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venerdì 26 apr
  • Gino

    Gino aveva una borsa “da lavoro” un poco sgangherata e tutta lisa. Era legata con un luppu perché lui ci teneva assai a portarsela appresso, anche se si era rotta quasi subito. Pure se non c’era niente dentro. Ci teneva assai, soprattutto, a non sembrare uno di strada. Perché la strada gli era capitata. Non l’aveva scelta. C’era caduto. Non chiedeva elemosine. Solo, se qualcuno gli dava qualcosa, un panino, una giacca, una coperta, lui se lo prendeva e ringraziava dicendo grazie molto gentile. Per il resto non parlava mai con nessuno. Non aveva fatto amicizia con gli altri che stavano là. Parlava da solo. O almeno gli altri erano convinti che parlasse da solo. Parlava col vento lui.
    Prima aveva avuto un lavoro. Serviva ai tavoli in un bel ristorante, vicino al mare. Si vedeva la muntagna e lui si sentiva tutto contento quando, finita la serata, si fumava una bella sigaretta (se ne poteva comprare due al giorno sfuse, a 5 lire l’una, ma se le faceva bastare) affacciato al belvedere con la muntagna che fumava pure lei, come lui, affacciata sul mare.
    Poi gli capitò che cadde innamorato. Proprio così. Truppicò nell’amore. Gli piaceva come lo diceva lei, mentre rideva: sono caduta nell’ammore, gli suonava come una musica, gli pareva una fatalità. Che ci traseva lui? Era caduto nell’amore. E ci era rimasto, come un fissa, per tutta un’estate a zappare i suoi sogni di cameriere che cade nell’amore per una ragazza bianca bianca e sicca sicca, piena di lentiggini e furastera. Ma era caduto
    Solo che l’estate finisce e i furasteri se ne tornano a casa. Tutti. Pure le ragazze bianche bianche e sicche sicche. E Gino non ci poteva credere che gli aveva lasciato al bar del ristorante solo una fotografia con scritto dietro I love you.
    Se ne tornano a casa i furasteri e non lo sanno che quando uno è caduto poi ci vuole un poco di tempo prima che la botta smetta di fare male. Lo pensava pure lui. Ora mi passa ‘stu duluri incuttumatu ‘nta panza. Ma non passava.
    E le sigarette non avevano più lo stesso sapore, non gli davano soddisfazione. La muntagna gli pareva minacciare di scassare e portarsi via a lui con tutto il ristorante prima o poi. Manco lo scruscio del mare lo confortava e il vento gli pareva che ce l’avesse con lui e gli gridasse vattinni, va’ cercala. A tia aspetta.
    La sera, rummuliandosi per prendere sonno, si ripassava tutte le passiate che avevano fatto sotto le stelle uniche testimoni e sotto la luna. Lo diceva pure una poesia che gli avevano fatto imparare a memoria a scuola che la luna era bugiarda, che non si promette niente sotto la luna, che è facciola.
    Gino se l’era scordata. Non pensava a nient’altro se non alla sua caduta, cominciò a strammiare di testa. A fare cose streuse. A parlare da solo. Usciva da casa con la camicia al contrario, o senza lacci nelle scarpe. Più d’una volta piatti e bicchieri gli cadevano dalle mani e finivano a terra. Ammutta oggi e ammutta domani lo cacciarono. Si fece una truscia e ascoltando il vento che lo spingeva, gridandogli cose che lui solo sentiva, pigliò il treno per il continente.
    Non sapeva niente di più della ragazza sicca sicca e bianca bianca se non che era dell’Inghilterra. Allora il vento che continuava a parlargli gli suggerì addumanna ai furasteri che passano di qua, che è una bella stazione grande, se l’hanno vista. E lui si fece persuaso che il vento aveva ragione e cominciò subito. Quelli che vedeva lunghi, secchi e rossicci di capelli li fermava, mostrava loro la fotografia di una ragazza sui vent’anni e chiedeva sempre la stessa cosa, educatamente: mi deve scusare se la sto inzuttando, ma lei che mi pare dell’Inghilterra la conosce a questa ragazza? L’ha vista? Lo sa dove abita? Mi può aiutare?
    La reazione infastidita e indifferente delle persone non lo stupiva più di tanto. Il vento gli diceva L’inghilterra granni è. Ma prima o poi qualcuno che la conosce, di qua deve passare. A volte ci litigava pure con il vento, si incazzava e prendendo a pugni l’aria, ripeteva basta basta, ora basta statti muto! Non ti pozzu sentiri cchiù, muto ti devi stare, ‘u capisci? ‘U capisci che ti devi stare muto? E si lisciava il cappotto sul petto con tutte e due le mani.
    Ogni mattina si alzava da quello che più che un letto pareva una cuccia: un tappeto bello grande che aveva trovato buttato in un cantu di strada e un cappotto blu che una volta un signore furastero gli aveva regalato. E lui lo accarezzava ogni sera, per tenerlo pulito e nuovo. Prendeva la sua borsa e andava avanti e indietro per la stazione, cercava tra gli arrivi le facce furastere e chiedeva a tutti, con il vento nella testa, a dargli cunorto, unico amico, mostrando la foto. Se qualcuno gli rispondeva in italiano lo attimpava e lo lasciava come un trunzo, cambiando obiettivo.
    Fece la stessa domanda, prima per giorni. Poi i giorni diventarono mesi e poi smise di contarli, quando divennero anni. A chi gli chiedeva perché stesse là rispondeva solo sono caduto, sono caduto.
    La borsa di Gino è rimasta nella cuccia, insieme al tappeto. Il cappotto no. Lo aveva addosso e glielo hanno lasciato per portarselo. Le tasche vuote tranne una. In quella vicino al petto una fotografia antica. Gli hanno lasciato pure quella. Ha pagato tutto il Comune.

