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venerdì 26 apr
  • (Ancora) “palermitanesimi”/2

    Il rischio che mi assumo questa volta, è ancora maggiore che nel primo, di palermitanesimo. Il rischio di un certo moralismo dell’immorale che, a sua volta, intride spesso la (auto)narrazione del palermitanesimo.

    Ma, giuro, non è per la morale che condivido queste righe ma per l’insegnamento, che a volte le sberle son più “morali” delle spiegazioni.

    Anno 2000. Un ottobre freddo e piovoso. Circolavo nei dintorni della maggiore età e le serate passavano spesso a casa degli amici. Frequentavo l’ultimo anno del liceo Meli che, ai tempi, ospitava studenti di un po’ tutti i quartieri e le popolazioni del nord palermitano. Quella sera pioveva forte. Saranno state le dieci e mezzo di sera ed ero appena arrivato sotto casa di un amico, alla Marinella quartiere dalla storia che è in sé un palermitanesimo. I telefonini, ancora, li avevano solo alcuni.

    Io no. E il mio amico mi aveva chiesto di non citofonare a casa, per non disturbare i genitori. Posteggio e, sotto il diluvio, cerco la cabina del telefono (andavo sempre in giro con una scheda telefonica).

    Telefono, mi risponde, torno al cancello, entro.

    Passa una mezzora e…

    «Minchia, il portafogli!».

    L’ho appoggiato alla cabina quando ho preso la scheda!

    Corro giù in strada.

    Scomparso.

    «Ladro maledetto», penso, grido.

    Dopo un paio di giorni, nella cassetta delle lettere, una busta. Nessun mittente.

    La apro e trovo tutto il contenuto del portafogli, documenti, pizzini, scontrini, ammennicoli vari.

    I soldi, no, saran stati 30 mila lire o giù di lì.

    Un biglietto, anche, scritto in una calligrafia incerta:

    7-10-2000 Ore 23:45

    Per onestà ti spedisco i documenti.

    Per bisogno mi fotto i soldi.

    Però con tutto ciò ti ho speso almeno quelli per la busta e per il francobollo.

    Ciao e cerca di stare meno sbadato perché per disgrazia siamo sulla terra e no in Paradiso.

    Anonimo

    Son dodici anni che me lo porto appresso, il biglietto.
    E cerco, intanto, di “stare meno sbadato”.

    Ospiti
  • 3 commenti a “(Ancora) “palermitanesimi”/2”

    1. Bella storia…conservalo sempre il biglietto!

    2. Bravo Simone, molto carino l’aneddoto (“un pò” meno quello della scorsa volta). Ho una curiosità: perchè “palermitanesimo” (sembra una nuova confessione religiosa) e non “palermitanismo”?

    3. Grazie Manuela e grazie Jaymar (al quale non è piaciuto affatto quello della scorsa volta, occhio e croce :-).
      Non lo so perché “palermitanesimo” e non “palermitanismo”, in realtà… Non ci ho mai pensato su, ad un certo punto, qualche anno fa, ho iniziato a chiamarli così, questi “modi di fare” tutti nostri. E ho continuato.

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