quelli di pequod e ho pensato che aveva già detto tutto lui.
      Saluti.

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