    Sicilia
  • 30 commenti a “Gino”

    1. Brava Maria.
      Come sempre, mi hai toccato il cuore.

    2. D’amore e di solitudine. Brava.

    3. Oh l’amore! Si può anche morire per questa maledetta bestia che ti si attorciglia intorno al cuore? Eh, si! Pare proprio che possa accadere e la fine di Gino ne è la prova. Accompagnato da quell’unico cimelio, una foto, che gli terrà compagnia anche nell’ aldilà dove sicuramente avrà ritrovato la sua “furastera”.

    4. Meglio così ! Il ricordo forse è più bello della realtà! Magari con gli anni la ragazza”bianca bianca, sicca sicca, e lentigginosa” era diventata :” cicciona cicciona , scolorita , con le rughe, però forse era rimasta bianca bianca, chissà se li sarebbe bastato a Gino?

    5. Aveva trovato la sua ricchezza , di essa si era nutrito nella speranza di poterne venire in possesso . Morì povero. Complimenti Maria .

    6. Bello e triste insieme vivere solo di un ricordo d’amore…

    7. Ci sono “personaggi” che nascono all’improvviso e stanno dentro di me finchè non trovo il tempo di dare loro voce. Come Gino.

    8. ahi ahi ahi, se ne fanno di queste cadute, e lasciano brutte cicatrici.
      La cosa piu brutta è che stì scaffe … non si vedono, te ne accorgi quando gia ci sei dentro.
      😉

    9. Molto intenso, come sempre, emozionante e… molto tenero, l’uomo che, perché “è caduto” innamorato, finisce da solo la sua vita disperata…
      Mari, bella l’ellissi del finale…
      Brava!!!

    10. Bella storia, Maria.
      il confine fra vita “normale” e non, è davvero labile.
      Mi ricorda Il sole dei morenti, di Izzo. Lo hai letto?
      Saluti da una freddaaa Bologna
      Ciao
      Mario

      PS quando vieni a presentare il libro quassu’?

    11. Grazie assai a tutti 😉
      @Mario: prossimamente anche a Milano. Ti tengo informato. 😉

    12. Brava, come sempre!

    13. Falling in love — lo diceva pure Elvis!

    14. Ho conosciuto un amico paragonabile a GINO, anche la fine ha delle analogie. L’amico non c’è più, riaffiorano ricordi. BELLO e delicato.

    15. Uno in meno!

    16. commovente e dolce…sempre complimenti!

    17. per evitare malintesi premetto che mi sono sempre piaciuti i racconti di Maria Cubito, mi piace anche com’è scritto questo, ma non ne condivido l’idea tipicamente siciliana di vivere la sofferenza in maniera morbosa ed esagerata, anche quando i fatti non lo richiedono, sofferenza quasi come una forma di compiacimento come solo noi sappiamo fare, in situazioni come questa descritta e in altre. Ragazzino trascorrevo i pomeriggi estivi vicino lo stabilimento a Mondello; ebbi una bellissima avventura amorosa con una ragazza svedese; dopo un mese riparti’ e mi spedi’ un paio di belle lettere affettuose; io vivevo sentimenti contrastanti tra la fierezza tipica del ragazzino minchione (nel senso di vantarsi di una cosa che invece è assolutamente normale e naturale) palermitano e anche lunghi momenti di malinconia; due mesi dopo ricevetti una lettera dove c’era scritto alla fine “ti abbraccio affettuosamente, allo stesso modo ti abbraccia il mio nuovo boy friend”, RISI come una sorta di liberazione e ancora oggi rido se ci penso.
      Registrai in quel momento la differenza tra l’indole siciliana sopra accennata e la vita realmente vissuta che si rinnova ogni giorno presso altre culture.

    18. P.S. Il personaggio Gino mi sembra un po’ simile a Giufà.

    19. Ciao Gigi: magari non è condivisibile “il modo di vivere la sofferenza in maniera morbosa ed esagerata, anche quando i fatti non lo richiedono, sofferenza quasi come una forma di compiacimento come solo noi sappiamo fare” ,magari non la si vive così perchè la vita reale adesso è diversa, aggiungo pure per fortuna. Ma questa proprio volevo rappresentare con Gino.;-)

    20. Maria, l’ho scritto e lo ripeto, mi piacciono i tuoi racconti; mi riferivo a un concetto generale che si evince anche da certi commenti.
      Con stima e … sofferenza 😀

    21. Quando stanno per arrivare le lacrime a me comincia a dar fastidio lo stomaco. ” D’amore e di solitudine “( @ A.Vitale ). Ma la vita è questa, qual’è la novita di Gino ? La vita, di giorno e di notte, appare sempre come una beffarda presa in giro dei nostri desideri. E questo è. Guardati in giro, @ titti, non è quella la questione, ciccioni o sicchi sicchi. La verità è che stiamo in trappola. Camminiamo nell’oscurità. Guarda come anche la gente frenetica stia sempre sulla difensiva. Poi talvolta può anche succedere che una scommessa sia vincente. M’è successo poco fa, fermo ad un semaforo rosso. Lì in quel momento ho avuto una stranissima sensazione : mi son sentito come l’unico essere umano vivo al mondo. Poi però è arrivato il verde ed ho dimenticato tutto. Ho attraversato la strada ed ho proseguito dall’altra parte.

    22. Manuelo, uomo unico al mondo, ma cosa pensi che gliene importa alla gente comune, semplice, che lavora: a un povero bracciante lucano, a un pastore abbruzzese, a una modesta casalinga di Treviso che gliene importa di queste TUE tematiche intellettualistiche, solitarie, masturbatorie. Forse noi possiamo capire questi TUOI giochi intellettuali, questi esperimenti linguistici, ma una casalinga di Treviso cosa capisce di questo tuo linguaggio nuovo …
      N.B. Rosalio, ti informo che è solo un omaggio al critico di cinema Manuelo, per quello che ha scritto sopra.
      Mi scuso se è OT.

    23. Gli off topic vanno evitati e basta.

    24. Off topic. Può sembrare ma non è così. Quello di Gigi è un omaggio al cinema, ad un film che si può senz’altro accostare a questo racconto : “Sogni d’oro”. Film che sembra parlare di cinema ed invece tratta di sofferenza e dolore. Se ne accorge chi non decide in anticipo cosa vedrà ( ho la sensazione che abbiano lo stesso atteggiamento molti commentatori dei post di Maria Cubito…). Non a caso alla fine di “Sogni d’oro “, a difesa ideale del film stesso, accorreranno un pastore abruzzese, un bracciante lucano, una casalinga di Treviso. Tipi che la cerebralità di certi argomenti dovrebbe invece tagliare fuori dalla comprensione. Forse anche la fine di Gino può essere interpretata diversamente. Come nel film : una trasformazione improvvisa. Un urlo forsennato, come i licantropi. Per poi gettarsi all’inseguimento della ragazza sicca sicca. E perdersi nel bosco.

    25. Sarò OT anche io (scusa Rosalio, penso che l’importante per questo sito e spero anche per te , sia il fatto di comunicare e che qualcuno vi legga )
      Vorrei ricordare a Gigi, che nell’ennesima tavola rotonda (Sogni d’oro) il pastore, il bracciante e la casalinga , raggiunti da un telepatico “shining”, lasciano il loro lavoro e piombano il sala.Ciao a tutti.

    26. Per me è importante anche che si rimanga in tema.

    27. grazie titti … altrimenti non l’avrei citato; è proprio come dice Manuelo.

    28. Caro Rosalio il tema è : comunicare, parlare …. e ringrazio sempre Maria perchè i suoi scritti,( non so perchè) suscitano sempre, nel bene e nel male,anche se qualche volta non si è d’accordo, una risposta , un commento, comunque un pensiero! Ciao Gigi, ciao Maria, ciao Rosalio e a presto Manuelo!

    29. Titti il tema è Gino. Rimuoverò ulteriori commenti fuori tema.

    30. Salve!!!non sono nè un critico letterario nè un’esperta di letteratura.A me piace semplicemente leggere…un saggio storico,un tomo letterario,una favola,una poesia,il testo di una canzone…tutto ciò che mi procura emozioni e mi piace per va bene…i racconti di Maria mi arrivano dritti al cuore,mi piacciono.In fondo l’importante è proprio questo…avere emozioni…

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